Infezioni delle basse vie urinarie: cistite

cistite

Le IBU (Infezioni delle Basse vie Urinarie) sono forme flogistiche a carico dell’apparato renale che interessano principalmente la mucosa della vescica urinaria, prendendo il nome di cistite.

L’nfiammazione può presentarsi in forma acuta oppure sub-acuta e può anche cronicizzarsi, presentando periodi di remissione alternati a fasi di acuzie, durante i quali la sintomatologia ricompare nettamente.

Quando trattata nella maniera adeguata e soprattutto tempestivamente (per impedire ai microrganismi patogeni di colonizzare i tessuti), la malattia si risolve del tutto.

Se invece le terapie non sortiscono effetti, lo stato morboso può estendersi progressivamente andando a colpire le alte vie urinarie e, attraverso gli ureteri risalire fino ai reni, innescando pericolose patologie a carico di questi organi, come la pielonefrite.

Finché il disturbo rimane confinato alle basse vie urinarie, esso può venire gestito senza grossi rischi, ma se invece esso si propaga verso i reni allora la sua gravità aumenta decisamente e diventa spesso necessario il ricovero ospedaliero.

Gli agenti infettanti possono essere di provenienza esterna ed entrare nella vescica attraverso l’uretra, oppure interna e migrare dall’intestino; il fatto che nella donna il condotto uretrale sia più corto di quello maschie spiega il motivo per cui la popolazione femminile è maggiormente soggetta all’infezione.

Le vie tramite cui i germi raggiungono la vescica sono rappresentati dai vasi sanguigni e dai dotti linfatici, oppure i patogeni possono diffondersi per continuità diretta dai focolai infettivi presenti nelle struttura anatomiche vicine alla vescica (nei casi di cistite tubercolare gli agenti provengono da focolai tubercolari a localizzazione renale).

Di solito la mucosa vescicale si mostra estremamente resistente alle infezioni che è in grado di combattere con efficaci modalità; in condizioni di salute compromesse e soprattutto in caso di ristagno urinario può succedere che essa non sia in grado di impedire la proliferazione dei microrganismi.

Quando la flogosi è acuta, la mucosa vescicale si presenta iperemica, spesso ulcerata superficialmente, congestionata e tumida e di norma viene ricoperta da un essudato purulento; nelle forme croniche invece la vescica mostra un evidente ispessimento.

La cistite è un’infiammazione di natura batterica, i cui agenti infettanti, nella maggior parte dei casi, provengono dall’intestino e appartengono alla categoria dei colibacilli (Escherichia Coli).

Le modalità di propagazione dei microrganismi si verificano solitamente durante l’atto minzionale, quando, dopo la chiusura dell’uretra al termine della minzione, insorge il reflusso uretro-vescicale responsabile del fenomeno.

Giunti nella vescica, i batteri si trovano a contatto con un mezzo liquido (l’urina) che rappresenta il substrato ideale per la loro moltiplicazione.

Cistite sintomi

Dal punto di vista clinico, la cistite si presenta come un processo infiammatorio che riguarda la mucosa vescicale e che pertanto provoca una tipica sintomatologia di tipo flogistico.

1. Pollachiuria

Si tratta di un aumento transitorio del numero di minzioni durante le 24 ore che si accompagna con una netta riduzione del volume dell’urina emessa; al termine della minzione infatti il paziente avverte una fastidiosa sensazione di mancato svuotamento della vescica, che viene avvertita ancora parzialmente ripiena di liquido e che pertanto spinge il soggetto a urinare di nuovo.
Tale condizione dipende dal fatto che la muscolatura vescicale si trova in uno stato di anomala contrazione che le impedisce di svuotarsi in maniera fisiologica.

2. Disuria

Consiste nella difficoltà a urinare, con alterazione della minzione che appare intermittente, scarsa e lenta e che non permette di liberare la vescica.
L’atto a urinare risulta estremamente faticoso e richiede uno sforzo eccessivo, con spasmo delle fibre muscolari e deviazione del getto, che può arrestarsi involontariamente e all’improvviso.

3. Stranguria

Il dolore che accompagna la difficoltosa emissione di urina provoca spesso un tipico gocciolamento intermittente che rappresenta uno dei sintomi tipici della cistite.
Per stranguria si intende appunto la sensazione dolorosa che impedisce al soggetto di urinare in maniera fisiologica, contribuendo a mantenere la vescica parzialmente piena di liquido.

4. Tenesmo vescicale

Comprende gli spasmi dolorosi che precedono l’urgente necessità di urinare, responsabili della impossibilità di effettuare una regolare minzione.
A causa di questo fattore, il malfunzionamento della vescica si associa alla percezione di una fastidiosa tensione al basso ventre, che tende ad acutizzarsi nel momento in cui il soggetto tenta (senza riuscirci) di urinare.

5. Urine torbide

La presenza di batteri nel liquido minzionale contribuisce a intorbidire le urine, che sono piene anche di tracce di muco, derivante dal processo di sfaldamento superficiale della mucosa vescicale.
Questa manifestazione è accompagnata da cattivo odore in quanto urine infette contengono abbondanti concentrazioni dei prodotti di rifiuto dei germi patogeni.

6. Ematuria

La presenza di sangue nell’urina, che può avere differenti entità, viene evidenziata da una colorazione del liquido che da giallo tende al rossastro fino ad arrivare al rosso vivo quando la concentrazione ematica è particolarmente elevata.
Di solito comunque in presenza di ematuria il colore dell’urina è soltanto più scuro.

7. Piuria

Quando l’urina contiene tracce di pus, si parla di piuria, uno stato morboso derivante dai processi flogistici a carico della mucosa vescicale.
In questo caso sono presenti leucociti in abbondanza, derivanti da un’incentivazione della loro sintesi.
In condizioni di infiammazione infatti, i globuli bianchi sono i primi ad intervenire nel tentativo di arginare il processo flogistico.

8. Febbre

La febbre può anche non comparire, ma quando è presente è sempre accompagnata da brividi; se la cistite non è complicata e tende a risolversi in tempi brevi, generalmente non si presentano accessi febbrili.
Quando invece si tratta di un episodio con tendenza a interessare anche le alte vie urinarie, si manifestano picchi febbrili molto elevati (fino a 40 gradi) caratterizzati da intensi brividi.

Nel complesso la sintomatologia della cistite è molto caratterizzante e consente di formulare una diagnosi certa; è comunque sempre consigliabile effettuare un esame delle urine completo di urinocoltura con antibiogramma, che consente di identificare sia il germe responsabile della patologia che il principio farmacologico a cui esso è sensibile.

Cause della cistite

Particolarmente presente nella popolazione femminile (si calcola che circa il 20% delle donne soffre di questo disturbo almeno una volta nella vita), la cistite mostra un’incidenza che aumenta progressivamente con l’età, arrivando a oltre il 50% delle pazienti over 60, probabilmente per l’influenza della menopausa sul funzionamento vescicale.

La carenza estrogenica viene infatti considerato il principale fattore predisponente a questo disturbo nella donna, mentre nell’uomo il disturbo è spesso associato a infiammazioni della prostata (prostatite batterica).

In condizioni normali, l’urina è un liquido sterile che quindi non crea nessun problema alla vescica; in alcuni casi invece subentrano delle cause responsabili dell’0insorgenza della malattia.

Tutte le volte in cui l’organismo si mostra maggiormente sensibile alle aggressioni batteriche, un bersaglio che può essere raggiunto con facilità è proprio la vescica, raggiungibile sia per via ascendente (uretra) che discendente (ureteri).

L’eziologia della patologia dipende sia da fattori predisponenti (che non sempre hanno effetto) sia da cause effettive (derivanti da condizioni scatenanti).

1. Debilitazione del sistema immunitario

Spesso succede che, in seguito a una terapia antibiotica di lunga durata, l’organismo si trovi in una condizione di immunodeficienza che quindi non gli consente di reagire efficacemente nei confronti dei germi infettanti.

2. pH urinario

Il pH urinario svolge un ruolo di primaria importanza nella prevenzione della cistite in quanto è risaputo che urine acide (pH basso) sono difficilmente colonizzabili dai batteri che invece riescono a moltiplicarsi in presenza di basicità (pH alto).
Pertanto tutte le condizioni che contribuiscono a innalzare il pH urinario sono responsabili della maggiore incidenza di cistite.

3. Alimentazione

Dato che questo disturbo è opportunista dato che tende a manifestarsi in soggetti che non si trovano in buone condizioni di salute, un corretto regime nutritivo, vario ed equilibrato è in grado di preservare i soggetti dall’insorgenza di cistite.
Grazie al loro notevole contenuto di vitamine e minerali, frutta e verdura sono gli alimenti più indicati per contrastare la malattia, in particolare per quanto concerne gli agrumi che, acidificando il pH, sono preziosi alleati per il benessere urinario.

4. Stress emotivi

Il coinvolgimento della sfera psico-emotiva è un fattore ormai da tempo comprovato in quanto la cistite si manifesta spesso in pazienti reduci da periodi stressanti, da esaurimento nervoso, da attacchi d’ansia o da crisi depressive.
Anche se non è ancora sicuro che esiste un collegamento reale tra questi fenomeni, è certo che soggetti stressati sono maggiormente predisposti alla patologia.

5. Scarsa igiene intima

L’igiene intima è un importantissimo fattore implicato nella genesi della cistite poiché se non vengono eliminati i microbi presenti all’esterno della vescica, essi possono sfruttare di una via d’accesso preferenziale.
Sia nella donna che soprattutto nell’uomo (dove il glande è spesso sede di accumulo di smegma) è quindi necessario che l’igiene intima sia accurata, costante ed effettuata preferibilmente con prodotti a pH acido, reperibili in farmacia.

6. Prodotti che abbassano il pH vescicale

L’impiego di creme spermicide, di diaframma e anche di assorbenti interni (se non sostituiti regolarmente) può contribuire a modificare il pH vescicale, con maggiori rischi di colonizzazione da parte dei batteri.
Bisogna inoltre tenere conto del fatto che nelle donne l’introduzione di oggetti nella vagina costituisce comunque un veicolo di infezione e quindi deve venire limitato il più possibile.

7. Abbigliamento

L’utilizzo di pantaloni troppo aderenti, di biancheria intima sintetica oppure troppo stretta rappresenta un importante fattore di rischio in grado di modificare le condizioni esterne della vescica che si trova in condizioni di anaerobiosi (scarsa disponibilità di ossigeno).
Tutte le volte in cui i tessuti non possono disporre delle fisiologica concentrazione di ossigeno, si possono instaurare fenomeni di sofferenza tessutale.

8. Cateterismo

Il catetere è un tubo che viene introdotto nella vescica attraverso l’uretere per consentire il deflusso dell’urina in condizioni patologiche (dopo un intervento chirurgico, in presenza di vescica neurologica, in caso di ipertrofia prostatica e altro).
Il cateterismo è un fenomeno temporaneo che si protrae soltanto per il periodo necessario; in alcuni casi esso può essere permanente (catetere a dimora) e quindi rappresenta una via d’accesso privilegiata per i germi patogeni che riescono a penetrare nella vescica attraverso questo dispositivo.

9. Diabete

In caso di diabete complicato con glicosuria, la presenza di glucosio nelle urine contribuisce a creare un habitat ideale per i batteri che, essendo disciolti in un liquido dolce riescono a moltiplicarsi con estrema velocità in quanto possono disporre di nutrimento.

10. Malattie sessualmente trasmissibili

Esiste una netta correlazione tra alcune patologie sessuali, come blenorrea oppure gonorrea, e insorgenza di cistite dato che la colonizzazione batterica provocata da tali patologie può arrivare a interessare anche l’apparato urinario.

Cistite emorragica

Caratterizzata dalla perdita di cospicue quantità di sangue, spesso accompagnato da coaguli, la cistite emorragica viene considerata come una complicazione di quella normale.

La presenza di ematuria macroscopica (macroematuria) spesso si trasforma in una vera e propria emorragia che tende a peggiorare nel tempo ad ogni minzione.

Questo fenomeno è espressione di un esteso danno a livello dell’epitelio vescicale di transizione, che coinvolge anche i vasi sanguigni circostanti, probabilmente causato dall’accumulo di tossine e di germi patogeni.

Il disturbo insorge soprattutto quando le condizioni circolatorie del paziente sono piuttosto compromesse dalla presenza di una più o meno evidente fragilità vasale.

In tale situazione la presenza di agenti infettanti (batteri o virus) provoca un marcato sfaldamento epiteliale a livello del microcircolo con successiva emissione di sangue nella vescica.

I batteri responsabili della cistite emorragica sono principalmente Klebsiella, Proteus, Pseudomonas oltre che Escherichia Coli di origine intestinale.

La cistite emorragica può essere causata anche da fattori non infettivi, come ad esempio:
– radioterapia
se eseguita nella zona pelvica, essa può innescare una perdita ematica durante la minzione;
– chemioterapia
in oltre il 70% dei pazienti oncologici si verifica un disturbo di questo tipo;
– patologie professionali
lavoratori esposti all’0anilina o al toluene sono maggiormente a rischio.

I sintomi comprendono quelli tipici della cistite, come pollacuria, stranguria, tenesmo vescicale, dolore durante la minzione, disuria e bruciore, oltre ai quali è sempre presente una perdita ematica di varia intensità.

Il trattamento elettivo per questo genere di cistite prevede il lavaggio vescicale, con instillazione di sostanze emostatiche il cui ruolo è quello di bloccare le perdite di sangue, oltre che di disinfettare le pareti della vescica.

Infatti la presenza di ulcerazioni sulle pareti dell’organo costituisce un notevole fattore di rischio per eventuali sovra-infezioni batteriche che potrebbero insorgere su una base già ampiamente compromessa.

Pertanto è necessario da un lato fermare l’emorragia e d’altro lato eliminare l’infiammazione batterica che potrebbe peggiorare ulteriormente il quadro morboso.

Cistite in gravidanza

Disturbo piuttosto comune nelle gestanti, la cistite in gravidanza si instaura in seguito della spiccata vulnerabilità della mucosa vescicale provocata dalle modificazioni ormonali tipiche di questo periodo.

L’aumento della produzione di progesterone contribuisce a favorire il rilassamento delle fibre muscolari lisce dell’apparato urinario, con conseguente rallentamento del flusso che produce un minor effetto dilavante.

Pertanto l’urina tende a ristagnare e può succedere che i batteri si moltiplichino con maggiore intensità innescando il disturbo.

La compressioni meccaniche che l’utero gravido esercita sulle pareti della vescica e sull’uretere svolgono un’azione irritativa.

Tutti questi fattori predisponenti determinano l’insorgenza della cistite che spesso si manifesta nel terzo trimestre della gestazione.

Nella maggior parte dei casi questa patologia si risolve senza alcuna complicazione, ma se la madre si trova in uno stato di immunodepressione può succedere che i germi infettanti, se non adeguatamente eliminati da una cura specifica, tendono a risalire attraverso gli ureteri verso i reni.

In tali situazioni è possibile che si verifichino delle nascite premature o anche che il feto subisca qualche rallentamento nello sviluppo.

tenendo conto che la gestante non può assumere qualsiasi tipo di antibiotico, ma soltanto quelli che non presentano effetti avversi sul bambino, la cura della cistite in gravidanza deve rivelarsi tempestiva e adeguata.

Di norma all’antibiotico viene affiancato un antinfiammatorio come il paracetamolo, un farmaco estremamente efficace ,a quasi privo di controindicazioni e soprattutto innocuo per il nascituro.

Cistite nei bambini che fare

Presente sia nel lattante che nel bambino di qualche anno, la cistite infantile ha prevalentemente un’eziologia batterica a carico di Escherichia Coli (75% dei casi) oppure di Klebsiella.

Anche in età pediatrica le più colpite sono le femmine che lamentano spesso un intenso bruciore associato alla minzione.

I lattanti mostrano irrequietezza e pianto continuo, peggiorato nel momento di emissione delle urine, quando il dolore diventa quasi intollerabile.

L’impiego del pannolino peggiora notevolmente la situazione in quanto facilita la contaminazione fecale delle vie urinarie, aumentando la diffusione di Escherichia Coli che il batterio maggiormente coinvolto.

In età pre-scolare il bambino di norma si trattiene dall’emettere l’urina nel momento in cui avverte la fitta dolorosa e quindi non liberando la vescica contribuisce ad acuire i sintomi.

Il principale problema collegato a questo tipo di cistite è proprio la difficoltà nella diagnosi, in quanto il piccolo paziente spesso non riesce a spiegare compiutamente quello che avverte.

D’altra parte non è consigliabile neppure l’assunzione di antibiotici ad ampio spettro che potrebbero provocare pericolose resistenze al farmaco.

Pertanto in caso di cistite pediatrica, prima di incominciare qualsiasi trattamento farmacologico è necessario effettuare un esame colturale delle urine completo di antibiogramma, allo scopo di identificare il principio attivo mirato al tipo di germe patogeno.

Le possibili complicazioni della malattia comprendono vomito, febbre alta e letargia che, soprattutto nella primissima infanzia, si rivelano particolarmente rischiose.

Anche la ritenzione idrica conseguente alla difficoltà di urinare può evolvere in problemi piuttosto seri che devono venire curati il più presto possibile.

La dose di antibiotico deve essere definita in base al peso del bambino e alle sue condizioni di salute, per non correre il rischio di affaticare l’apparato renale, già danneggiato dall’infezione.

Mai come in questi casi la prevenzione si conferma la metodica più indicata; a questo proposito è indispensabile curare con particolare attenzione l’igiene intima del bambino, cambiando spesso i pannolini e detergendo le parti intime con prodotti neutri.

Bisogna inoltre convincere i piccoli a non interrompere la minzione per evitare il ristagno di urina nelle vescica.

Cistite interstiziale

La cistite interstiziale costituisce una delle malattie più complesse in ambito urologico in quanto la sua eziologia non è stata ancora chiarita con precisione, anche se le ipotesi vertono su fattori ormonali, vascolari o anche neurologici.

In alcuni pazienti questo disturbo si manifesta in assenza di infezioni di qualsiasi genere e neppure di altre malattie a carico della vescica.

Una tra le ipotesi maggiormente attendibili ricollega la cistite interstiziale a patologie trasmissibili sessualmente, anche se, trattandosi di una malattia multifattoriale probabilmente le cause sono molteplici.

Pur essendo presente su soggetti di entrambi i sessi e di qualsiasi età, questa sindrome predilige le donne tra i 20 e i 50 anni, confermando ancora una volta che è la popolazione femminile ad essere più colpita.

Dal punto di vista clinico (analisi ecografica) la vescica dei pazienti risulta assolutamente normale, nonostante l’intensa dolorabilità che li colpisce, così come l’urina non mostra nessuna alterazione di tipo chimico-fisico.

Le analisi microbiologiche risultano infatti negative e le terapie antibiotiche non hanno nessun riscontro positivo.

Una delle caratteristiche più tipicizzanti di questo disturbo è il suo notevole collegamento con gli organi genitali; nella donna infatti insorgono forti dolori vaginali che impediscono qualsiasi rapporto sessuale, mentre nell’uomo è presente male allo scroto e ai testicoli, oltre che durante l’eiaculazione.

L’unica alterazione collegabile alla patologia consiste in una modificazione istologica della parete vescicale, evidenziabile soltanto mediante cistoscopia.

Il quadro generale del paziente comprende sintomi non direttamente collegabili alle forma di cistite, che prevedono dolori articolari e muscolari, cefalea, dolori gastrici e intestinali, e forme allergiche.

La diagnosi si presenta particolarmente difficile e viene sempre formulata per esclusione, soprattutto basandosi sui reperti della cistoscopia, un esame diagnostico invasivo di tipo endoscopico che consente di osservare le pareti interne della vescica.

Prima dell’esecuzione dell’analisi viene effettuata un’idro-distensione della vescica mediante iniezione di soluzione idrico-salina, il cui ruolo è quello di aumentare il volume della vescica distendendo le sue pareti.

La mucosa vescicale appare ricoperta di piccole macchie rossastre simili a petecchie, che mostrano una notevole tendenza a ulcerarsi; queste lesioni, denominate Ulcere di Hummer, rappresentano il segno caratteristico della cistite interstiziale.

Tramite prelievi multipli di tessuto viene eseguita una biopsia che rileva la presenza di un tipico infiltrato infiammatorio con glomerulazioni tissutali e accumuli di cellule immunitarie, ma senza infezioni.

Una volta diagnosticata, questa malattia deve essere trattata terapeuticamente, anche se non risponde a nessun principio farmacologico.

Un altro dato indicativo per questa patologia è l’urinocoltura che risulta negativa nonostante che il soggetto riferisca sintomi tipici della cistite batterica.

La terapia del disturbo non prevede l’assunzione di antibiotici dato che non è presente alcuna forma di infiammazione, ma piuttosto di antidolorifici e di FANS; medicinali particolarmente efficaci sono il pentosan polisolfato e la cimetidina.

In casi estremamente compromessi è anche possibile iniettare direttamente in vescica delle soluzioni a base di eparina e dimetilsulfossido, dotati di notevoli proprietà riparative.

Grazie alle sue comprovate funzioni, l’acido ialuronico trova largo impiego nel trattamento delle forme cronicizzate che risultano resistenti agli altri trattamenti.

Cistite maschile

Caratterizzata dai tipici sintomi della cistite, quella maschile si presenta come un disturbo decisamente destabilizzante e dannoso, in grado di compromettere notevolmente lo stile di vita del paziente.

Le cause della cistite uomo sono:
– infezione batterica;
– infezione indotta da farmaci;
– presenza di un corpo estraneo (catetere vescicale);
– esposizione a sostanze chimiche tossiche.

L’anatomia dell’apparato uro-genitale maschile deve tenere conto della presenza della prostata, una ghiandola aderente al pene che controlla la composizione del liquido seminale.

Quando la prostata si infiamma, tende ad aumentare di volume e. poiché si trova aderente all’organo maschile, contribuisce a interrompere il normale flusso urinario.

Come conseguenza l’urina rimane nella vescica e consente l’inavvertita proliferazione dei germi infettanti, con insorgenza della cistite maschile che si manifesta con notevole frequenza oltre i 40 anni.

Nella popolazione maschile questa forma di cistite è indotta da due cause più comuni, che sono:
– cistite da corpo estraneo;
– cistite chimica.

– Nel primo caso solitamente è presente un catetere a dimora che viene sostituito ogni 4 settimane e che consente un collegamento diretto tra vescica ed ambiente esterno.

La presenza di tale corpo estraneo è in grado di causare piccole lesioni alla mucosa della parete vescicale che possono creare i presupposti per un’infiammazione diffusa.

– Nel secondo caso il disturbo insorge nel momento in cui il soggetto viene a contatto con principi attivi presenti nei prodotti per l’igiene intima, spesso troppo aggressivi.

I sintomi, la diagnosi e la terapia di questo disturbo sono del tutto analoghi a quelli della cistite normale, con l’unica differenza che negli uomini esso è quasi sempre associato a forme infiammatorie della prostata, che di solito sono causate da batteri.

Diagnosi della cistite

La diagnosi della cistite si basa sull’esame obiettivo del paziente e sulla sua sintomatologia, sul quadro anamnestico (eventuali episodi precedenti di cistite) e su alcune indagini cliniche.

Innanzitutto è necessario effettuare un esame chimico-fisico dell’urina, completato dall’urinocoltura; quest’ultimo è un esame finalizzato all’identificazione dei batteri presenti nel liquido minzionale che vengono scoperti dopo 48 ore di semina sul terreno colturale.

Contestualmente è opportuno abbinare anche il test dell’antibiogramma consistente nella ricerca dei principi attivi farmacologici a cui il germe patogeno è sensibile; questa analisi è particolarmente utile per impostare correttamente una terapia antibiotica, evitando l’impiego di medicinali inefficaci.

Ogni batterio è sensibile a uno o più antibiotici secondo un maggiore o minore grado di ricettività; selezionando il medicinale più specifico si ha la garanzia di eliminare completamente il germe.

L’assunzione di un antibiotico aspecifico consente un effetto batteriostatico (il microrganismo non si moltiplica), ma non battericida (il microrganismo viene ucciso).

Come conseguenza, il batterio rimane nella vescica, pronto a riacutizzarsi quando le condizioni ritornano favorevoli, secondo il principio dell’antibiotico-resistenza.

Pertanto è indispensabile selezionare l’antibiotico specifico per avere la certezza di sradicare del tutto il germe, e di evitare eventuali cronicizzazioni e recidive in tempi successivi.

Dato che queste analisi richiedono almeno 72 ore per essere eseguite, se il paziente si trova in condizioni sfavorevoli, è possibile usare un antibiotico ad ampio spettro in attesa di conoscere quello specifico.

Analizzando l’esame dell’urina, si considera normale una percentuale di batteri inferiore a 10mila colonie per millilitro, mentre oltre 100mila colonie per millilitro indicano una certa batteriuria.

Trattandosi di una patologia multifattoriale, la cistite in fase recidivante richiede approfondimenti diagnostici comprendenti una visita ginecologica oppure urologica e accertamenti endocrinologici e gastroenterologici.

Trattamento della cistite

Il primo approccio terapeutico alla cistite prevede un’abbondante idratazione dell’organismo, da realizzare assumendo molti liquidi nelle 24 ore; infatti incentivando il ricambio idrico è possibile facilitare l’eliminazione dei microrganismi infettanti.

Una volta identificato l’antibiotico specifico è quindi necessario impostare la terapia con una durata di almeno 8-10 giorni, per avere la garanzia di eliminare completamente il batterio.

Cistite farmaci



I principi attivi maggiormente utilizzati sono:
– fosfomicina;
– ampicillina (beta-lattamico);
– amoxicillina (beta lattamico);
– levofloxacina (fluorochinolone);
– ciprofloxacina (fluorochinolone);
– nitrofurantoina (nitrofurani);
– trimetroprim (sulfamidico).

Di norma vengono prescritti anche medicinali antinfiammatori (FANS) il cui ruolo è quello di combattere la flogosi e nello stesso tempo di attenuare la sintomatologia dolorosa che spesso è presente.

In alcuni casi è utile associare anche medicinali anti-spastici per contrastare la eccessiva contrazione della muscolatura vescicale durante i ripetuti tentativi di urinare.

Tenendo conto del coinvolgimento intestinale di questo disturbo, è consigliabile l’impiego di fermenti lattici e di probiotici, che garantiscono un buon funzionamento del bioma (batteri “buoni”) in grado di contrastare la proliferazione dei germi patogeni.

Cistite rimedi naturali

I rimedi fitoterapici contro la cistite derivano da estratti vegetali e sono di solito molto efficaci, a patto di essere assunti tempestivamente e per un adeguato periodo di tempo.

Grazie all’elevata concentrazione di glicosidi idrochinonici, flavonoidi e tannini, l’uva ursina viene considerata uno dei rimedi più efficaci per la sua azione antimicrobica e antisettica.

Il mirtillo rosso, contenente antochine, antocianidine e numerose vitamine, funziona impedendo l’adesione dei batteri alle cellule epiteliali dell’intero tratto urinario in quanto rende antiadesiva la superficie delle mucose, impedendo l’aderenza dei batteri.

Oltre a questi, che sono considerati i rimedi più efficaci, ci sono altre piante utili come il corbezzolo, il sandali, l’echinacea, la bardana e il nasturzio, sempre a patto che vengano assunti con abbondanti quantitativi di acqua oppure di tisane.

La camomilla, grazie al suo effetto blandamente sedativo e miorilassante, svolge un’azione antinfiammatoria sul tratto urinario sfruttando la presenza di quercitina, un flavonoide estremamente efficace.

Cistite cosa mangiare

Il principio basilare su cui deve essere impostata una dieta in caso di cistite riguarda i requisiti del suo equilibrio nutrizionale, tenendo conto per contrastare questo disturbo è necessario incentivare notevolmente l’introduzione di verdura e soprattutto di frutta.

Bisogna quindi privilegiare prodotti freschi di stagione, consumando almeno due porzioni di frutta e due dii verdura ogni giorno, preferibilmente senza cottura per mantenere intatti tutti i principi attivi.

I carboidrati devono essere limitati al minimo e comunque optando per quelli integrali, per evitare l’introduzione di zuccheri raffinati, svantaggiosi per l’insorgenza di pericolosi picchi glicemici.

Riso e cereali integrali possono sostituire la pasta di semola, tutti i prodotti da forno dovrebbero essere confezionati con farine integrali, soprattutto frumento.

Sono da evitare assolutamente tutti i cibi-spazzatura, ricchi di conservanti e di additivi artificiali, oltre che di zuccheri e di grassi saturi; gli insaccati e la carne rossa devono essere quasi banditi.

I latticini possono favorire la proliferazione batterica e pertanto devono essere mangiati sotto forma di yogurt (che essendo acido contribuisce a diminuire il pH) oppure di latte totalmente scremato.

I legumi, ricchissimi di proteine vegetali, possono vantaggiosamente essere consumati al posto della carne, in quanto il loro apporto nutrizionale si conferma di ottima qualità.

Bisogna eliminare completamente i grassi di origine animale (burro, strutto e lardo) da sostituire con olio EVO (Extra Vergine d’Oliva), contenente acidi grassi insaturi ricchi di omega 3 e di omega 6.

E’ consigliabile eliminare quasi completamente caffé e soprattutto bevande alcoliche, limitandosi al consumo di un bicchiere di vino (preferibilmente rosso) al pasto.

In caso di cistite gli obiettivi dietetici da raggiungere sono:
– acidificare il pH;
– aumentare le difese immunitarie;
– depurare l’organismo dalle tossine accumulate;
– evitare i picchi glicemici;
– facilitare la digestione;
– assicurare un’idratazione adeguata (almeno 2 litri al giorno);
– mantenere il proprio peso ideale.

Recentemente l’attenzione scientifica si è concentrata sul mannosio, uno zucchero semplice (monosaccaride a 6 atomi) che è assorbito limitatamente in quanto viene eliminato soprattutto con le urine.

Assumendo 2,5 grammi di questo zucchero ogni giorno, si è rilevata una minore incidenza di recidive su pazienti affetti da cistite cronica, come conseguenza delle proprietà antibatteriche di questo zucchero.

La cistite, che può presentarsi sotto diverse forme, è una patologia multifattoriale che pertanto richiede una scrupolosa indagine clinica e batteriologica.

Quando un paziente lamenta dolori e sintomi compatibili con essa è necessario procedere con step successivi, che sono:
– raccogliere un campione d’uria delle ultime 12 ore;
– eseguire un esame fisico-chimico del reperto;
– seminare il substrato per ottenere un’urino coltura;
– richiedere anche l’antbiogramma.

Cistite cura

Una volta identificato il principio farmacologicamente attivo è necessario incominciare la cura, da proseguire per almeno 8-10 giorni.

Di solito un batterio è sensibile a più di un antibiotico, anche se con diversi gradi di reattività; pertanto è sempre utile analizzare il rapporto rischio/beneficio prima di qualsiasi genere di terapia.

Per scongiurare il rischio dell’antibiotico-resistenza è indispensabile continuare la terapia per un lasso di tempo sufficiente a debellare completamente il microrganismo infettante, che potrebbe attaccare nuovamente il suo organo bersaglio (vescica) con forme recidivanti.

Dopo otto giorni dal termine del trattamento antibiotico è consigliabile ripetere l’esame colturale delle urine, a conferma dell’effettiva eliminazione del batterio.

Qualora il risultato dell’urinocoltura fosse positivo, significa che un ceppo batterico è sopravvissuto , trasformandosi in forma recidivante in grado di provocare una nuova infiammazione della parete vescicale.

Il protocollo terapeutico a questo punto prevede di cambiare antibiotico, prescrivendone un tipo contenente principi attivi differenti dal precedente, oppure di affrontare una cura integrata con più tipi di farmaci, la cui sinergia si rivela spesso risolutiva.