Definizione e classificazione delle apolipoproteine

Le apolipoproteine sono proteine in grado di legare i lipidi; formano le lipoproteine plasmatiche (aggregati molecolari deputati al trasporto di trigliceridi e colesterolo) e possono essere classificate nel seguente modo.
• Apolipoproteina A.
• Apolipoproteina B.
• Apolipoproteina C.
• Apolipoproteina D.
• Apolipoproteina E.
• Apolipoproteina H.
Le apolipoproteine sono molecole proteiche che, essendo in grado di legare i lipidi, fanno parte delle lipoproteine plasmatiche deputate al trasporto del colesterolo e dei trigliceridi.
Questi composti infatti non possono circolare nel sangue liberamente in quanto esso non ha affinità con i lipidi e pertanto hanno bisogno di carrier specializzati.
Si tratta di molecole anfipatiche dotate di una parte polare rivolta verso l’ambiente acquoso esterno e di una apolare che si orienta verso l’interno.
Grazie alla loro struttura biochimica esse svolgono tre gruppi di funzioni:
– contribuiscono alla struttura delle lipoproteine;
– regolano la catalisi enzimatica del metabolismo lipidico;
– controllano l’attività dei recettori LDL e HDL di natura endoteliale.
Apoliproteina A
L’apolipoproteina A si distingue in APO A1 e APO A5. La prima è la principale componente proteica delle lipoproteine ad alta densità (HDL o colesterolo buono), protegge l’individuo dall’Alzheimer e una sua eventuale carenza può provocare la malattia di Tangeri e l’amiloidosi sistemica non neuropatica. L’APO A5 è, invece, un marcatore biochimico e genetico strettamente correlato alla concentrazione dei trigliceridi e al possibile sviluppo di affezioni coronariche.
L’apolipoproteina A1
L’apolipoproteina A1 è, come precedentemente accennato, la principale componente delle lipoproteine ad alta densità (HDL o colesterolo buono).
L’HDL rimuove, in modo particolare, l’eccesso di colesterolo dalle cellule e lo conduce al fegato per il corretto smaltimento.
L’apolipoproteina A1 è coinvolta nel metabolismo dei lipidi perché:
• agevola il trasporto di trigliceridi e colesterolo nel circolo ematico;
• favorisce la formazione di un legame tra l’HDL e i recettori specifici presenti sulle membrane cellulari.
Concentrazione dell’apolipoproteina A1 e monitoraggio del rischio cardiovascolare
L’apolipoproteina A si distingue in APO A1 e APO A5, ma la prima è particolarmente interessante dal punto di vista clinico perché si tratta del principale componente proteico delle note lipoproteine HDL (High Density Lipoprotein). Gli esami di laboratorio preposti alla determinazione della sua concentrazione sono, dunque, estremamente importanti per controllare il possibile rischio cardiovascolare. Questa breve guida vuole fornire al lettore un’esaustiva classificazione delle apolipoproteine per soffermarsi poi, in modo particolare, sull’apolipoproteina A1 e sulle conseguenze delle possibili alterazioni dei valori.
Quando si prescrive l’esame di valutazione dell’apolipoproteina A1
l medico di base può prescrivere l’esame per una valutazione dell’apolipoproteina A1 quando:
• il soggetto presenta alte concentrazioni nel sangue di colesterolo e trigliceridi;
• l’individuo soffre di problemi cardiaci;
• è necessario monitorare l’efficacia di un trattamento farmacologico volto alla riduzione della concentrazione di lipidi;
• si valuta l’andamento di una dieta a basso contenuto di grassi unitamente a uno stile di vita dinamico.
In soggetti sani, i valori di apolipoproteina A1 sono generalmente compresi tra:
• 115-220 mg/dl (donne);
• 110-190 mg/dl (uomini).
Preparazione ed esecuzione dell’esame per la stima della concentrazione dell’apolipoproteina A1
L’esame per la stima della concentrazione dell’apolipoproteina A1 viene generalmente effettuato valutando, nello stesso tempo, il profilo lipidico completo del paziente. Prima di sottoporsi al test, è indispensabile consultare il proprio medico curante perché in alcuni casi è richiesto un digiuno di 12 ore. Il prelievo di un campione di sangue venoso dal braccio viene eseguito nelle prime ore del mattino, mentre nei neonati si procede con la puntura di tallone o dito.
L’interpretazione dei risultati
L’analisi dei risultati può evidenziare un aumento o una diminuzione della concentrazione dell’apolipoproteina A1.
L’incremento dei valori è generalmente riconducibile a:
• attività fisica intensa;
• gestazione;
• perdita di peso;
• assunzione di farmaci a base di statine;
• terapie farmacologiche a base di contracettivi orali, niacina, estrogeni e fenobarbital.
Scarsi valori di apolipoproteina A sono, invece, strettamente correlati a:
• forte rischio di sviluppare affezioni cardiovascolari (la bassa concentrazione di apolipoproteina A è spesso correlata a un aumento dei valori di apolipoproteina B);
• insufficienza renale cronica;
• sindrome nefrosica;
• tabagismo;
• diabete mellito non compensato;
• obesità;
• colestasi.
Sindrome nefrosica e bassa concentrazione di apolipoproteina A1
Scarse concentrazioni di apolipoproteina A1 possono favorire la comparsa, come precedentemente accennato, della sindrome nefrosica. Quest’affezione si contraddistingue per:
• presenza di proteine nell’urina;
• minor concentrazione delle proteine nel sangue;
• formazioni di edemi sul volto e in altre sedi corporee;
• aumento di colesterolo totale e trigliceridi;
• incremento della coagulazione del sangue.
La sindrome nefrosica viene generalmente trattata mediante somministrazione di diuretici e infusione di albumina umana; il paziente viene, inoltre, sottoposto a trattamento con ACE-inibitori, statine, farmaci anticoagulanti ed eventuali medicinali immunosoppressori.
Concentrazione di apolipoproteina A1 e malattia di Tangier
La malattia di Tangier può essere definita come un disturbo strettamente correlato al metabolismo del colesterolo. Si tratta, più precisamente, di un disordine genetico caratterizzato da basse concentrazioni di lipoproteine HDL ad alta densità (apolipoproteina A1). Le persone affette da tale malattia presentano importante ingrossamento dell’organo epatico, aumento delle dimensioni della milza ed elevata probabilità di sviluppare placche aterosclerotiche all’interno dei vasi sanguigni; alcuni soggetti accusano, inoltre, sintomi neurologici. Questa patologia deriva dalle mutazioni del gene ABCA1 e si trasmette con modalità autosomica recessiva. Una coppia, portatrice sana della malattia, può dunque generare figli malati con una probabilità pari al 25%, mentre vi è il 50% delle possibilità di concepire portatori sani; il restante 25% è associato alla probabilità di mettere al mondo bambini sani non portatori.
Il rapporto tra APO B e APO A1 nel rischio cardiovascolare
Il rapporto, che sussiste tra l’apolipoproteina B e l’apolipoproteina A1, suscita molto interesse tra i massimi esperti della comunità scientifica. Questo numero viene, difatti, associato al rischio cardiovascolare e sembra descriverlo in modo più significativo rispetto al tradizionale rapporto tra colesterolo LDL e HDL. La tesi esposta trova, inoltre, conferma nei risultati di uno studio sviluppato nel 2008 e successivamente pubblicato sull’autorevole rivista ‘The Lancet’.
I valori ottimali del rapporto tra APO B e APO A1 devono essere compresi, alla luce delle analisi scientifiche condotte, tra 0,3 e 0,9. Valori superiori a 0,9 (uomini) e 0,8 (donne) sono, invece, associati a un rischio cardiovascolare non trascurabile.
Conclusioni
Le persone che presentano basse concentrazioni di lipoproteine e alti tenori di colesterolo buono HDL vengono, spesso, invitate a sottoporsi a un test volto alla determinazione della concentrazione dell’apolipoproteina A1. Questo semplice esame, che può essere d’aiuto nell’analisi del rischio cardiovascolare, viene eseguito all’interno dei laboratori dove si procede a un semplice prelievo di sangue da una vena del braccio (la puntura nei neonati viene, invece, eseguita su tallone o dito); si consiglia di consultare il medico curante al fine di definire le modalità di preparazione (in taluni casi è necessario osservare un digiuno di 12 ore).
Apoliproteina B
In natura esistono varie sottospecie di questi composti, tra cui l’apolipoproteina B, il cui ruolo è strettamente collegato al trasporto della frazione LDL (Light Density Lipoprotein) del colesterolo, chiamato più comunemente “cattivo” per i suoi effetti nocivi sull’organismo.
Questa molecola, indicata con la sigla APOB, costituisce oltre il 40% della frazione proteica presente nelle lipoproteine a bassissima densità, meglio conosciute come VLDL (Very Light Density Lipoprotein) e nei chilomicroni, composti responsabili del trasporto dei trigliceridi sia endogeni che esogeni.
Il ruolo di questi trasportatori si rivela di estrema rilevanza per l’assetto lipidico dell’organismo poiché le molecole dei grassi sono ostacolate a circolare liberamente in un mezzo acquoso come appunto il sangue, che è dotato di una componente plasmatica liquida.
Se i lipidi non fossero veicolati da carrier (trasportatori) di natura proteica, tenderebbero ad accumularsi creando conseguenze estremamente nocive per la sopravvivenza.
Per quanto riguarda il colesterolo, è risaputo che esistono due differenti tipi di carrier: le proteine a bassa densità, collegate alla frazione pericolosa del composto in quanto responsabile della formazione di placche ateromatose (fattori predisponenti delle principali patologie cardiache) e quelle ad alta densità (HDL, ovvero High Density Lipoprotein), collegate alla frazione benefica del colesterolo che funziona come “spazzino” dei vasi sanguigni.
Trattandosi di una lipoproteina a bassa densità, l’APOB fa parte dei carrier della porzione pericolosa del colesterolo e come tale deve essere monitorata con particolare attenzione perché le sue variazioni possono avere ripercussioni particolarmente rischiose per la salute.
L’apolipoproteina B (APO B), parte proteica delle lipoproteine a bassa densità (LDL), svolge due importanti funzioni all’interno dell’organismo: le sue molecole idrofile trasportano il colesterolo nel sangue e legano il recettore epatico delle LDL favorendone il corretto smaltimento.
Questa guida vuole aiutare biologi, analisti e potenziali pazienti a capire che cos’è l’apolipoproteina B, quando e perché si misura la sua concentrazione nel sangue e quali possono essere le conseguenze sulla salute in presenza di valori alterati.
Funzioni dell’apolipoproteina B
L’apolipoproteina B, semplicemente nota come APO B, è la principale componente proteica delle lipoproteine a bassa densità (LDL o colesterolo cattivo) e prende parte al trasferimento del colesterolo nei tessuti.
La concentrazione di apolipoproteina B nel sangue permette di quantificare il rischio di affezioni artero-coronariche. Alti valori di APO B sono, dunque, veri e propri indicatori di possibili disturbi cardiovascolari e la loro affidabilità risulta essere superiore, come confermano autorevoli studi, al dosaggio di colesterolo cattivo LDL nel sangue.
L’esame per la stima della concentrazione di apolipoproteina B (APO B) viene eseguito in presenza di:
• precedenti personali e/o familiari di malattie cardiovascolari (CVD);
• alta concentrazione di colesterolo e trigliceridi nel sangue;
• trattamento farmacologico per ipercolesterolemia con conseguente necessità di monitorare lo stesso.
Considerata una molecola di estrema importanza per il corretto svolgimento del metabolismo, l’APOB è indispensabile per l’assemblaggio, la produzione e il metabolismo delle lipoproteine.
Dal momento che il numero delle vie d’ingresso alle cellule risulta limitato, il surplus di lipoproteine presenti nel sangue le rende particolarmente sensibili alle reazioni di tipo ossidativo responsabili della formazione di ateromi.
In questo modo si potrebbe spiegare la correlazione tra gli elevati livelli delle APOB e la maggiore probabilità di rischio di coronaropatie.
Tali considerazioni derivano dalla constatazione che l’ndice di attendibilità dei risultati ottenuti è molto maggiore rispetto a quello derivante dall’analisi del solo colesterolo LDL.
Oltre che con la frazione di colesterolo LDL, le apolipoproteine B vengono messe in correlazione con le apolipoproteine A, che caratterizzano la quota di colesterolo HDL colesterolo buono.
Quanto più basso è il rapporto APOA/APOB, tanto maggiore risulta essere l’indice di rischio nei confronti delle patologie cardio-vascolari.
Anche se il suo meccanismo d’azione non è stato ancora del tutto chiarito, soprattutto per la complessità delle funzioni che svolge, l’APOB svolge un ruolo primario comportandosi come ligando per i recettori delle LDL.
Si può dire che la sua attività sia paragonabile a quella di una chiave che, dopo essere stata inserita nella serratura localizzata sulla superficie della cellula, consente l’ingresso del colesterolo.
A causa della delicatezza e dell’estrema specializzazione del suo meccanismo d’azione, l’APOB deve venire monitorata periodicamente per evitare squilibri funzionali e metabolici.
L’azione delle APOB consente l’interazione ad elevata affinità tra le LDL e i loro specifici recettori localizzati sulle membrane cellulari; in questo modo si realizza una completa regolazione dei livelli di colesterolo LDL nel sangue.
Secondo le più recenti linee guida, l’apolipoproteina B è uno dei più perfezionati composti ligandi presenti a livello delle membrane citoplasmatiche in quanto la sua struttura microscopica ha messo in evidenza un’elevata specificità nei confronti di molecole polari, come appunto quella del colesterolo.
Il concetto di “ligando” è stato recentemente approfondito mediante alcune ricerche scientifiche relative ai legami chimici tra le sub-unità che costituiscono le macromolecole proteiche.
Il ligando è un composto che funziona come un vero e proprio regolatore fisiologico dei movimenti della molecole sciolte nei liquidi organici; per quanto riguarda quelle lipidiche (come appunto il colesterolo), esse non possono muoversi in autonomia, ma necessitano di un trasportatore di natura proteica, che è rappresentato appunto dalle APOB.
Dosaggi dell’APOB nel sangue
I valori normali di apolipoproteina B nel plasma sono generalmente compresi tra 35 e 100 mg/100 ml. Eventuali dati alterati devono essere oggetto di relativo approfondimento.
La concentrazione ematica di apolipoproteina B (APO B) viene stimata sottoponendo il soggetto a un banale prelievo dalla vena di un braccio. Il test non richiede alcuna preparazione particolare, ma in taluni casi è richiesto un digiuno di almeno 12 ore. Per maggiori informazioni, si consiglia di contattare il proprio medico curante.
I valori fisiologici di apolipoproteina B nel sangue sono compresi tra 35 e 100 milligrammi per 100 millilitri di liquido ematico.
Il dosaggio di questa molecola, insieme a quello di altri indicatori sanguigni, consente di quantificare il rischio di patologie alle arterie in generale e specificamente alle coronarie.
In base a numerosi reperti clinici si è stabilita una correlazione certa tra l’innalzamento dei valori di APOB e l’insorgenza di aterosclerosi.
Secondo queste evidenze, è ormai diventata una prassi comune quella di quantificare l’indice di rischio cardio-vascolare attraverso l’analisi del valore delle APOB, ancora di più rispetto a quella del colesterolo LDL.
Nei casi in cui si ipotizza una probabilità di insorgenza di malattie di questo genere solitamente si procede inizialmente con il dosaggio del colesterolo totale (la cui soglia fisiologica è di 200mg/ml), poi della frazione LDL (che si ricava per differenza tra colesterolo totale e frazione HDL), e infine delle APOB.
I fattori che possono contribuire all’aumento della concentrazione di apolipoproteina B sono i seguenti:
– cause genetiche;
– influenze ambientali;
– regime dietetico ipercalorico;
– assunzione di grassi saturi e zuccheri semplici;
– sedentarietà;
– sovrappeso e obesità.
Nel sangue sono presenti due isoforme di APOB:
– APOB48
si tratta di una variante proteica che viene sintetizzata esclusivamente a livello dell’intestino tenue;
– APOB100
consiste in una forma prodotta soltanto dalle cellule epatiche.
APOB elevata
I risultati dell’esame possono evidenziare alte concentrazioni di apolipoproteina B nel sangue. Una simile condizione si traduce dunque, in poche e semplici parole, nell’aumento dei livelli di colesterolo cattivo LDL nel sangue. Le eventuali anomalie nel dosaggio di apolipoproteina B sono inoltre riconducibili a:
• disordini di natura genetica (iperlipidemia familiare combinata, sindrome di Bassen-Kornzweig);
• diabete mellito;
• terapie farmacologiche a base di beta bloccanti, diuretici e androgeni;
• disfunzioni della tiroide (ipotiroidismo e ipertiroidismo);
• sindrome nefrosica;
• gestazione;
• sindrome di Reye;
• perdita di peso;
• cirrosi.
I principali fattori eziologici responsabili delle APOB elevate sono:
– gravidanza
durante il periodo gestazionale si verificano importanti modificazioni metaboliche nell’organismo della futura madre, tra cui anche quelle relative all’assetto lipidico e quindi alla concentrazione (e disponibilità) del colesterolo;
– iprecolesterolemia
si tratta probabilmente del principale fattore predisponente all’aumento di apolipoproteina B;
– disfunzionalità recettoriale
quando si verificano delle anomalie funzionali a livello dei recettori per la frazione di colesterolo LDL vengono alterati i meccanismi di omeostasi lipidica con innalzamento della percentuale di APOB;
– ostruzione delle vie biliari
si è notato che un rallentamento di flusso biliare provoca una diminuita assimilazione dei grassi a livello ematico e quindi un maggiore deposito di APOB nel sangue;
– sindrome nefrosica
numerose patologie renali, tra cui la sindrome nefrosica, modificano la filtrazione glomerulare delle sostanze, tra cui anche le apolipoproteine.
APOB bassa
Una diminuzione di questi composti può essere riconducibile a differenti cause, tra cui:
– epatopatie
molte patologie responsabili di una sofferenza delle cellule epatiche provocano per via indiretta anche uno squilibrio metabolico di quasi tutti i componenti di base delle cellule, tra cui i lipidi ed i relativi catalizzatori dei processi biologici;
– sepsi
quando l’organismo si trova in uno stato di sepsi, le reazioni biochimiche non riescono a seguire i loro ritmi fisiologici e quindi le componenti lipoproteiche delle membrane cellulari diminuiscono;
– estrogeni
la somministrazione degli estrogeni (che sono ormoni a componente lipidica) interferisce sui processi metabolici di trigliceridi e colesterolo.
APO B e sindrome di Bassen-Kornzweig
La sindrome di Bassen-Kornzweig è una rara malattia ereditaria che si contraddistingue per il mancato assorbimento di grassi alimentari da parte dell’intestino. L’affezione, che colpisce principalmente i soggetti di sesso maschile, è dovuta a un difetto del gene della proteina microsomiale per il trasporto dei trigliceridi e tutto ciò riduce le concentrazioni ematiche di apolipoproteina B (APO B). I malati, che non riescono a digerire correttamente vitamine e grassi essenziali, accusano calo della vista con progressivo peggioramento, disturbi dello sviluppo, debolezza muscolare, difficoltà d’espressione, addome sporgente e anomalie nelle feci. La sindrome di Bassen-Kornzweig viene diagnosticata sottoponendo il paziente ad accertamenti di diversa natura (prelievo ematico per la stima della concentrazione di APO B, test per carenze vitaminiche, emocromo, dosaggio del colesterolo, elettromiografia, visita oculistica, analisi delle feci e test genetico per le mutazioni genetiche). Il paziente colpito dalla malattia viene trattato con integratori vitaminici (soprattutto a base di vitamina E al fine di ripristinare le lipoproteine) e prodotti a base di acido linoleico. Si consiglia, inoltre, di limitare l’apporto di grassi e carne.
APO B e sindrome di Reye
La sindrome di Reye è un’affezione molto rara e in alcuni casi letale che colpisce, nella maggior parte dei casi, individui di età inferiore a 16 anni.
La malattia si contraddistingue per scarse concentrazioni di apolipoproteina B nel sangue, insufficienza epatica con danni al fegato ed edema cerebrale con ripercussioni negative sul cervello. I sintomi caratteristici comprendono alterazione della temperatura corporea, astenia, nausea, emesi, emoraggie, disorientamento e stato di coma. La sindrome di Reye viene trattata con farmaci volti al sostegno del fegato e alla prevenzione di possibili danni al cervello.
APO B e sindrome nefrosica
La sindrome nefrosica è una patologia a marcato esordio infantile; colpisce un bambino su 50.000 tra i 2 e i 5 anni e si contraddistingue per escrezione di proteine nell’urina, edema dei tessuti corporei e bassi livelli di albumina nel sangue. La sindrome nefrosica, che comprende forme primarie (affezioni a carico dei reni) e secondarie (malattie derivanti da disturbi sistemici), viene diagnosticata con l’ausilio di diversi esami ematochimici di laboratorio (concentrazione di apolipoproteina B e albumina e presenza di eventuali autoanticorpi), test delle urine, ecografia e biopsia renale. La sindrome nefrosica si cura generalmente con trattamenti farmacologici a base di corticosteroidi, immunosoppressori, diuretici, statine, anticoagulanti e corretta dieta alimentare.
Il rapporto tra apolipoproteine B e A1
Il rapporto tra apolipoproteine B e A1 sembra essere, come confermano molti studi, un importante indicatore da associare al rischio cardiovascolare (possiede valenza superiore rispetto al rapporto tra LDL e HDL).
Il rapporto tra APO B e APO A1 vanta, inoltre, due importanti vantaggi:
• i valori assunti dalle apolipoproteine non sono influenzati dall’assunzione di alimenti (il loro rapporto non risente dell’eventuale digiuno osservato);
• la misurazione di APO B e APO A1 è standardizzata, banale e non costosa.
Il valore ottimale del rapporto tra apolipoproteine B e A1 deve essere compreso tra 0,3 e 0,9. Numeri superiori a 0,9 negli uomini e 0,8 nelle donne sono, invece, un campanello d’allarme per l’elevato rischio cardiovascolare.
Rischi per le salute derivanti dalle modificazioni di APOB
Recenti studi hanno messo in correlazione la quantità di APOB100 rilevabile nel sangue e il numero di molecole lipoproteiche di natura epatica, dato che ognuna di esse è fornita di una e una sola unità APOB100.
Quando nel sangue sono rilevabili alti livelli di APOB significa che ci sono anche molte lipoproteine LDL; questa osservazione tuttavia non è in grado di fornire nessuna informazione sul loro contenuto di lipidi in generale e di colesterolo in particolare.
Da tempo è stata confermata l’associazione tra un maggiore livello di APOB e un aumentato rischio di sviluppare patologie di natura cardiaca oppure circolatoria.
Si ritiene infatti che un’elevata concentrazione di lipoproteine nel sangue possa innescare meccanismi di competizione verso i recettori cellulari delle APOB.
I rischi per la salute derivanti dall’aumetata percentuale di apolipoproteine ematiche si può valutare soprattutto in relazione al rapporto APOB/APOA, che si conferma un indice di maggiore attendibilità rispetto a quello relativo al colesterolo LDL.
L’identificazione dei soggetti a rischio avviene quindi in base ad una comparazione clinica tra i livelli di queste apolipoproteine, la cui determinazione si ottiene tramite un’analisi del sangue.
Il prelievo venoso deve essere eseguito su pazienti digiuni da almeno otto ore, quando l’analisi viene prescritta a scopo preventivo, per realizzare uno screening tra individui maggiormente soggetti a rischi di natura cardio-circolatoria.
Quando invece si procede in regime d’urgenza, spesso per monitorare l’andamento dei parametri di un paziente post-infartuato, i prelievi devono essere fatti in serie e a distanza di alcune ore, per avere una visione globale della situazione.
Il dosaggio dell’APOB, e in generale delle apolipoproteine, non è un esame di routine, ma viene eseguito su precise richieste mediche in base a determinati quesiti diagnostici riguardanti patologie del cuore oppure dei vasi.
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Conclusioni
L’infarto è una delle prime cause di morte per individui di ambo i sessi e la definizione del rischio cardiovascolare è, dunque, fondamentale per mettere in sicurezza la salute delle persone. Gli esami di laboratorio volti alla sua quantificazione sono molteplici e tra questi vi sono un test per la stima della concentrazione di apolipoproteina B nel sangue (APO B) e la conseguente valutazione del rapporto tra apolipoproteine B e A1.
Entrambe le analisi vengono eseguite all’interno dei laboratori che possono registrarsi, gratuitamente, sulla home page di questo portale al fine di gestire, con il software in cloud, le analisi ematochimiche erogate e aggiornare, in tempo reale, il file in formato pdf (vademecum) direttamente sul sito web della struttura.