Che cos’é l’elettroforesi

L’elettroforesi consiste in una tecnica di laboratorio (utilizzata sia nel settore di analisi cliniche che sperimentali in ambito biomolecolare) che consente di separare i diversi componenti di una miscela sotto l’azione di un campo elettrico applicato.

Il tipo di migrazione è condizionato dalla carica elettrica delle sostanze in quanto quelle positive (cationi) vengono attratte dal polo negativo (catodo) e quelle negative (anioni) vanno verso il polo positivo (anodo).

La velocità di tale migrazione dipende dal numero di cariche elettriche presenti sulle particelle oltre che dalle loro dimensioni e viene condizionata anche dal tipo di substrato su cui viene effettuata l’analisi.

La sua più comune applicazione è quella che si svolge in ambito clinico per lo studio delle proteine plasmatiche e prende il nome di quadro proteico elettroforetico detto anche protidogramma.

In base alla massa molecolare e alla carica elettrica dei protidi, il test permette di separarli in cinque frazioni, che sono:

Alcuni laboratori d’analisi effettuano una separazione in sei classi in quanto anche le beta globuline vengono suddivise in beta 1 globuline e beta 2 globuline.

In condizioni fisiologiche il rapporto quantitativo tra queste macromolecole è costante e garantisce una corretta funzionalità biochimica; quando invece vengono evidenziati degli squilibri significa che è in atto qualche patologia.

Pertanto il significato clinico del quadro proteico elettroforetico è quello di indirizzare il medico verso determinati disturbi che si caratterizzano per l’aumento oppure per la diminuzione di una o più componenti.

Per loro natura le proteine sono molecole di notevoli dimensioni (poiché costituite da lunghe catene di aminoacidi) e sono fornite di una carica elettrica derivante dalla cessione o dall’acquisizione di elettroni.

Quando un elemento perde uno o più elettroni si carica positivamente trasformandosi in ione + (catione), quando al contrario acquista uno o più elettroni si carica negativamente e diventa uno ione – (anione).

Gli elettroni sono particelle cariche negativamente caratterizzate da un’elevata tendenza a migrare da una sostanza a un’altra.

L’elettroforesi può essere applicata su campioni di siero sanguigno, di liquido cefalorachidiano oppure su urina; nella maggioranza dei casi essa viene eseguita sul sangue.

Il protidogramma (elettroforesi proteica) si basa sull’impiego di un campo elettrico entro al quale le proteine si raggruppano a seconda delle loro caratteristiche formando diversi agglomerati.

Dimensioni e carica elettrica sono i due fattori in grado di rispondere alla sollecitazione offerta dalla corrente continua del campo elettrico, il quale determina delle evidenti migrazioni specifiche per ogni classe di protidi.

In ambito clinico questa indagine trova impiego per determinare:

Di solito l’analisi può essere prescritta come completamento di un gruppo di esami di routine, per approfondire un iter diagnostico nel quale siano già state evidenziate alterazioni meritevoli di approfondimenti clinici, oppure anche per confermare un sospetto.

L’elettroforesi raggiunge due obiettivi estremamente importanti in quanto da un lato svolge un ruolo quantitativo poiché consente di determinare il numero di protidi presenti nel liquido biologico e d’altro lato permette di evidenziare la loro tipologia (che potrebbe presentarsi modificata a causa di una patologia).

Il ruolo diagnostico di questo test è quindi doppio perché offre l’opportunità di conoscere sia la concentrazione che la struttura biochimica delle molecole proteiche.

È possibile raggiungere tali risultati sfruttando la mobilità elettroforetica di questi composti, una proprietà tipica delle proteine, relazionabile alla loro forma, dimensione, massa e carica elettrica.

Al termine dell’indagine è possibile analizzare la concentrazione delle molecole, eventuali alterazioni nel rapporto tra i vari gruppi e la struttura di ognuno di essi, che viene alterata in caso di malattie in atto.

Le finalità dell’esame sono sia di risolvere un quesito diagnostico sia di studiare il decorso di patologie seguendo i pazienti nel follow-up.

La metodica si basa sulle differente velocità di migrazione delle molecole cariche elettricamente su un mezzo di supporto inerte e poroso, come gel di agarosio, carta oppure foglio acetato di cellulosa.

I protidi, come altre molecole di interesse biologico (acidi nucleici e aminoacidi) sono dotati di gruppi ionizzabili che, a seconda dei valori di pH, presentano una determinata carica.

Il pH di qualsiasi soluzione consiste nella concentrazione di ioni idrogeno (cationi H+), in grado di modulare il comportamento biochimico dei soluti presenti in essa.

Sotto l’influenza di un campo elettrico quindi le molecole cariche possono migrare verso il polo positivo o negativo, determinando una specifica configurazione elettroforetica.

Meccanismo d’azione dell’elettroforesi

I componenti delle proteine sono aminoacidi, molecole contenenti il gruppo -COOH che, in ambiente alcalino (pH superiore a 7) tende a dissociarsi in COO- e H+ (catione).

Durante la pratica elettroforetica le proteine si caricano negativamente in seguito alla perdita degli ioni idrogeno e pertanto la loro motilità procede dal catodo (polo negativo) verso l’anodo (polo positivo).

Queste molecole danno origine a un modello di bande di migrazione di diversa intensità e ampiezza, a seconda dei loro differenti requisiti morfologici.

Il reperto prelevato al paziente, contenente una miscela di proteine, viene posto su una speciale striscia elettroforetica, che rappresenta il supporto per la migrazione.

Dopo l’applicazione del campo elettrico generato da una corrente continua, si verifica la separazione in 5 bande, derivante dallo spostamento delle differenti frazioni proteiche in base alla loro carica elettrica.

Il tracciato elettroforetico che si ottiene presenta un tipico andamento con alternanza tra picchi e curve, dal cui aspetto è possibile ricavare significativi dati diagnostici.

In condizioni fisiologiche si evidenzia il seguente assetto:

La strumentazione necessaria per effettuare questa analisi consiste in una camera umida divisa in due scomparti entro cui vengono posti i tamponi ai quali sono applicati gli elettrodi in platino.

Il supporto solido e poroso per la migrazione è costituito da strisce elettroforetiche con un differente grado di risoluzione sulle quali si applica una piccolissima quantità di siero sotto forma di striscia rettilinea.

Un densitometro in grado di misurare la trasmissione della luce e che offre le percentuali delle differenti frazioni proteiche necessarie per ottenere il grafico finale che riporta sulle ascisse la posizione delle bande e sulle ordinate i valori di assorbenza.

Per ottenere il tracciato elettroforetico del plasma è necessario effettuare un prelievo ematico dalla vena del braccio di un paziente a digiuno da almeno 12 ore.

Il sangue viene poi sottoposto a una specifica procedura in grado di separare la parte corpuscolata (eritrociti, leucociti e piastrine) da quella liquida (siero).

È indispensabile sospendere l’assunzione di alcuni specifici farmaci che potrebbero alterare i risultati, come ad esempio i contraccettivi orali, gli androgeni, gli steroidi, la maggior parte degli antibiotici e l’insulina.

Quando si è in presenza di iperlipidemia i risultati del test possono essere compromessi, così come dopo la somministrazione di sostanze per via endovenosa.

In tutti questi casi il delicato meccanismo d’azione del processo elettroforetico può modificarsi alterando quindi i dati ottenibili.

Elettroforesi e proteine plasmatiche

Albumina

L’albumina è la più abbondante proteina plasmatica e una delle più importanti dal punto di vista biologico.
Sintetizzata a livello degli epatociti essa si trova principalmente nel plasma (65% delle proteine totali) e nei liquidi interstiziali.

I suoi compiti metabolici sono:

Il suo dosaggio nel sangue (albuminemia) serve per stabilire le condizioni funzionali dell’apparato renale e del fegato, oltre allo stato nutrizionale del soggetto, dato che nei casi di grave denutrizione la sua concentrazione si abbassa drasticamente.

Dato che esiste un rapporto 1:18 tra albumina e acqua (nel senso che 1 grammo di albumina richiama 18 grammi di acqua) è facile intuire come la sua funzione sia strettamente collegata a quella della pressione oncotica capillare e del volume dei liquidi biologici.

L’intero sistema cardio-circolatorio risulta infatti molto condizionato dal punto di vista funzionale quando si verificano delle variazioni della sua concentrazione.

Grazie alla sua attività di carrier aspecifico, l’albumina è in grado di trasportare in circolo sia acidi grassi che ormoni steroidei, oltre alle vitamine liposolubili.

Il suo turn-over è particolarmente elevato dato che oltre il 50% delle molecole subisce degradazione in 10 giorni.
Valori fisiologici della proteine sono compresi tra 3,5 e 5,5 grammi per 100 millilitri di sangue.

Globuline

Le globuline rappresentano circa il 35% delle proteine plasmatiche e si suddividono in alfa, beta e gamma globuline.

Si tratta di un gruppo di proteine plasmatiche collegate alla funzionalità del sangue, infatti a questo gruppo appartiene la transferrina (deputata al trasporto del ferro nel gruppo EME degli eritrociti), il fibrinogeno (presente durante il processo di coagulazione del sangue), il fattore C 3 del complemento (collegato alla risposta immunitaria), la proteina C reattiva (indice significativo delle flogosi) e le beta lipoproteine (deputate al trasporto della frazione LDL del colesterolo nocivo).

Mediante l’indagine elettroforetica è quindi possibile analizzare quantitativamente e qualitativamente le proteine plasmatiche in base alla loro diversa migrazione nel campo elettrico.

Ruolo clinico dell’elettroforesi delle proteine.

Questa analisi viene prescritta per confermare un quesito diagnostico oppure per monitorare una patologia in atto che abbiano come reperti clinici una modificazione quantitativa o qualitativa di protidi nel plasma.

Considerati esami di routine che fanno parte dei normali pannelli di controllo, i dosaggi elettroforetici delle proteine trovano impiego per evidenziare delle situazioni di rischio per la salute.

L’alterazione di questi parametri infatti può costituire l’indizio di un’anomala condizione metabolica, più o meno accompagnata da sintomi obiettivi: molte malattie provocano variazioni del quadro proteico elettroforetico ancora prima dell’insorgenza di una chiara sintomatologia.

Il protidogramma viene prescritto nei seguenti casi:

Valori di riferimento delle proteine plasmatiche

In un soggetto adulto che si trovi in condizioni fisiologiche, la concentrazione delle proteine totali nel sangue è compresa tra 6,4 e 8,3 grammi per decilitro di sangue.

Anche se nella maggior parte dei casi le metodiche di laboratorio sono le medesime e così anche gli intervalli di riferimento, i valori ottenuti possono essere condizionati dai substrati impiegati che a volte differiscono per alcuni parametri.

Trattandosi di analisi estremamente perfezionate è molto importante mettere in relazione i reperti ottenuti con gli intervalli di riferimento forniti a lato dei valori.

In generale è comunque sempre consigliabile dare lettura dei risultati in presenza del medico che è in grado di collegare i dati ottenuti con il quadro anamnestico del paziente e con i suoi sintomi obiettivi.

Estrapolando i risultati dal contesto clinico dei singoli soggetti non è mai possibile rendersi conto della loro reale condizione di salute, con il rischio di formulare ipotesi diagnostiche sbagliate.

L’intervallo di riferimento dell’esame elettroforetico può variare leggermente in relazione al sesso e all’età, così come alle condizioni globali di salute, anche non direttamente rapportabili all’esame in corso.

Trattandosi di macromolecole formate da lunghe catene di aminoacidi, le proteine che vengono sottoposte alla migrazione elettroforetica possono presentare minime aberrazioni funzionali magari collegate alla posizione spaziale dei monomeri.

Interpretazione dei risultati del quadro proteico elettroforetico

Il quadro proteico elettroforetico può evidenziare un aumento oppure una diminuzione della concentrazione di queste macromolecole che, a seconda del tipo coinvolto, possono ricondursi a varie patologie.

  1. Valori superiori alla media

Per le gamma globuline, il quadro proteico elettroforetico evidenzia una banda monoclonale sulla quale è possibile procedere con un processo di immunofissazione in funzione della loro specifica mobilità.

  1. Valori inferiori alla media

Immunofissazione

Un particolare tipo di analisi elettroforetica è rappresentato dall’immunofissazione, che consente di individuare il tipo di catena proteica leggera kappa o lambda delle IgA, IgD, IgE, IgG e IgM in rapporto alla loro specifica mobilità elettroforetica.

Questa procedura presuppone l’inoculazione di specifici antigeni, la cui presenza è in gradi di creare un precipitato visibile al microscopio che consente di identificare con un ottimo margine di sicurezza il tipo di gamma globulina presente a livello del tracciato.

Si tratta di un processo di immunoelettroforesi specifico soltanto per le gamma globuline, il cui ruolo si rivela decisivo per determinare nel dettaglio la struttura delle Ig, evidenziando non soltanto i loro valori quantitativi, ma anche la composizione microscopica delle catene peptidiche (kappa o lambda).

Questo test è specifico per identificare la componente monoclonale delle gamma globuline, consistente nella presenza di anticorpi forniti della medesima struttura chimica.

L’immunoelettroforesi viene prescritta in caso di discrasie plasmacellulari, disturbi ad eziologia ignota, caratterizzati da un’eccessiva proliferazione di immunoglobuline monoclonali.

A fini diagnostici è necessario procedere per tappe, dapprima servendosi di una normale elettroforesi delle proteine, per poi completare l’iter con immunofissazione sierica.

In questo modo, oltre a poter identificare con esattezza tutti gli aspetti quantitativi e qualitativi del quadro elettroforetico proteico, è anche possibile effettuare una specifica prova con antigene.

Il processo prevede due fasi successive: dapprima viene realizzata una migrazione elettroforetica su gel d’agarosio e soltanto secondariamente si procede con un’immunoprecipitazione con specifici antisieri.

La prima fase è del tutto analoga all’elettroforesi delle proteine, la seconda è altamente specifica per le gamma globuline.

Il campione sierologico del paziente viene posto su gel d’agarosio (una striscia elettroforetica che funge da supporto solido) e sottoposto alla tradizionale procedura in un campo elettrico che ne condiziona la velocità di migrazione.

In un secondo tempo gli antigeni specifici vengono aggiunti singolarmente e a ciascuna striscia elettroforetica, per evidenziare l’eventuale presenza di catene kappa oppure lambda.

Il suo impiego è finalizzato allo studio di alcune patologie caratterizzate da una modificazione delle gamma globuline, soprattutto per quanto si riferisce alla produzione della loro componente monoclonale.

L’immunofissazione viene considerata la metodica ideale per lo studio del mieloma e per altre patologie collegate in qualche modo alla presenza di anticorpi di tipo monoclonale.

Si tratta di un’indagine di approfondimento (di II livello) che può essere eseguita sul siero (nella maggior parte dei casi), sul liquido cerebrospinale oppure anche sull’urina.