Il Sistema Complemento totale (CH50 esame) C3 e C4

L’importanza del sistema complemento

Il sistema complemento comprende un insieme di molecole proteiche presenti nel sangue, che sono in grado di legarsi a vari elementi corpuscolati (come gli eritrociti oppure a microrganismi patogeni), provocando la rottura delle loro membrane e di conseguenza la distruzione cellulare per un fenomeno di lisi.

Queste molecole, presenti nel siero e nei liquidi interstiziali sotto forma di precursori inattivi, vengono attivate tutte le volte in cui si verifica una reazione antigene/anticorpo, ovvero quando una molecola estranea (antigene) innesca la produzione di una risposta endogena (anticorpo).

Si tratta di reazioni facenti parte della risposta immunitaria che l’organismo è in grado di attivare se viene chiamato a far fronte a manifestazioni collegate al fenomeno del “non self” (estraneo).

Infatti esso è dotato della perfezionata capacità discriminante tra tutto quello che appartiene a sé stesso e che quindi viene riconosciuto come “self” (proprio) e appunto il “non self”, che, come tale, deve essere eliminato in quanto rappresenta una minaccia al benessere.

L’importanza del complemento è stata evidenziata chiaramente in seguito ad alcune osservazioni di reattività nei confronti di sostanze estranee che venivano attaccate soltanto in presenza di siero ematico fresco.

La sequenzialità di queste reazioni offensive nei confronti dell’antigene prevede un attacco iniziale collegabile a fattori aspecifici (riconducibili al complemento) a cui fa seguito una reazione ad elevata specificità riconducibile alla produzione del complesso anticorpale.

Il complemento svolge quindi un’attività appunto “complementare” a quella degli anticorpi, dei quali completa l’azione, potenziando la loro risposta difensiva.
L’anticorpo ha la precisa funzione di attaccarsi alla cellula estranea (antigene) che viene successivamente riconosciuta e attaccata dal complemento.

Costituito da un insieme di nove differenti componenti, questo sistema proteico è formato da globuline plasmatiche, denominate con la sigla C1, C2, C3, C4, C5, C6, C7, C8 e C9, che sono attivate seguendo una precisa sequenzialità.

Tale meccanismo può venire interrotto a livello di uno qualsiasi dei differenti passaggi e per la sua complessità richiede un attento monitoraggio a livello analitico.

Una limitazione di questo sistema è rappresentata dal fatto che la sua attività litica non si esercita soltanto verso elementi “non self”, ma anche nei confronti di cellule dell’organismo, quando in particolari condizioni esse non vengono riconosciute come “self”.
In questi casi possono insorgere disturbi di varia natura.

A cosa servono le proteine del complemento

Le proteine del complemento sono un sistema di proteine che svolge un ruolo importante nella risposta immunitaria. Sono coinvolte nella difesa dell’organismo contro le infezioni, nelle infiammazioni e nella morte cellulare programmata.

Le proteine del complemento possono svolgere diverse funzioni, tra cui:

  • Opsonizzazione: il complemento riveste i patogeni con proteine che li rendono più facilmente identificabili e fagocitabili dai globuli bianchi.
  • Lisis cellulare: il complemento può perforare la membrana cellulare dei patogeni, causandone la morte.
  • Attivazione del sistema del complemento: il complemento può attivare altre parti del sistema immunitario, come la risposta cellulo-mediata e la risposta umorale.

Le proteine del complemento si attivano in una cascata di reazioni enzimatiche che coinvolge diverse proteine. Esistono tre vie di attivazione del complemento:

  • Via classica: viene attivata dal legame del complemento a un antigene-anticorpo.
  • Via alternativa: viene attivata dal legame del complemento a una superficie carica negativamente.
  • Via della lectina: viene attivata dal legame del complemento a una lectina che si lega a specifici carboidrati presenti sulla superficie dei patogeni.

Le proteine del complemento sono essenziali per la difesa dell’organismo contro le infezioni. In caso di deficit del complemento, le persone sono più suscettibili alle infezioni.

Ecco alcuni esempi di come le proteine del complemento sono coinvolte nella risposta immunitaria:

  • Infezioni: il complemento svolge un ruolo importante nella difesa dell’organismo contro le infezioni batteriche, virali e fungine. Le proteine del complemento opsonozzano i patogeni, rendendoli più facilmente identificabili e fagocitabili dai globuli bianchi. Inoltre, il complemento può lisare i patogeni, causandone la morte.
  • Infiammazioni: il complemento è coinvolto nella risposta infiammatoria. Le proteine del complemento possono provocare vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare e attivazione dei leucociti.
  • Morte cellulare programmata: il complemento è coinvolto nella morte cellulare programmata (apoptosi). Le proteine del complemento possono attivare la cascata dell’apoptosi, causando la morte delle cellule danneggiate o infettate.

Meccanismi di funzionamento del sistema complemento: chi attiva le proteine

L’attivazione delle proteine del complemento prevede una complessa sequenza di reazioni che, attraverso la liberazione di frammenti molecolari biologicamente attivi, sono in grado di modificare la permeabilità dei capillari, di contribuire alla liberazione di istamina e di attirare i leucociti (globuli bianchi) responsabili del potenziamento dell’attività di lisi verso gli elementi “non self”.

Quando il complemento si trova di fronte ad anticorpi appartenenti a particolari sottogruppi di immunoglobuline (come le Ig A e le Ig D), sceglie una modalità preferenziale e selettiva che prevede l’attivazione della sola unità C3, saltando le altre.

Si può comunque dire che il complemento sia dotato di un’estrema selettività funzionale, secondo cui è capace di scegliere la modalità più appropriata per agire nelle differenti situazioni.

Proprio in base a tale selettività, il complemento viene considerato un supporto di estrema importanza per la risposta immunitaria.

Se le proteine del complemento non sono perfettamente funzionanti, possono provocare l’insorgenza di patologie autoimmuni (come il lupus eritematoso oppure la glomerulonefrite) derivanti dall’alterazione biomolecolare di qualche sub-unità.

Che cosa sono gli immunocomplessi circolanti?

Gli immunocomplessi circolanti sono complessi di antigeni e anticorpi che si formano nel sangue. Gli antigeni possono essere di origine batterica, virale, fungina, tumorale o autologa. Gli anticorpi sono proteine prodotte dal sistema immunitario in risposta agli antigeni.

Gli immunocomplessi circolanti vengono normalmente eliminati dal sistema immunitario attraverso il sistema monocito-macrofagico. Tuttavia, se gli immunocomplessi sono troppo numerosi o troppo grandi, possono depositarsi nei tessuti, causando danni.

I danni causati dagli immunocomplessi circolanti possono manifestarsi in diversi modi, tra cui:

  • Infiammazione: gli immunocomplessi possono attivare le cellule infiammatorie, causando un aumento del flusso sanguigno e della permeabilità vascolare.
  • Danni ai tessuti: gli immunocomplessi possono danneggiare i tessuti, causando necrosi e insufficienza d’organo.
  • Immunità parenchimale: gli immunocomplessi possono attivare il sistema immunitario contro i tessuti dell’organismo, causando malattie autoimmuni.

Le malattie associate agli immunocomplessi circolanti includono:

  • Malattie autoimmuni: come il lupus eritematoso sistemico (LES), la poliarterite nodosa e la granulomatosi di Wegener.
  • Malattie infettive: come la sepsi, la tubercolosi e l’HIV.
  • Malattie croniche: come la cirrosi epatica, l’insufficienza renale e il diabete mellito.

La diagnosi di immunocomplessi circolanti viene effettuata mediante un esame del sangue. Se i livelli di immunocomplessi sono elevati, il medico può prescrivere ulteriori test per determinare la causa sottostante.

Il trattamento degli immunocomplessi circolanti dipende dalla causa sottostante. In caso di malattie autoimmuni, il trattamento è volto a sopprimere la risposta immunitaria. In caso di malattie infettive, il trattamento è volto a trattare l’infezione. In caso di malattie croniche, il trattamento è volto a controllare la malattia di base.

In generale, gli immunocomplessi circolanti sono un segno di una malattia sottostante. Il trattamento della causa sottostante può aiutare a ridurre i livelli di immunocomplessi e a prevenire i danni ai tessuti.

Che cosa si intende per complemento totale ?

proteine del complemento totale ch 50

Il sistema del complemento totale è un meccanismo aspecifico di difesa dell’organismo, che entra in azione tutte le volte in cui esso viene in contatto con un agente patogeno esterno, chiamato antigenico.

Si tratta di un insieme di proteine presenti nel plasma che, interagendo tra loro, contribuiscono ad ottimizzare il funzionamento di altre componenti del sistema immunitario, per realizzare una risposta efficace.

Queste proteine plasmatiche comprendono:
– albumina;
– globulina alfa 1;
– globulina alfa 2;
– globulina beta 1;
– globulina beta 2;
– gamma globuline (IgM e IgG).

Esse sono normalmente presenti nel sangue, ma in forma inattiva, che viene attivata soltanto nel momento in cui venga richiesto un loro intervento, come in caso di infiammazioni, infezioni oppure patologie di varia natura.

I complessi bio-attivati da esse derivanti agiscono utilizzando vari meccanismi d’azione, tra cui la lisi cellulare, consistente in un processo di rottura delle membrane delle cellule da eliminare.

I precursori sono quindi attivati attraverso una complessa serie di reazioni enzimatiche a catena che sfruttano un meccanismo analogo a quello della coagulazione sanguigna (“a cascata”).

La valutazione laboratoristica del complemento svolge un importantissimo ruolo clinico in quanto consente di stabilire se siano presenti stati carenziali (aspetto quantitativo) oppure anomalie (aspetto qualitativo) delle proteine.

Tutte le condizioni predisponenti ad un inadeguato funzionamento del sistema complemento sono responsabili di due conseguenze che sono:
– insorgenza delle patologie;
– potenziamento delle reazioni di autoimmunità.

Il complemento totale deve la sua denominazione al fatto di completare l’attività degli anticorpi, che rimangono comunque i principali responsabili della risposta immunitaria.

Tuttavia esso può agire anche in autonomia, cioé in assenza di una componente anticorpale o anche in presenza di patologie autoimmuni.

La precisa finalità di questo sistema è quella di rimuovere gli agenti patogeni, soprattutto i batteri, interagendo con gli immunocomplessi e potenziando la loro distruzione.

Le risposte immunitarie di cui l’organismo dispone sono estremamente perfezionate e multiformi e coinvolgono sistemi biologici, cellulari e sierici.

Il complemento totale è formato da una trentina di proteine plasmatiche regolate e affiancate da numerosi sotto-componenti.

Esse interagiscono secondo un sistema a cascata, che implica la formazione di complessi collegati reciprocamente e in grado di rispondere agli attacchi esterni, sia in ambito di processi flogistici che nell’apoptosi cellulare.

Il complemento totale fa parte dei meccanismi di immunità innata che, a differenza di quella acquisita, è dotata di una funzionalità già presente alla nascita indipendentemente dalle stimolazioni esterne.

Si tratta quindi di un sistema aspecifico, il cui meccanismo d’azione deve venire integrato con quello dell’immunità acquisita in grado di produrre anticorpi contro aggressioni specifiche.

Nonostante la sua scarsa selettività, il complemento totale svolge una funzione importantissima in quanto rappresenta la risposta più veloce che l’organismo mette in atto nei confronti degli attacchi patogeni.

Questo sistema non necessita di alcuna esposizione preventiva al microrganismo estraneo e non conserva memoria delle sostanze con cui è venuto precedentemente a contatto.

Funzionamento del complemento totale

Il funzionamento del complemento totale avviene secondo la modalità a cascata, e può seguire tre differenti percorsi, che sono:
– percorso classico
è quello che viene innescato dalla formazione del complesso antigene/anticorpo, dove l’antigene può essere un virus, un batterio, una cellula o una proteina, i quali devono comunque essere agenti estranei all’organismo;
– percorso alternativo
non dipende dalla presenza di specifici anticorpi ma viene attivato direttamente da parte di determinate componenti della superficie esterna dell’agente infettante;
– percorso specifico
viene innescato da una lecitina plasmatica in seguito al suo legame sulla superficie dell’agente infettante.

In tutti questi percorsi l’azione principale per l’attivazione del complemento viene svolta da un processo di proteolisi, che ha lo scopo di produrre composti biologicamente attivi in grado di attaccarsi alla membrana cellulare dell’agente patogeno.

Dopo questa attività preventiva, ha inizio il meccanismo a cascata che implica il richiamo di una notevole concentrazione di leucociti, l’aumento della permeabilità capillare e l’incentivazione della produzione di istamina.

Questo genere di risposta multifattoriale ha lo scopo di garantire un’azione a 360 gradi, rivolta a tutte le potenziali cause responsabili dell’insorgenza di un processo patologico.

Dosaggio del complemento totale

Il dosaggio delle proteine del complemento ha un significato sia quantitativo che qualitativo; per valutare l’efficacia funzionale del sistema è necessario misurare le proteine nel loro insieme.

In seguito all’interpretazione delle analisi ottenute, è possibile completare il quadro diagnostico con altre analisi più specifiche e mirate alle singole esigenze.

Il test comunque trova largo impiego per dare un’idea approssimativa della gravità della situazione morbosa.

Le indicazioni per cui viene richiesto questo esame sono le seguenti:
– infezioni batteriche ricorrenti, soprattutto innescate da Streptococcus pneumoniae, Neisseria gonorrheae e Neisseria meningitidis;
– infiammazioni generalizzate di ogni tipo;
– patologie autoimmuni, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso;
– glomerulonefriti;
– vasculiti e infiammazioni dei vasi sanguigni;
– edemi senza cause apparenti.

L’esame viene richiesto anche come supporto al monitoraggio di malattie acute o croniche, che si protraggono per lungo tempo e che non rispondono adeguatamente ai protocolli terapeutici.

Solitamente le indagini cliniche hanno inizio con il dosaggio delle frazioni C3 e C4, a cui fanno seguito quelli delle altre glicoproteine maggiori.

Tutte le volte in cui l’attività del complemento totale è al di fuori dell’intervallo di riferimento, è consigliabile procedere misurando singolarmente ciascuna delle nove componenti, per individuare in maniera più specifica le problematiche ad esse collegate.

Nella maggior parte dei casi vengono effettuati prelievi seriali che hanno lo scopo di consentire una comparazione tra i risultati disponibili.

I valori fisiologici di riferimento per questa analisi sono compresi tra 80 e 185 mg/dl (uomo) e tra 80 e 190 mg/dl (donna) per la frazione C3 del complemento.
Quelli relativi alla frazione C4 del complemento risultano compresi tra 15 e 53 mg/dl (uomo) e tra 15 e 57 mg/dl (donna).

Anche per questo esame i referti ottenuti sono fortemente condizionati dal tipo di metodica impiegata dal laboratorio di analisi, pertanto è necessario fare riferimento ai range riportati direttamente sul referto.

Qualunque sia il risultato, è sempre indispensabile inquadrarlo nella condizione anamnestica del paziente completandola anche con l’esame obiettivo e con la sua sintomatologia.

Complemento alto

Un aumento nella concentrazione delle proteine del complemento può dipendere da:
– sindromi infiammatorie, tra cui soprattutto tiroidite e RCU (rettocolite ulcerosa);
– patologie autoimmuni, come il lupus eritematoso e artrite reumatoide;
neoplasie di vario genere, tra cui il linfoma di Hodgkin e leucemie;
– infarto del miocardio;
– sarcoidiosi.

Complemento basso

Quando il dosaggio delle proteine del complemento risulta inferiore alla soglia fisiologica le cause sono riconducibili a:
– cirrosi epatica e altre malattie del fegato;
– insufficienza renale;
– glomerulonefrite e nefrite membranosa;
– colite;
– ustioni;
– anemia emolitica autoimmune;
– LES (lupus eritematoso sistemico);
– infezioni batteriche recidivanti;
– angioedema;
– setticemia.

Interpretazione dei risultati del dosaggio

Il dosaggio di questo sistema proteico viene eseguito su un campione di sangue prelevato dalla vena di pazienti digiuni da almeno 8 ore.

Interpretare i valori refertati dopo l’analisi ematica significa soltanto rilevare se è in corso una risposta immunitaria nei confronti di un agente patogeno; un aumento oppure una diminuzione del complemento indica infatti che esiste una risposta immunitaria in atto, ma non quale sia la causa.

Il medico che richiede un esame di questo genere ha già formulato un quesito diagnostico che deve essere confermato da ulteriori dati sia di tipo sierologico (analisi del sangue) che di tipo clinico.

Quando ci si trova di fronte a un innalzamento dei valori, si possono sospettare alcune ipotesi, come sindromi infiammatorie, febbre reumatica, tiroidite, diabete, malattie infettive, epatite virale o anche disturbi gastrointestinali.

Se al contrario i valori tendono a diminuire. di norma le possibilità sono due: da un lato si può presupporre un deficit immunitario e d’altro lato un’aumentata richiesta.

In caso di deficit congenito, l’analisi del complemento totale deve essere completata da quella delle singole proteine, per identificare la diretta responsabile della sindrome carenziale, che di solito è associata a infezioni ricorrenti.

Qualora il deficit dipenda da un disturbo morboso acuto o cronico è opportuno monitorare l’andamento dei dosaggi per osservare se i livelli del complemento ritornano nella norma dopo il superamento della causa scatenante.

In caso di aumentato consumo è necessario completare il quadro clinico con un approfondito esame retroattivo dell’anamnesi del paziente, con la finalità di identificare il collegamento con patologie pregresse che abbiano condizionato le risposte immunitarie.

Una maggiore richiesta è associata a una diminuzione dei livelli di complemento con un aumentato indice di rischio nei confronti delle malattie autoimmuni.


Il complemento, insieme con gli anticorpi, contribuisce a stimolare la risposta immunitaria dell’organismo contro gli agenti infettivi.

Questi due sistemi agiscono in maniera sinergica in quanto durante l’attivazione del primo si verifica un reclutamento di numerose cellule immunocompetenti appartenenti alla classe dei leucociti, come macrofagi, monociti e linfociti.

Il dosaggio delle proteine del complemento svolge un ruolo di estrema importanza perché consente di quantificare l’entità della risposta immunitaria, che può realizzarsi per lisi o fagocitosi.

Si tratta di un dosaggio che non fa parte delle analisi di routine, ma che viene prescritto quando il quadro diagnostico non è chiaro relativamente al tipo di reazione che l’organismo oppone agli agenti patogeni.

E’ una metodologia di diagnosi indiretta, che prevede l’isolamento delle proteine già presenti nel siero, a cui viene poi aggiunto l’antigene che rimane in incubazione per almeno 30 minuti.

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Complemento C3

Il sistema del complemento è un meccanismo aspecifico per la difesa dell’organismo ed è formato da proteine plasmatiche che lavorano in sinergia con altri elementi del sistema immunitario per l’eliminazione di agenti estranei. Le proteine del complemento si trovano, sotto forma di precursori inattivi, nel circolo ematico e vengono attivate solo in caso di necessità mediante una serie di reazioni enzimatiche a catena. Questa breve guida vuole indagare più a fondo il complemento C3 soffermandosi in modo particolare su natura dell’insieme di proteine, principali vie di attivazione del complemento, modalità di misura, valori di riferimento, interpretazione dei risultati e possibili patologie correlate a un’alterazione del dosaggio.

Che cos’è il complemento?

Il complemento è l’insieme delle proteine plasmatiche volte a completare e integrare le funzioni specifiche degli anticorpi. Questo particolare sistema protegge, dunque, l’organismo favorendo la rimozione degli agenti patogeni (specie batteri) mediante:

• interazione con immunocomplessi;

• distruzione con l’ausilio di sistemi biologici, sierici e cellulari.

Il complemento può, inoltre, agire in assenza di componente anticorpale per attivarsi in presenza di malattie autoimmuni (patologie che determinano la produzione di anticorpi che attaccano tessuti e organi dello stesso corpo).

Il sistema del complemento è costituito, più precisamente, da una trentina di proteine plasmatiche che sono, a loro volta, regolate da sotto-componenti e inibitori. Le più importanti proteine del complemento, comprese tra C1 e C9, interagiscono mediante un meccanismo a cascata e i complessi che si formano rispondono a infezioni, infiammazioni e processi di morte cellulare.

Le principali vie di attivazione del complemento

Il sistema del complemento è un meccanismo di difesa con innata immunità e non necessita, in quanto tale, di alcuna esposizione a microrganismi estranei. L’attivazione del sistema può seguire tre differenti vie.

• Classica: si innesca in virtù di una reazione tra l’antigene (batterio, virus, proteina estranea al corpo) e anticorpo.

• Alternativa: si innesca in presenza di specifiche componenti sulla superficie microbica e non dipende da anticorpi specifici.

• Lectinica: si innesca da una lectina plasmatica in seguito alla formazione di un legame con i residui di mannosio siti sulla superficie microbica.

Il denominatore comune delle tre predette vie di attivazione è costituito dalla cosiddetta proteolisi (clivaggio) del proteina C3. Il clivaggio determina la formazione di prodotti attivi che si depositano sulla membrana della cellula, responsabile dell’attivazione, e la danneggiano fino a distruggerla; altri elementi innescano, invece, una risposta infiammatoria locale.

Perché si misura il complemento?

Il test per la misurazione delle proteine del complemento è volto a monitorare il funzionamento del sistema stesso e le sue tante componenti possono essere stimate singolarmente o tutte insieme.
Le proteine a cui si fa maggiore riferimento sono, senza alcuna ombra di dubbio, la C3 e la C4 e la loro misurazione è fondamentale per studiare il legame che intercorre tra un’affezione e l’alterazione del sistema complemento. L’analisi può, inoltre, aiutare lo specialista a determinare la gravità del quadro clinico del paziente.

Gli esami di laboratorio per la stima del complemento vengono, dunque, prescritti in caso di:

• ripetute infezioni microbiche di tipo batterico;

• stati infiammatori;

• edema non riconducibile almeno apparentemente ad alcuna causa;

• sintomatologia assimilabile ad affezioni autoimmuni (lupus sistemico eritematoso e artrite reumatoide);

• glomerulo nefriti, malattie da siero e stati infiammatori dei vasi sanguigni.

La misurazione di C3 e C4 non è, però, sempre d’aiuto: in alcuni casi viene stimata l’attività totale del complemento ed eventuali valori anomali richiedono ulteriori accertamenti (misurazione delle singole proteine).

Valori normali di riferimento e modalità di misura

La stima dell’attività delle proteine del complemento prevede il dosaggio delle frazioni C3 e C4. I valori normali del complemento C3 sono i seguenti.

• Uomini: 80-150 mg/dl.

• Donne: 80-190 mg/dl.

L’intervallo di riferimento può subire alcune lievi variazioni in funzione della strumentazione disponibile nel laboratorio analisi.

L’esame per stimare il dosaggio del complemento C3 viene eseguito sottoponendo il paziente a un banale prelievo di sangue venoso dal braccio. Il test non richiede alcuna particolare preparazione, ma è bene osservare un digiuno di almeno 8 ore nel corso del quale è consentita l’assunzione di modiche quantità d’acqua.

L’analisi dei risultati sul complemento

Complemento C3 alto

Le cause del complemento c3 alto possono essere di due tipi:

  • Processi infiammatori: il complemento c3 è una proteina del sistema immunitario che viene prodotta in risposta a un’infiammazione. Pertanto, i livelli di c3 possono essere elevati in caso di processi infiammatori, come infezioni, malattie autoimmuni e malattie croniche.
  • Cause non correlate all’infiammazione: in alcuni casi, i livelli di c3 possono essere elevati anche in assenza di infiammazione. Le cause non correlate all’infiammazione includono:
    • Malattie renali: il complemento c3 viene prodotto dai reni. Pertanto, i livelli di c3 possono essere elevati in caso di malattie renali, come la glomerulonefrite e l’insufficienza renale.
    • Malattie del fegato: il complemento c3 viene metabolizzato dal fegato. Pertanto, i livelli di c3 possono essere elevati in caso di malattie del fegato, come la cirrosi epatica.
    • Malattie epatiche: il complemento c3 viene metabolizzato dal fegato. Pertanto, i livelli di c3 possono essere elevati in caso di malattie epatiche, come la cirrosi epatica.
    • Terapie farmacologiche: alcuni farmaci, come i corticosteroidi e i farmaci immunosoppressori, possono aumentare i livelli di c3.

I sintomi del complemento c3 alto sono generalmente assenti. Tuttavia, in alcuni casi, i livelli di c3 molto elevati possono essere associati a complicazioni, come:

  • Rischio di infezioni: i livelli di c3 molto elevati possono ridurre la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni.
  • Rischio di malattie autoimmuni: i livelli di c3 molto elevati possono essere associati a un aumentato rischio di malattie autoimmuni.

La diagnosi di complemento c3 alto viene effettuata mediante un esame del sangue. Se i livelli di C3 sono alti, il medico può prescrivere ulteriori test per determinare la causa sottostante.

Il trattamento del complemento c3 alto dipende dalla causa sottostante. In caso di infiammazione, il trattamento è volto a trattare la causa dell’infiammazione. In caso di malattie renali o epatiche, il trattamento è volto a trattare la malattia di base. In caso di terapie farmacologiche, il medico può valutare la possibilità di ridurre la dose o di interrompere il farmaco.

In generale, i livelli di complemento c3 sono un importante indicatore dello stato di salute del sistema immunitario. I livelli di c3 elevati possono essere un segno di un’infiammazione o di una malattia sottostante.

Complemento C3 basso

Le cause del complemento c3 basso possono essere di due tipi:

  • Deficienza congenita: è una condizione rara in cui il corpo non produce una quantità sufficiente di proteine del complemento. Le deficienze congenite di C3 sono associate a un aumentato rischio di infezioni batteriche ricorrenti.
  • Deficienza acquisita: è una condizione che si verifica quando il corpo produce quantità insufficienti di proteine del complemento a causa di una malattia o di un trattamento farmacologico. Le cause acquisite di complemento c3 basso includono:
    • Malattie autoimmuni: come il lupus eritematoso sistemico (LES), la poliarterite nodosa e la granulomatosi di Wegener.
    • Malattie infettive: come la sepsi, la tubercolosi e l’HIV.
    • Malattie croniche: come la cirrosi epatica, l’insufficienza renale e il diabete mellito.
    • Terapie farmacologiche: come la chemioterapia, la radioterapia e i corticosteroidi.

I sintomi del complemento c3 basso possono variare a seconda della causa sottostante. In generale, i sintomi possono includere:

  • Infezioni ricorrenti: soprattutto infezioni batteriche, come polmonite, sepsi e meningite.
  • Malattie autoimmuni: come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico e sclerodermia.
  • Malattie croniche: come cirrosi epatica, insufficienza renale e diabete mellito.

La diagnosi di complemento c3 basso viene effettuata mediante un esame del sangue. Se i livelli di C3 sono bassi, il medico può prescrivere ulteriori test per determinare la causa sottostante.

Il trattamento del complemento c3 basso dipende dalla causa sottostante. In caso di deficit congenito, il trattamento può includere la somministrazione di immunoglobuline o di farmaci che stimolano la produzione di proteine del complemento. In caso di deficit acquisito, il trattamento è volto a trattare la causa sottostante.




Sarcoma

Il sarcoma è una rara forma tumorale che colpisce i tessuti connettivi quali muscoli, cartilagini, nervi, vasi sanguigni e tendini. Esistono 80 diverse forme di tale neoplasia e ciascuna di esse differisce per tratti biologici e clinici; una diagnosi precisa e puntuale è, dunque, fondamentale per definire il trattamento più corretto. Il paziente non accusa alcun sintomo nelle fasi iniziali della malattia, ma successivamente sopraggiungono rigonfiamenti sugli arti superiori e inferiori, tumefazioni e dolore (queste manifestazioni sono strettamente correlate alla pressione esercitata dal tumore su nervi e vasi sanguigni). In alcuni casi possono, inoltre, evidenziarsi emoraggie e occlusioni intestinali. Esami di laboratorio, accertamenti di imaging diagnostico (ecografia, tac, risonanza magnetica) e analisi istologiche sono, come precedentemente accennato, fondamentali per la definizione del protocollo terapeutico che generalmente si fonda su interventi chirurgici e sedute di chemioterapia e radioterapia.



Morbo di Hodgkin

Il morbo di Hodgkin è un tumore del sistema linfatico che nasce da linfociti B presenti in linfonodi, milza, midollo osseo, sangue e altri organi. Questa neoplasia è generalmente presente in due forme (classica e a predominanza linfocitica) e ciascuna di esse richiede un particolare trattamento. Entrambe le neoplasie si contraddistinguono per la presenza di linfonodi ingrossati (specie nell’area cervicale), importante alterazione della temperatura corporea, sudorazione notturna, perdita di peso e prurito generalizzato lungo l’intero corpo. Tosse, dolore al petto e difficoltà respiratorie possono, invece, subentrare in presenza di un coinvolgimento dei linfonodi toracici. Il morbo di Hodgkin viene diagnosticato sottoponendo il paziente a esami di laboratorio e biopsia dei linfonodi. Seguono, quindi, test specifici per la stadiazione della malattia (tac, risonanza magnetica, ecografia e pet) e la conseguente definizione del protocollo da adottare (combinazione di chemioterapia e radioterapia).


Anemia emolitica idiopatica

L’anemia emolitica è un’affezione autoimmune riconducibile alla presenza di anticorpi anomali che attaccano gli eritrociti. Le cellule immunitarie si legano, più precisamente, alla membrana dei globuli rossi causandone la prematura distruzione mediante emolisi. Questo tipo di patologia, che può insorgere all’improvviso o in modo graduale, si contraddistingue per la presenza di importante alterazione della tempeatura, astenia generalizzata, mal di testa e forte dolore in corrispondenza della regione lombare. Il quadro presentato può, inoltre, condurre alla comparsa di tachicardia, dispnea da sforzo, sincope, ittero, colorazione scura delle urine, vertigini e ipotensione.

Complemento C4

La frazione C4 del complemento è una molecola proteica derivante dal sistema antigene-leucocitario umano (HLA) che viene implicata in una serie di funzioni relative ad autoimmunità e tolleranza immunitaria.

Si tratta di un fattore indispensabile e cruciale nel collegamento delle vie di riconoscimento all’interno del sistema antigene/anticorpo, oltre che nell’individuazione dei fattori biologici coinvolti nell’immunità innata.

La proteina C4 deriva da un modello allelico a due loci (geni C4A e C4B) che, secondo le più recenti a attendibili linee guida, sarebbe collegabile all’insorgenza di patologie psichiatriche come la schizofrenia.

Essa viene sintetizzata sotto forma di precursore inattivo a singola catena, che subisce successivamente la scissione in tre catene, probabilmente collegati ai tre differenti percorsi biomolecolari in cui si trova implicata.

Il dosaggio del complemento C4 viene richiesto per stabilire se sono presenti anomalie oppure difetti tali da provocare un’incentivazione delle risposte autoimmuni o anche un’insorgenza di infezioni, oltre che per monitorare l’andamento di eventuali terapie in corso.

Alla carenza di complemento C4 si ricollegano al 10% di tutte le immunodeficienze primarie.

Di norma il test viene eseguito in presenza di infezioni batteriche ricorrenti, di infiammazioni, di edemi immotivati, di patologie autoimmuni e come supporto al monitoraggio di alterazioni del sistema complemento globale.

Tenendo conto che il complemento è un complesso sistema formato da oltre 60 molecole proteiche, di cui 30 circolanti, è facile dedurre come possa essere rilevante l’analisi di uno dei suoi più importanti fattori, come appunto il C4.

Il complemento C4 fa parte del sistema immunitario innato che, a differenza di quello acquisito in seguito al contatto con un determinato antigene, è aspecifico, ma è comunque in grado di rispondere con notevole rapidità alle sostanze estranee.

Una sua interessante caratteristica è rappresentata dal fatto che esso non necessita di una preventiva esposizione al germe infettante in quanto non mantiene memoria di quelli con cui è venuto a contatto.

Il meccanismo “a cascata” del sistema complemento presuppone una perfezionata sequenzialità biomolecolare, secondo cui ogni reazione condiziona quella successiva.

Il C4 segue una via d’attivazione chiamata classica, che è quella più frequentemente utilizzata nelle varie tipologie di risposta immunitaria.

Il complesso di attacco alla membrana della cellula da eliminare (MAC), legandosi alla superficie dei microrganismi “non self”, provoca una lesione responsabile della lisi con fuoriuscita del contenuto.

Aumentando la permeabilità dei vasi sanguigni, il C4 consente ai globuli bianchi di passare dal sangue ai tessuti, dove è presente il processo infiammatorio.

Grazie al processo di fagocitosi, esso contribuisce a potenziare l’attività di neutrofili e macrofagi che inghiottiscono i germi, uccidendoli.

Infine esso aumenta la solubilità degli immunocomplessi formatisi e ne favorisce l’eliminazione per via ematica.

Come si nota, i meccanismi d’azione di questo complesso proteico è fondamentale per un corretto svolgimento della risposta immunitaria.

Dosaggio del complemento C4

Il C4 (insieme al C3) corrisponde alla frazione del complemento maggiormente analizzato poiché qualsiasi alterazione funzionale che lo riguardi può mostrare ripercussioni di notevole rilevanza sulla cascata di reazioni.

Di norma si procede effettuando inizialmente il dosaggio dell’intero sistema complemento (CH50) e in seguito si continua con quello delle singole componenti.

Se il dosaggio evidenzia dei valori al di fuori dell’intervallo di riferimento, è necessario completare il quadro morboso con altre indagini sierologiche, che rappresentano comunque una seconda scelta complementare.

Di solito la misura del C4 viene richiesta insieme a quella del C3 poiché è importante valutare non soltanto i singoli valori, ma soprattutto il loro rapporto.

In seguito alla diagnosi di una patologia acuta oppure cronica, la misurazione del C4 trova largo impiego per avere un’idea della gravità della malattia, collegabile sempre a una diminuzione della sua concentrazione plasmatica.

La misura del C4 può essere realizzata anche da sola (senza C3), nel caso in cui si configuri l’esigenza di discriminare tra differenti anomalie a carico del sistema immunitario.

Infatti la diminuzione della quantità di C4 è collegata a un maggiore rischio di sviluppare disordini autoimmuni, come il lupus.
In presenza di setticemia si nota invece la diminuzione contemporanea di C3 e C4.

In molti casi è consigliabile associare al dosaggio di C4 anche quello della proteina C reattiva, un indice infiammatorio di elevata attendibilità e che completa in maniera inequivocabile i risultati ottenuti dal dosaggio classico del complemento.

Complemento C4 basso

La diminuzione del C4 rappresenta la condizione comune a diverse patologie, che sono:
– infezioni batteriche ricorrenti;
– patologie autoimmuni;
– angioedema congenito;
– glomerulonefrite;
– lupus;
– artrite reumatoide;
– nefrite membranosa;
– cirrosi epatica;
– epatite;
– setticemia diffusa;
– malattia da siero;
– malnutrizione.

Complemento C4 alto

In corso di sindromi infiammatorie acute o croniche, i livelli di C4 (come anche di altre frazioni del complemento totale) risultano più elevati e si riscontrano nei seguenti casi:
– leucemia;
– linfoma di Hodgkin;
– sarcomi;
– colite ulcerosa e rettocolite ulcerosa;
– tiroidite autoimmune;
– sarcoidosi;
infarto acuto del miocardio.

In tutti questi casi è consigliabile affiancare al dosaggio del complemento C4 quello della proteina C reattiva, che subisce un innalzamento notevole durante le prime fasi della malattia e la cui concentrazione deve essere valutata contestualmente a quella delle proteine del complemento.

Trattandosi infatti di molecole proteiche, esse mostrano delle variazioni quantitative facilmente paragonabili e soprattutto indicative di uno stato patologico ancora agli stadi iniziali.

In tutti i casi di infiammazione (acuta o cronica) bisogna considerare che le variazioni biologiche delle proteine plasmatiche mostrano un andamento differente rispetto a quelle di molecole proteiche non correlate alla risposta immunitaria.

L’aumento o la diminuzione dei livelli del C4 forniscono unicamente indicazioni sul coinvolgimento del sistema immunitario ma non sono in grado di rispondere con precisione al quesito diagnostico sulla patologia responsabile dei sintomi.

Pertanto queste indagini cliniche devono essere completate con altri esami sierologici o diagnostici a discrezione del medico.

I valori fisiologici di riferimento per l’uomo sono compresi tra 10 e 40 mg/ml, mentre per la donna si riferiscono al range tra 10 e 30 mg/ml.

La refertazione richiede almeno tre giorni in quanto non si tratta di un esame di routine che viene effettuato su cinque millilitri di sangue prelevato in vena da un paziente a digiuno da almeno otto ore.

Il campione viene di norma trattato con gel polimerico contenente silice micronizzata, un substrato ritenuto di elevata attendibilità.

Le variazioni del C4 sono comunque considerate aspecifiche e quindi non indicative di una patologia in corso o pregressa, ma collegabili soltanto alla modificazione funzionale del sistema immunitario.

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