Metabolismo dei glucidi e glicemia

glicemia alta glicemia bassa

I glucidi sono composti ternari costituiti da molecole di ossigeno, idrogeno e carbonio che per questo motivo vengono chiamati anche carboidrati (idrati di carbonio).

A livello metabolico la loro azione è di due tipi: da un lato essi contribuiscono a rifornire di energia l’organismo e d’altro lato entrano nella costituzione delle strutture vitali dell’organismo.

La glicemia è il valore della concentrazione di glucidi nel sangue, un indice di fondamentale importanza per la sopravvivenza in quanto alcuni distretti organici, come ad esempio il sistema nervoso, dipendono completamente dal metabolismo glucidico.

La soglia fisiologica della quantità di glucidi nel sangue è di 100 mg/ml; quando tale valore diminuisce si parla di ipoglicemia mentre quando aumenta si parla di iperglicemia.

La loro assunzione complessiva dovrebbe essere intorno al 40-60% dell’energia totale necessaria all’organismo, per evitare un accumulo che non ha mai conseguenze vantaggiose.

In base alla loro struttura biochimica, i glucidi si distinguono in quattro classi, che sono:
– monosaccaridi;
– disaccaridi;
– oligosaccaridi;
– polisaccaridi.

– I monosaccaridi sono le molecole più semplici appartenenti alla categoria dei carboidrati e contengono da 3 a 9 atomi di carbonio; tra questi i più diffusi sono il glucosio (a sei atomi di carbonio), il fruttosio (con la stessa formula chimica del glucosio, ma con differente formula molecolare), e il galattosio.
Scarsamente presente in natura, il glucosio si trova soltanto in piccole quantità nella frutta e nella verdura, dove invece è presente abbondantemente il fruttosio.

– Formati dall’unione di due monosaccaridi legati tramite legami glicosidici, i disaccaridi importanti dal punto di vista biologico sono il saccarosio (formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio) che è il comune zucchero da tavola, il lattosio (costituito da una molecola di glucosio più una di galattosio) che si trova nel latte e derivati, e il maltosio (formato da due molecole di glucosio) che deriva dalla fermentazione dell’amido.

– Gli oligosaccaridi sono composti formati da 3 a 10 molecole di monosaccaridi e si trovano soprattutto nei legumi, di cui costituiscono una parte indigeribile.

– Formati da più di 10 molecole di monosaccaridi, i polisaccaridi sono composti come l’amido e la cellulosa, macromolecole che vengono demolite durante il processo digestivo per arrivare alla formazione di monosaccaridi.
Mentre l’amido, dopo essere stato cotto, viene facilmente digerito, la cellulosa è invece indigeribile.
Il glicogeno è un polisaccaride di origine animale che si trova nella carne (equina oppure nel fegato) e che svolge unicamente un ruolo di deposito.


I glucidi costituiscono il combustibile primario dell’organismo vivente in quanto sono in grado di fornire 4 calorie per grammo di sostanza ingerita; essi sono immagazzinati sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel tessuto epatico, per poi venire consumati nelle varie reazioni del catabolismo glucidico.

Un soggetto a riposo consuma circa 160 grammi di glucosio al giorno, di cui 120 grammi sono destinati all’encefalo; i vari carboidrati si distinguono in base alla loro differente capacità d’assorbimento che dipende a sua volta dall’indice glicemico (velocità con cui essi vengono trasportati nel sangue).

Il metabolismo dei glucidi avviene a livello dell’intestino tenue, dove i polisaccaridi si trasformano in monosaccaridi (glucosio, galattosio, fruttosio e levulosio).

Dopo tale scissione essi sono in grado di attraversare le pareti intestinali per essere trasferiti nelle cellule epatiche, dove tutti i composti vengono assimilati dopo essere stati trasformati in glucosio.

Se la quantità di glucosio viene utilizzata interamente dall’organismo, il metabolismo è in parità, se invece la produzione di glucosio è superiore alle necessità, allora la quota in più viene immagazzinata sotto forma di glicogeno epatico.

Rapporto tra carboidrati e glicemia

Il glucosio è l’unico zucchero che può essere trasportato nel sangue, e la cui concentrazione prende il nome di glicemia.

Affinché una persona si mantenga in buona salute è necessario che questo indice si mantenga il più possibile costante nelle 24 ore, evitando i nocivi picchi glicemici responsabili dell’insorgenza del diabete.

Se a digiuno gli indici glicemici normali non devono superare il valore di 100 mg/ml, dopo un pasto viene considerata normale una glicemia di 150 mg/ml, così come dopo un digiuno prolungato si può arrivare a 70 mg/ml.

Il ruolo del glucosio ematico è collegato principalmente al sostentamento del sistema nervoso dato che i neuroni traggono nutrimento soltanto dagli zuccheri e non da proteine o lipidi.

Se la glicemia scende al di sotto di 60 mg/ml, immediatamente si nota l’instaurarsi di un’evidente sofferenza cerebrale, che si riflette poi sull’intero organismo poiché il sistema cerebro-spinale svolge un’insostituibile controllo su tutto il corpo.

Quando al contrario la glicemia tende ad aumentare, dopo aver superato la soglia di 180 mg/ml, si instaura la glicosuria, consistente nella comparsa di glucosio nelle urine.

In questo caso, tutta l’omeostasi idrica dell’organismo si altera e di conseguenza si verifica una disidratazione innescata dal maggiore richiamo di acqua nelle urine, che tendono quindi a diluirsi.
In condizioni fisiologiche il glucosio non deve mai essere presente nel liquido minzionale.

Il destino metabolico degli zuccheri è strettamente collegato allo stato nutrizionale della persona che, in situazioni carenziali, ricorre alla mobilitazione dei depositi epatici di glicogeno.

Glicemia e picco glicemico

I livelli di concentrazione di glucosio nel sangue non si mantengono costanti, ma variano in rapporto allo stato di digiuno più o meno prolungato del soggetto.

Il loro andamento mostra un aspetto curvilineo, in cui fasi di crescita si alternano ad altre di decremento, con il raggiungimento di valori minimi durante il digiuno, e di picchi glicemici dopo un pasto, soprattutto se ricco di carboidrati.

L’assunzione di zuccheri semplici provoca un innalzamento della curva glicemica in tempi particolarmente ridotti, mentre quella di polisaccaridi complessi può richiedere molto più tempo.

Quando il pasto è misto e non soltanto impostato sui carboidrati, allora il picco glicemico viene raggiunto dopo un lasso di tempo compreso tra 60 e 90 minuti.
In condizioni fisiologiche il picco non deve superare la soglia renale del glucosio, corrispondente a 180 mg/ml, oltre alla quale si verifica glicosuria.

Ruolo clinico della glicemia

La glicemia, che è l’indice della concentrazione di glucosio nel sangue, segue un andamento ciclico con un valore minimo al mattino a digiuno (dopo le ore di riposo notturno durante cui l’organismo ha metabolizzato tutto il composto presente a livello ematico) e un valore massimo dopo i pasti, che si mantiene elevato per almeno un paio d’ore.

La glicemia viene valutata su un campione di sangue venoso prelevato dal soggetto rigorosamente a digiuno da almeno otto ore: per questo esame di laboratorio è indispensabile rispettare l’astinenza da cibi e bevande per non alterare i risultati.

Il valore fisiologico a digiuno è di 100 mg/ml, quando si scende sotto alla soglia si parla di ipoglicemia, quando si sale si nota invece iperglicemia.
Dopo un pasto di solito questo indice può salire fino a 150 mg/ml, ma non dovrebbe mai superare i 180 mg/ml.

Se infatti la concentrazione di glucosio nel sangue supera il valore di 180 mg/ml si verifica glicosuria, considerata una condizione patologica dato che di norma esso non deve essere rilevabile nel liquido minzionale.

Oltre alla glicemia, in caso di disturbi relativi al metabolismo glucidico, è sempre consigliabile effettuare anche il test dell’emoglobina glicata, che quantifica il livello medio della glicemia negli ultimi 90 giorni.

Il ruolo clinico della glicemia è di estrema importanza in quanto consente di monitorare praticamente l’intero assetto metabolico del soggetto; infatti il glucosio è un composto che entra in tutte le funzioni vitali.

Questa analisi fa parte degli esami di routine e viene prescritta generalmente ogni volta in cui il paziente si sottopone a un controllo periodico del suo stato di salute; se il valore del glucosio ematico supera la soglia fisiologica di norma il medico prescrive altre indagini, come l’emoglobina glicata, l’esame delle urine, il pannello renale per indagare su eventuali anomalie funzionali relative all’insulina che è l’ormone responsabile del controllo sulla glicemia.

I pazienti diabetici devono ripetere questo esame con notevole frequenza (almeno ogni 6 mesi) sia per monitorare la concentrazione di glucosio nel sangue sia per verificare l’andamento di eventuali terapie ipoglicemiche.

Infatti uno dei principali problemi che si pongono durante le cure dei pazienti diabetici è quello di mantenere la concentrazione di glucosio entro valori fisiologici, per evitare sia l’iperglicemia che l’ipoglicemia.

Entrambe le situazioni infatti sono altamente pericolose per l’organismo poiché contribuiscono ad alterare l’omeostasi metabolica.

Spesso accade che vengano rilevati valori che soltanto occasionalmente si presentano più alti oppure più bassi della norma; in queste situazioni è assolutamente necessario ripetere gli esami per almeno tre volte consecutive dato che il valore del glucosio ematico risente di numerosi fattori sia fisici che psichici (soprattutto ansia e stress).

Le cause di variazione della glicemia sono riconducibili ai seguenti fattori:
– distanza dall’ultimo pasto;
– attività fisica;
– patologie in atto;
– assunzione di alcolici;
– assunzione di farmaci;
– stress;
– depressione e ansia.

Glicemia bassa (Ipoglicemia)

I più frequenti fattori eziologici dell’ipoglicemia sono relativi all’assunzione di terapie farmacologiche destinate a contenere i picchi glicemici.

L’insufficienza renale può contribuire all’insorgenza di ipoglicemia, così come l’ipotiroidismo, gravi forme infiammatorie oppure prolungata malnutrizione

I sintomi caratteristici di questa condizione sono:
– tremori diffusi;
– pallore;
– astenia muscolare;
– palpitazioni;
– tachicardia;
– cefalea;
– nausea e vomito;
– sudorazione fredda;
– formicolio persistente;
– vertigini;
– confusione mentale.

Glicemia alta (Iperglicemia)

Le cause scatenanti di questa condizione sono collegate alla presenza di anomalie metaboliche dell’insulina che quindi non è in grado di controllare la glicemia.

Spesso il disturbo insorge durante la gravidanza (iperglicemia gestazionale) e può causare forme diabetiche temporanee.

I sintomi tipici sono:
– secchezza delle mucose;
– poliuria;
– offuscamento della visione;
– perdita di peso;
– astenia.

Glicosuria

Per glicosuria si intende la presenza di glucosio nelle urine, un fenomeno che non deve presentarsi in condizioni fisiologiche ma che compare in soggetti diabetici, per i quali costituisce un sintomo tipicizzante.

Queste evenienza dipende dalla presenza nel sangue di elevate concentrazione di zuccheri che l’organismo non è in grado di metabolizzare in maniera corretta e che pertanto si accumulano.

Quando infatti la glicemia è normale (inferiore a 100 mg/ml), i reni riescono a filtrare compiutamente il glucosio che viene eliminato soltanto in quantità moderata e comunque non sufficiente per essere rilevata.

La glicosuria si verifica nel momento in cui la percentuale di glucidi nel sangue supera il valore della soglia renale di riassorbimento, oltre alla quale l’apparato escretore non riesce più a evitare una loro abbondante eliminazione.

Di norma, se la glicemia supera il limite di 200mg/ml compare glicosuria che, non appena rilevata, necessita la tempestiva esecuzione di alcuni esami ematochimici, come la glicemia e la curva da carico del glucosio.

Diabete e glicosuria

Il diabete mellito è una patologia dismetabolica causata da un’insufficiente produzione di insulina, l’ormone pancreatico che controlla essenzialmente il metabolismo dei glucidi.

Quando tale controllo risulta inadeguato, il glucosio tende ad accumularsi nell’organismo e la sua presenza viene rilevata da valori di glicemia superiori a 100 mg/ml.

La caratteristica principale di questa malattia cronica metabolica è appunto l’iperglicemia, a cui si sovrappongono conseguenze immediate ma soprattutto nel lungo periodo, responsabili dei maggiori rischi per il diabetico.

Dato che il glucosio è un composto organico indispensabile alla vita e unica fonte di energia per le cellule neuronali, qualsiasi sua alterazione metabolica provoca uno squilibrio globale delle funzioni organiche, tra cui problemi di natura vascolare.

Si distinguono due tipi di disturbi, che sono:
– microangiopatie
alterazione della circolazione a livello capillare, con interessamento dei piccoli vasi della retina (problemi alla vista) e dei nervi (neuropatie diabetiche);
– macroangiopatie
insorgenza di gravi forma di aterosclerosi con rischio di coinvolgimento della funzionalità cardiaca.

Esistono tre tipi di diabete, che sono:
– di tipo I
causato da problemi di autoimmunità;
– di tipo II
prodotto sia da deficit secretori di insulina che da fenomeni di insulino-resistenza;
– gestazionale.

Una volta che è stato diagnosticata, questa malattia deve essere curata seguendo determinati protocolli terapeutici personalizzati che prevedono l’impiego di farmaci ipoglicemizzanti orali oppure d’insulina per via parenterale.

Un diabete ben compensato consente al paziente di condurre una vita normale, associando ai medicinali una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica.

In tale condizione non è presente glicosuria.

Quando invece viene superata la soglia di filtrazione renale (180 mg/ml) significa che il diabete non è compensato e che una certa quantità di glucosio sfugge al fisiologico riassorbimento e arriva nelle urine.

Pur essendo indicativo di una sofferenza frenale conseguente al diabete, la glicosuria non è un esame diagnostico per la patologia e quindi viene eseguito unicamente su esplicita richiesta del medico.

Valori di glicosuria

n condizioni fisiologiche il rene non elimina glucosio in quanto esso viene metabolizzato completamente e utilizzato per i fabbisogni dell’organismo.

Su un campione estemporaneo di liquido urinario il valore della glicosuria è quindi pari a 0, mentre su un campione delle 24 ore può arrivare a 30-90 milligrammi.

Questi indici sono notevolmente influenzati dall’età, dal sesso, dalle condizioni di salute del soggetto, e dalla metodica impiegata nel laboratorio d’analisi, pertanto è necessario interpretarli insieme al medico.

il glucosio è uno dei più importanti nutrienti delle cellule e per questo motivo l’organismo non può permettersi di eliminarlo; quando si verifica un fenomeno del genere è evidente che ci si trova in condizioni patologiche (appunto diabetiche).

Grazie alla sue dimensioni estremamente ridotte, esso viene facilmente filtrato a livello del glomerulo renale per poi essere, altrettanto agevolmente, riassorbito dal tubulo per passare nel sangue.

In presenza di una glicemia troppo elevata (iperglicemia) il meccanismo renale di riassorbimento tubulare si satura e compare glicosuria.

Oltre la soglia renale del glucosio (180 mg/ml), il glucosio è presente nell’urina, con un incremento proporzionale all’aumento dell’indice, fino ad arrivare al valore di 300 mg/ml, quando tutto il glucosio viene eliminato dato la capacità di riassorbimento renale è completamente saturata.

Glucosio alto nelle urine

Anche se in presenza di glicosuria il quadro morboso si orienta di solito verso il diabete, ci sono anche altri fattori eziologici coinvolti, tra cui:
– sindrome di Cushing
si tratta di una malattia caratterizzata da un’eccessiva produzione di corticosteroidi, in particolare di cortisolo;
– prolungata assunzione di corticosteroidi;
– ipertiroidismo
condizione che comporta un potenziamento di glicogenolisi e quindi un aumento di glicemia;
– iperproduzione di catecolamine
sono ormoni iperglicemizzanti responsabili dell’innalzamento della glicemia;
– pancreatite
determina uno stato carenziale di insulina disponibile e quindi aumento della glicemia;
– insufficienza epatica e renale;
– ustioni molto estese;
– emocromatosi;
– asfissia.

In alcune condizioni la glicosuria può riscontrarsi dopo un pasto particolarmente ricco di carboidrati, oppure in soggetti che hanno subito un’infusione di fluidi contenenti destrosio o anche d in seguito ad assunzione di alcuni farmaci, come l’acido acetilsalicilico (aspirina).

La principale conseguenza della glicosuria è costituita dalla massiccia perdita di liquidi che accompagna l’eliminazione di glucosio per via urinaria; in questi casi il paziente va incontro a una severa disidratazione che, se non viene tempestivamente compensata, può avere esito fatale.

Tale condizione è più frequente negli anziani che, non avvertendo lo stimolo della sete e spesso non rendendosi conto del volume di urina emessa nelle 24 ore, si possono trovare improvvisamente disidratati, perdendo coscienza per mancanza di ossigenazione cerebrale.

Anche senza arrivare a condizioni tanto estreme bisogna considerare che la presenza di glucosio nelle urine (urine dolci) rappresenta un’importante causa predisponente per l’insorgenza di IBU (Infezioni delle Basse vie Urinarie).

Infatti i germi patogeni responsabili di tali disturbi trovano nel glucosio urinario un substrato particolarmente vantaggioso per la loro moltiplicazione che quindi si verifica in maniera esponenziale.

Il rischio maggiore è quello di una risalita di questi batteri che, tramite gli ureteri, tendono a raggiungere i reni, causando gravi patologie come pielonefriti.

Glucosio basso nelle urine

Questa condizione non riveste interesse diagnostico.

Interpretazione dei risultati

l test per la glicosuria prevede una semplice analisi dell’urina mediante una striscia reattiva che, a contatto con il liquido minzionale, cambia colore entro un minuto.

Le metodiche d’analisi sono di due tipi: in un caso l’indagine può venire effettuata su un campione estemporaneo (urina raccolta sul momento) nell’altro caso invece è necessario raccogliere urina delle 24 ore (di solito quella prodotta dalle 8 del mattino fino alle 8 del mattino successivo).

Il contenitore deve essere sterile e i reperti devono venire analizzati entro poco tempo dal momento della raccolta.

La determinazione della glicosuria si effettua dopo aver versato l’urina in una provetta a cui viene aggiunto il liquido di Fehling, uno specifico reagente composto da due soluzioni.

Dopo aver riscaldato la provetta, il liquido colorato da blu diventa giallo in presenza di glucosio, confermando così la glicosuria.

Nella maggior parte dei casi la glicosuria è associata a iperglicemia e pertanto rientra a ragione nel quadro morboso del diabete mellito.

Se invece la glicosuria si accompagna a valori normali della glicemia di solito è significativa di una sofferenza renale; si tratta di glicosuria normoglicemica indicativa di un’alterazione funzionale del tubulo renale che non è in grado di riassorbire il glucosio anche se esso non è abbondante.

Può trattarsi di un difetto ereditario su base genetica oppure acquisito in seguito alla carenza di alcuni cofattori enzimatici o anche all’assunzione di specifici farmaci nefrotossici.

L’intossicazione da monossido di carbonio è un fattore eziologico collegato a glicosuria normoglicemica in quanto altera in maniera irreversibile la funzionalità renale.

Conclusioni

La presenza di glucosio nelle urine (glicosuria) più che una vera e propria malattia deve essere considerata un sintomo, indicativo di uno stato morboso di varia natura.

Pertanto il suo valore diagnostico non è caratterizzante, ma può soltanto indirizzare il medico a prescrivere ulteriori indagini.

Innanzitutto è necessario effettuare un pannello completo ematico per accertarsi che non siano presenti patologie a carico della produzione di eritrociti e che la risposta immunitaria sia adeguata.

Bisogna poi concentrarsi sull’ipotesi diabetica (la più plausibile) effettuando glicemie e curva da carico glicemico insieme al test dell’emoglobina glicata; tutti questi esami sono discriminanti soprattutto nel caso in cui la glicosuria sia di tipo iperglicemico.

Se invece si è di fronte a una glicosuria normoglicemica diventa opportuno eseguire indagini di altro genere che, a seconda del sospetto diagnostico, possono indirizzarsi verso la funzionalità renale, pancreatica ed epatica.

In caso di coinvolgimento nervoso è sempre consigliabile rivolgersi a un neurologo che generalmente richiede una risonanza magnetica per controllare il funzionamento dei potenziali elettrici a livello sinaptico.

In ogni caso è sempre utile un approfondimento diagnostico mediante ecografia completa dell’addome, il cui ruolo è quello di evidenziare la presenza di eventuali patologie a livello dell’apparato renale, come idronefrosi o nefrite idiopatica, spesso collegate al mancato riassorbimento tubulare del glucosio.

Dato che il pancreas, un altro organo che può essere coinvolto da questo disturbo, non è facilmente visibile tramite ecografia, spesso viene prescritta una TAC con mezzo di contrasto che rappresenta l’indagine clinica più caratterizzante in questa situazione.

Quando si sospetta un coinvolgimento ormonale relativo al metabolismo dei corticosteroidi bisogna procedere con il dosaggio di questi composti, da effettuare con prelievi seriali dato che è previsto un controllo relativo alimento a 48 ore.

Tenendo conto che la glicosuria nella maggior parte dei casi è collegata al diabete, si può affiancare alle varie indagini un regime dietetico finalizzato al contenimento dei picchi glicemici, che si rivela utile nel breve tempo dato che già dopo 48 ore di dieta ipoglicemica la glicosuria diminuisce notevolmente.