Gli adenovirus rappresentano una categoria di virus molto comuni e diffusi, di cui solo una parte risulta infettiva per l’essere umano mentre un’altra parte è del tutto innocua. Gli adenovirus vengono studiati da molti anni e ciò permette di avere informazioni puntuali e precise circa le modalità di contagio, il quadro sintomatologico e la varietà di possibili malattie ad esso collegate.
Nella maggior parte dei casi le infezioni da adenovirus negli adulti hanno un decorso asintomatico, mentre i bambini sono più soggetti a sviluppare sintomi a causa di un sistema immunitario più fragile e ancora in costruzione. Ad ogni modo, il decorso della malattia è piuttosto agevole e si risolve nel giro di una o massimo due settimane.
Per quanto riguarda la cura, non esistono farmaci antivirali dunque l’apporto farmacologico aiuta solo nell’alleviare i sintomi e a stimolare il sistema immunitario a reagire correttamente. Molto utile, in questa direzione, anche una corretta e sana alimentazione funzionale alla prevenzione e alla cura.

Adenovirus nei bambini: che cos’è un adenovirus

Gli adenovirus sono una famiglia di virus a DNA che comprende circa cento sierotipi diversi, di cui 57 risultano essere infettivi per l’uomo.
Il nome deriva dal fatto che gli adenovirus sono stati isolati per la prima all’interno di un lembo di tessuto adenoideo umano, nel 1957, per poi essere studiati in larga misura; sono composti da un capside ricoperto da 240 capsomeri, protiene a loro volta formate da esoni, pentoni e fibre; quest’ultime sono fondamentali per permettere al virus di legarsi alle cellule bersaglio dell’organismo umano e iniziare così la replicazione, anche grazie alle VAP (proteine virali d’attacco) che ne favoriscono il contagio soprattutto tra i più piccoli. Le dimensioni non trascurabili di questi virus non sono passate inosservate, al punto che gli adenovirus sono considerati tra i virus senza involucro più grandi fino ad ora scoperti.
I 57 sierotipi degli adenovirus capaci di infettare l’essere umano sono stati suddivisi, per comodità, in sei specie nominate con le prime lettere dell’alfabeto, mentre il singolo sierotipo è comunemente denominato attraverso numeri in cifre da 1 a 57; studi condotti ormai d circa 60 anni hanno dimostrato come, tra questi 57 sierotipi, sia possibile porre ulteriori sottoclassificazioni: ad esempio, è noto come i sierotipi maggiormente trasmissibili siano l’1 e il 7, mentre il 2 e il 5 sono responsabili del contagio di mammiferi in generale, non soltanto esseri umani.

Adenovirus: come avviene il contagio

Gli adenovirus si trasmettono da persona a persona tramite le goccioline di saliva contenenti particelle di virus, che utilizza le proteine VAP per entrare all’interno delle cellule bersaglio. Le goccioline di saliva di un soggetto infetto possono diffondersi nell’area tramite starnuti, colpi di tosse o anche semplicemente parlando. Possibile anche il contatto tramite particelle di virus per via orofecale, se pur meno diffuso rispetto alla prima modalità perché necessita di un’infezione a livello gastroenterico.
E’ possibile inoltre che l’infezione avvenga tramite il contatto del virus con le mucose degli occhi, del naso o della bocca: se, ad esempio, un soggetto tocca una superficie in cui si è depositata una particella di virus con una significativa carica virale, e poi si porta la mano agli occhi al naso o alla bocca, ciò può causare il contagio.
Occorre comunque sottolineare che la quasi totalità delle trasmissioni di adenovirus avviene tramite goccioline di saliva diffuse nell’area: in questo caso, infatti, le particelle di virus diffuse sono di più e dunque la carica virale riesce a essere sufficientemente alta da poter infettare. Le altre manifestazioni del contagio sono, principalmente, casi di scuola che nella pratica hanno un’importanza marginale.
Non è chiarissimo se un soggetto asintomatico possa o meno contagiare: arrivare a una certezza scientifica in questo ambito è difficile sia perché i tempi di incubazione del virus sono variabili da persona a persona (in media si parla di un tempo di incubazione dai 3 ai 10 giorni), sia perché il concetto di “asintomaticità” è a sua volta soggettivo. Anche ammettendo la possibilità che un soggetto asintomatico possa contagiare, comunque, la maggior parte dei contagi avvengono mediante persone che presentano sintomi nelle quali, quindi, la carica virale appare significativa.
Le modalità di contagio sopra descritte spiegano il motivo per cui il virus si trasmette soprattutto tra i bambini, i quali hanno contatti molto più diretti per motivi ludici o scolastici, soprattutto nelle scuole, negli asili o nei parchi.

Adenovirus nei bambini: come riconoscere la malattia

L’infezione da adenovirus nei soggetti adulti è asintomatica nel 90% circa dei casi: ciò è dovuto al fatto che gli adulti presentano anticorpi ben sviluppati contro questo tipo di infezione, con cui sono entrati in contatto molte volte quando erano piccoli.
Nei soggetti più giovani e soprattutto nei bambini, invece, le infezioni da adenovirus possono presentare un quadro sintomatologico più sostenuto che, comunque, si risolve quasi sempre in pochi giorni o con cure semplici.
I sintomi più comuni sono: febbre, tosse, mal di gola e rinorrea, stanchezza generale e problemi gastro-intestinali. E’ più corretto comunque parlare di malattie associate all’infezione, poiché i sintomi da infezione si presentano sottoforma di una vera e propria patologia nei bambini, che si differenzia in base alla gravità e all’incisività in percentuale.
Tra le malattie causate dal contagio da adenovirus si può distinguere tra:

Deve essere chiaro che i sintomi e le malattie descritte riguardano soggetti sani e immunocompetenti: in soggetti con particolari patologie pregresse e con un sistema immunitario non efficiente, un adenovirus può causare anche complicanze più gravi e portare sino al decesso. Per questo è importante monitorare, in questi soggetti, i sintomi fin dal primo momento e rivolgersi a un medico di fiducia.
Bambini immunodepressi, secondo le statistiche e gli studi clinici, possono andare incontro a pancreatiti, coliti, polmoniti interstiziali, encefaliti e malattie del sistema nervoso centrale.

Adenovirus nei bambini sintomi: come si effettua la diagnosi

La diagnosi di infezione da adenovirus è anzitutto sintomatica: generalmente il bambino viene condotto dal pediatra che individua subito la presenza di una virosi dopo aver studiato i sintomi che il paziente presenta.
La diagnosi clinica deve procedere per esclusione: il pediatra, cioè, dovrà prima escludere patologie potenzialmente più gravi soprattutto nel caso in cui l’adenovirus abbia causato una malattia come bronchiolite o cistite, patologie che possono avere origine anche batterica. La valutazione clinica è rimessa alla competenza del professionista, sulla base del quadro sintomatologico e dell’osservazione diretta del paziente.
E’ pur vero, però, che attraverso la diagnosi clinica non si ha la certezza che si tratti proprio di un adenovirus e non, ad esempio, di un coronavirus, né si può avere contezza del sierotipo che ha infettato il paziente.
Per tutte queste informazioni sono necessari dei semplici esami di laboratorio, diversi a seconda del tipo di infezione e soprattutto dei sintomi: in caso di gastroenterite è possibile prelevare un campione di feci per ricercare l’antigene dell’adenovirus, mentre se il soggetto presenta sintomi legati alle vie respiratorie occorre prelevare un campione di saliva attraverso le mucose orali.
Più specificamente, gli esami di laboratorio possono che possono essere effettuati sono:

Adenovirus nei bambini cura della patologia

Come tutte le infezioni virali, anche per gli adenovirus non esiste una cura specifica perché non sono disponibili antivirali. L’unica cura possibile consiste nell’aiutare il sistema immunitario a reagire all’infezione e, allo stesso tempo, nell’alleviare i sintomi che possono causare sofferenza al paziente.
Quando si tratta di infezioni virali, infatti, l’unica arma a disposizione del paziente è il proprio sistema immunitario, che deve identificare l’agente patogeno e neutralizzarlo attraverso i suoi meccanismi di difesa.
I sintomi possono essere alleviati con farmaci antiinfiammatori, che devono però essere somministrati con parsimonia considerando i possibili effetti avversi soprattutto a livello gastrico. In caso di congiuntivite può essere applicato un collirio o delle gocce ad azione emoliente e antiinfiammatoria.
Il paracetamolo è utile per alleviare la febbre ma anch’esso deve essere somministrato con raziocinio: la febbre, infatti, non è una patologie bensì un meccanismo di difesa dell’organismo, estremamente utile per combattere l’infezione; grazie all’innalzamento della temperatura corporea, infatti, l’organismo riesce a contrastare il virus e a debellarlo.
Occorre dunque trovare un punto di equilibrio tra i benefici della febbre e il sollievo che il bambino prova se la temperatura corporea si abbassa: solitamente si dice che il paracetamolo deve essere assunto quando la temperatura supera i 38.5 gradi, ma è un parametro generale che può variare da paziente a paziente. Sicuramente, è necessario abbassare la temperatura quando essa si attesta intorno ai 40 gradi, per prevenire danni a livello cerebrale e neurologico.
Possono essere utili anche aspirazioni di aerosol o fumi con prodotti naturali, così come spray nasali o per la gola per liberare le vie respiratorie.
Alla cura farmacologica può essere associata anche una terapia omeopatica o a base di integratori, sempre sotto prescrizione medica. Molto utile in questi casi è la vitamina C,la vitamina D e la vitamina A. La vitamina C e la vitamina A sono presenti in molti prodotti di origine vegetale, ma la biodisponibilità varia in base alla qualità dell’alimento e alla modalità di cottura. La vitamina D, invece, può essere fabbricata dall’organismo soltanto con l’esposizione diretta ai raggi solari UVB.

Adenovirus bambini e alimentazione: i pro e i contro

L’alimentazione è un parte fondamentale della prevenzione e della cura contro malattie di origine batterica e virale; il detto “siamo ciò che mangiamo”, infatti, è estremamente calzante e sta a indicare lo stretto legame che intercorre tra l’efficienza del sistema immunitario e che ciò che ogni persona introduce nel proprio organismo.
Una corretta alimentazione può fornire un aiuto enorme nel contrastare l’azione di agenti patogeni, così come abitudini alimentari scorrette, anche in età infantile, possono essere deleterie e favorire largamente il contagio e lo sviluppo della malattia.

Cibi che possono prevenire il contagio o alleviare i sintomi da infezione da adenovirus

Gli alimenti che più di ogni altro stimolano il sistema immunitario sono i vegetali: è un’ottima abitudine consumare almeno cinque porzioni di verdura al giorno, possibilmente di diverso colore perché la colorazione indica la presenza di uno o più specifici flavonoidi. La cottura delle verdure è molto importante, perché temperature troppo elevate possono portare al deterioramento o la perdita totale delle sostanze nutritive contenute al loro interno: deve essere prediletta la cottura a vapore, di breve durata, possibilmente conservando il brodo che può essere riutilizzato per preparare dei primi piatti. Se è possibile, consumare le verdure da crude garantisce il massimo apporto nutritivo. Evitare invece cotture in padella per lungo tempo, o anche cotture al forno a temperature troppo elevate.
Anche la frutta fornisce un ottimo apporto di vitamine e minerali necessarie per mantenersi in salute. Verdura e frutta devono essere rigorosamente di stagione.
Un’altra classe di alimenti funzionali alla prevenzione sono i cereali e i legumi, possibilmente decorticati affinché siano più digeribili soprattutto per un bambino. Prima il piccolo viene abituato ad assumere questi alimenti, più semplice sarà per lui digerirli anche in futuro.
Un buon apporto di proteine, soprattutto derivanti da uova e pesce, è fondamentale per mantenere alte le difese immunitarie. Anche la carne ei latticini, se pur con moderazione, non devono mancare nella dieta di un bambino piccolo.
A ciò si devono aggiungere le erbe che possono essere assunte sotto forma di tisane, dalla rosa canina alla melissa, dalla menta al finocchio: si tratta di prodotti naturali che abbassano i livelli di stress, migliorano l’equilibrio psicofisico e indirettamente esercitano un’azione positiva anche sul sistema immunitario.
Anche le spezie, in particolare la curcuma e la paprika, contengono principi attivi fondamentali per il corretto funzionamento del sistema immunitario; deve però essere tenuto presente che la curcumina, principio attivo della curcuma, è di difficile assorbimento da parte dell’organismo quindi sarebbe preferibile assumerlo sotto forma di integratore.

Cibi che possono favorire il contagio e lo sviluppo delle malattia

L’alimentazione non è solo una grande alleata della salute ma talvolta può diventare una concausa dell’avvento della malattia. Un consumo smodato di cibi industriali, lavorati, ricchi di zuccheri, grassi idrogenati e conservanti indebolisce il sistema immunitario e lo rende meno reattivo ai pericoli esterni.
Allo stesso tempo, gli alimenti ad alto indice glicemico, soprattutto se consumati da soli, sono nocivi perché innalzano repentinamente la glicemia stimolando dunque il pancreas alla produzione massiccia di insulina, un ormone che favorisce l’infiammazione cronica. Un ottimo sistema per limitare i picchi glicemici e quindi la produzione massiccia di insulina è far mangiare al bambino delle verdure assieme alla pasta o al riso.
L’alimentazione dei bambini è strettamente connessa a quella dei genitori, che devono essere estremamente accorti nel decidere che cosa dare da mangiare ai propri figli: se il bambino si abitua fin da piccolo a sapori naturali, bilanciati senza eccessi, non richiederà tutti quei cibi industriali che invece contengono esaltatori di sapidità. Si consiglia dunque di limitare fortemente le merendine, le patatine in bustina e tutto ciò che fa abituare il palato del bambino a sapori non naturali.

Si raccomanda sempre di non stilare diete o programmi alimentare senza l’assistenza di un professionista del settore, come il dietologo, il dietista o il nutrizionista, possibilmente specializzato in programmi alimentare per bambini.