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neoplasma significato

Neoplasma significato di questa neoplasia

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Che cosa si intende per neoplasma

In ambito clinico, il termine “neoplasma” indica una massa di cellule anomale caratterizzata da un accrescimenti indifferenziato ed estremamente rapido, difficilmente controllabile dai normali meccanismi fisiologici.

neoplasma significato

Questa formazione può essere benigne, pre-cancerosa oppure maligna, dato che tale neoformazione presuppone inizialmente soltanto un anomalo sviluppo cellulare.

Una delle sue caratteristiche principali si collega al fatto che la crescita ingovernabile della massa prosegue anche dopo la cessazione dello stimolo che l’ha provocata.

Si tratta quindi di un’associazione di cellule, il cui eccessivo accrescimento non è coordinato a quello dei tessuti normali, ma mostra la tendenza a invaderli, modificando anche il loro metabolismo.

Il vocabolo “neoplasma” ha un’etimologia greca, e deriva dai due termini “neo”, che significa “nuovo” e “plasma” che significa “formazione”.
Questo è infatti l’aspetto morfologico della struttura anatomica.

Tale vocabolo, che in origine implicava (e implica tuttora) il concetto di “formazione ex-novo”, è diventato indicativo di vari processi patologici accomunati dalla caratteristica di derivare da un accrescimento anomalo di un organo oppure di un tessuto.

La definizione, che comunemente viene collegata a forme cancerogene, presuppone sempre la presenza di un elemento progenitore, da cui, in seguito a incontrollati processi di divisione cellulare, ha origine la massa.

Gli elementi derivanti dal progenitore mostrano caratteri tipici delle cellule clonali, e pertanto spesso vengono definiti appunto “cloni citologici”.
Tuttavia il requisito di clonality non è sempre presente, e pertanto non può essere considerato un criterio discriminante per definire il neoplasma.

In alcuni casi, infatti, le caratteristiche genetiche delle cellule costituenti la neoformazione sono effettivamente identiche (clonality positiva), mentre in altre non sono evidenziabili (clonality negativa).

Complessivamente si può affermare che il neoplasma è una formazione anormale, spesso patologica, innescata dalla divisione troppo rapida delle cellule che, non avendo tempo sufficiente per svilupparsi in maniera adeguata, risultano indifferenziate e quindi incapaci di svolgere le loro funzioni fisiologiche.

Il concetto di neoplasma, che secondo la tradizionale concezione di Vircow è diventato sinonimo di neoplasia, viene associato (almeno in fase d’esordio)a una tumefazione, potenzialmente diversificabile in un secondo tempo.

Dal punto di vista biologico, tutto quello che mostra uno sviluppo disordinato e incontrollabile, è comunque indicativo di qualcosa di patologico e, come tale, deve venire sottoposto a indagini mirate.

Pur non perdendo i suoi caratteri primitivi di neoformazione, il neoplasma si identifica di solito per un aspetto circoscritto, evidenziabile e analizzabile.

Lo sfiancamento progressivo di un’arteria, che provoca l’insorgenza di formazioni sacculari chiamate aneurismi, pur essendo caratterizzato da un accrescimento più o meno rapido, non appartiene alla categoria dei neoplasmi, dato che manca l’ammasso di cellule in rapida divisione.

Se un microrganismo innesca un processo infiammatorio accompagnato da gonfiore, si verifica effettivamente un aumento dimensionale di una porzione anatomica, ma che non può essere definito neoplasma.

Meccanismi di divisione cellulare

La continuità delle specie viventi deriva dalla divisione delle cellule, un processo che avviene secondo ben determinate procedure fisiologiche; quando tale moltiplicazione riguarda le cellule somatiche, si parla di mitosi; quando invece si riferisce ai gameti (cellule riproduttive) si parla di meiosi.

Il completamento di questi cicli cellulari richiede un tempo definito, necessario per consentire l’espletamento di tutte le funzioni di moltiplicazione degli organelli normalmente presenti nel nucleo e nel citoplasma.

Se tale tempistica non viene rispettata e quindi i meccanismi di suddivisione degli elementi citologici non procede in maniera corretta, si determina una condizione altamente rischiosa.

Il pericolo principale è quello che le cellule discendenti non posseggano i medesimi caratteri di quella progenitrice, determinando dunque delle mutazioni quasi sempre nocive.

Infatti l’organismo vivente possiede meccanismi di controllo sullo svolgimento delle funzioni fisiologiche, che possono venire modificati qualora le cellule siano mutate.

Il completamento del ciclo biologico di moltiplicazione cellulare dipende da un insieme di fattori esterni (temperatura, disponibilità di sostanze nutritive, stress funzionali) e interni (complementarietà con elementi contigui e meccanismi di controllo a feed-back).

Non appena una cellula-figlia si separa da quella progenitrice, è immediatamente in grado di incominciare un nuovo ciclo autonomo, caratterizzato da tutti requisiti indispensabili alla sopravvivenza.

L’intero processo avviene per fasi: sono infatti previsti momenti di sintesi (“S”), quando il materiale genetico si duplica, alternati a momenti di intervallo (“G”, che significa “gap” ovvero “intervallo”), durante cui la cellula accumula le sostanze nutritive necessarie per portare a compimento la procedura.

Non tutte le cellule dell’organismo sono dotate della capacità di moltiplicarsi: ad esempio gli epatociti (elementi citologici del tessuto epatico) non si dividono, così come i neuroni (cellule del sistema nervoso).


In simili situazioni è chiaro che la perdita di elementi costituisce un rischio notevolissimo.

I meccanismi di controllo sulla divisione cellulare sono estremamente perfezionati e vengono a loro volta supervisionati da attività enzimatiche altamente specializzate, da ormoni e da neuromediatori.

Quando comunque si verifica un’interruzione di tali controlli, le cellule letteralmente impazziscono, moltiplicandosi in modo incontrollato sia dal punto di vista quantitativo (proliferazione numerica eccessiva), sia qualitativo (produzione di elementi immaturi e nocivi alla salute).

Caratteristiche del neoplasma

La prima caratteristica del neoplasma è senza dubbio collegata al suo accrescimento patologico, tanto più evidente, quanto maggiore è la zona anatomica interessata.

Spesso succede che le porzioni di tessuto o di organo colpite, raggiungono dimensioni molto notevoli, nello spazio temporale di settimane o di mesi.

A seconda della tipologia di evoluzione, che può essere benigna oppure maligna, si possono fare previsioni sulla prognosi (favorevole o nefasta) della formazione.

Quando si verifica uno sviluppo maligno, oltre a coinvolgere gli organi adiacenti e i tessuti limitrofi, possono insorgere il distacco e il trasporto di ammassi cellulari, che raggiungono distretti anche molto lontani.

In tali condizioni queste metastasi condizionano molto sfavorevolmente l’evoluzione della malattia.

In presenza di un neoplasma, la sua prima caratteristica da analizzare riguarda la tipologia degli elementi cellulari, dato che soltanto in seguito a una valutazione citologica è possibile identificare il ceppo progenitore.

In seguito bisogna indagare sulla quantità, disposizione, forma, dimensioni e rapporti con l’organismo ospitante, per essere in grado di tipicizzare la neoformazione, la cui espressione biologica deve essere identificata con precisione.

A una primitiva palpazione, qualsiasi neoplasma può avere caratteri simili e indistinguibili che, soltanto dopo indagini mirate e più approfondite, possono diventare evidenti.

Di solito le tappe si ripetono con una certa sequenzialità: si parte dall’osservazione della presenza di un nuova massa atipica: questo tessuto nuovo tende a evolvere da un primitivo carattere circoscritto.

Tipologie di neoplasma

Clinicamente il neoplasma può essere di tre tipi, e cioè:
1. Benigno;
2. Pre-canceroso;
3. Maligno.

Neoplasma benigno

Il neoplasma benigno è una neo-formazione di cellule anomale, ma non degenerate verso la malignità, che quindi non sono pericolose per la salute.

Si tratta senza dubbio di un ammasso citologico anomalo e caratterizzato da alcuni requisiti tipicamente dismetabolici, ma che non comporta rischi per la sopravvivenza.

Tipici esempi sono i lipomi (ammassi di lipociti), i fibromi (formati da elementi fibromatosi), i polipi, le cisti e i tumori benigni.
Complessivamente queste strutture non malignano, dato che le loro cellule, pur essendo anomale, non mostrano caratteri cancerogeni.

Qualsiasi crescita cellulare, anche se benigna, deve venire monitorata, analizzata e possibilmente eliminata, poiché in ogni caso è in grado di portare all’insorgenza di sintomi più o meno significativi.

Infatti una massa citologica di solito svolge un’azione tensiva su strutture anatomiche adiacenti, come ghiandole, vasi sanguigni e nervi, presenti in ogni distretto del corpo.

Può succedere quindi che tali neoformazioni provochino la chiusura (parziale o totale) di un vaso sanguigno; la compressione di tessuti ghiandolari o nervosi.

Un neoplasma benigno mostra una tendenza a crescere che è decisamente più lenta di quelli maligni, in quanto i ritmi di divisione cellulare non sono tanto rapidi.

Esso inoltre non è dotato della capacità di spargere in circolo elementi metastatici e pertanto rimane confinato alla zona dove si è sviluppato.
Può essere quindi definito come una neoplasia che non metastatizza.

Il suo tipico comportamento si traduce in una crescita esuberante della massa, che aumenta le proprie dimensioni in maniera esuberante, rapida e disordinata, comprimendo gli organi contigui, senza però infiltrarsi.

Il suo aspetto è di struttura non cancerogena, ma altamente proliferativa, in grado di provocare l’insorgenza di un quadro sintomatologico collegato al tipo di tessuti coinvolti.

Infatti, a seconda della sua localizzazione, una formazione di questo genere può provocare conseguenze differenti, in rapporto alla compressione di ghiandole oppure nervi.

Una neoformazione benigna tende a svilupparsi piuttosto lentamente e, a seconda del suo posizionamento, può essere agevolmente asportato.

I principali fattori eziologici di simili formazioni sono:
• esposizione a raggi ultravioletti;
• contaminazione con agenti inquinanti;
• contatto con tossine esogene (ambientali);
• produzione di tossine endogene (organiche);
• sindromi infiammatorie;
• infezioni;
• traumi;
• degenerazione di lesioni.

In tutti queste condizioni, il tessuto coinvolto incomincia immediatamente a dividersi in maniera incontrollata, dando origine alla formazione di elementi citologici spesso immaturi e incapaci di svolgere un normale ciclo biologico.

Tipi di neoplasma benigno

Le tipologie di neoplasma benigno sono essenzialmente 4, e precisamente:
• adenoma;
• fibroma;
• emangioma;
• lipoma.

• Adenoma

L’adenoma è una formazione benigna che deriva dalla proliferazione di un tessuto secretore di tipo ghiandolare o mucoso, di solito origina da cellule epiteliali presenti su ghiandole esocrine, ad esempio tiroide, paratiroidi, surrenali, ipofisi, eccetera.

Alternativamente, può derivare da cellule epiteliali di organi non ghiandolari ma dotati di caratteristiche secretorie, come ad esempio la mucosa che riveste le pareti di stomaco, colon ed esofago.

La causa scatenante è collegabile a una serie di mutazioni che coinvolgono il DNA delle cellule epiteliali, le quali dopo avere modificato il loro patrimonio genetico, si riproducono in maniera incontrollata e molto veloce.

Il tipo più comune di adenoma presente nell’organismo umano è il polipo intestinale del colon, che si distingue dalla forma maligna chiamata adenocarcinoma.

Gli adenomi mostrano un ritmo di crescita relativamente basso, non sono dotati di potere infiltrante nè metastatizzante.

Prevalentemente conosciuti come tumori ghiandolari, gli adenomi derivano da una serie di mutazioni che possono comparire in differenti momenti della vita, provocando un lento accumulo di alterazioni durante il processo di invecchiamento.

Tra le varie attività del DNA c’è anche quella di riparare le mutazioni che lo coinvolgono, sfruttando un perfezionato meccanismo di autodifesa che nella maggior parte dei casi impedisce la sua proliferazione verso la malignità.

Dal punto di vista istologico, l’adenoma presenta differenti tipi di displasia, che possono essere di grado basso, di grado moderato e di grado elevato.

Le cellule displasiche sono elementi modificati per forma e dimensioni, che contengono organuli anomali e organizzati in maniera differente rispetto alle cellule normali.

A seconda della loro localizzazione, gli adenomi prendono il nome dell’organo su cui si sviluppano.

Il più comune tra queste neoformazioni è senza dubbio l’adenoma del colon, conosciuto anche come polipo intestinale, che richiede sempre la rimozione chirurgica in quanto tende a degenerare.

Secondo attendibili statistiche, oltre il 40% delle persone ultrasessantenni presenta uno o più adenomi del colon.

L’adenoma ipofisario o tiroideo, che sono forme piuttosto diffuse, contribuiscono a modificare la secrezione ormonale, provocando sintomi caratteristici e disseminanti; anche in questo caso si consiglia la rimozione chirurgica o alternativamente la radioterapia.

L’adenoma al seno che colpisce le donne tra i 15 e i 30 anni, è una formazione benigna localizzata a livello dei lobuli ghiandolari, che può degenerare in carcinoma; per una diagnosi precisa di questo neoplasma è sempre necessario ricorrere alla biopsia per identificare con precisione la tipologia delle cellule.

• Fibroma

Il fibroma è una neoformazione benigna derivante dalla degenerazione del tessuto connettivo di tipo fibroso: si tratta di agglomerati cellulari caratterizzati da un’elevata attività proliferativa, che non mostrano capacità infiltrante sui tessuti circostanti.

Il tessuto connettivo fibroso (denso) è formato prevalentemente da fibre collagene di tipo I, prodotte dai fibroblasti; dal punto di vista anatomico, si presenta con un aspetto elastico e trabecolato, che svolge un’efficace funzione di supporto.

Lo si ritrova nei tendini, nei legamenti e nel derma, che è lo strato più profondo della pelle.

I fibromi possono colpire entrambi i sessi a qualsiasi età, sono abbastanza frequenti infatti anche fibromi della prima infanzia (forma non ossificante), degli adulti (fibroma uterino nella donna e angiofibroma nell’uomo), e dell’adolescenza (dermatofibroma).

È molto rara la possibilità di trasformazione in carcinoma, poiché questo neoplasma è costituito unicamente da fibroblasti e fibre collagene, originate dal mesenchima.

A seconda della loro consistenza, si suddividono in fibromi duri come il dermatofibroma, e in fibromi molli come quello pendulo.

La tipologia più comune di questa neoformazione è senza dubbio il fibroma uterino, detto anche mioma, riscontrabile prevalentemente nella fascia di età compresa tra 30 e 40 anni.

A seconda della sua localizzazione, si distinguono quattro tipologie, che sono il fibroma sottomucoso (a livello dell’endometrio), il fibroma sottosieroso (di solito peduncolato), il fibroma infralegamentario (localizzato tra i due foglietti del legamento uterino), il fibroma intramurale (posizionato sulla parete muscolare dell’utero).

I sintomi associati al fibroma uterino sono ipermenorrea, perdite anomale di sangue, dolore addominale e pelvico, dolore durante i rapporti sessuali e minzione frequente.

Per diagnosticare questo tipo di neoplasma di solito si ricorre a un esame obiettivo completato con radiografie, ecografie, risonanza magnetica e TAC.

Dopo l’identificazione, per completare il quadro diagnostico è quasi sempre necessario effettuare una biopsia.

Non tutti i fibromi necessitano terapie farmacologiche o chirurgiche, poiché ad esempio quelli asintomatici tendono a risolversi autonomamente senza cure.

Nei casi in cui il disturbo risulta particolarmente invalidante, è opportuno ricorrere all’ablazione chirurgica della massa proliferativa.

• Emangioma

L’emangioma è una neoformazione benigna a carico delle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni; la lesione si caratterizza per la raccolta di capillari sanguigni che formano un agglomerato superficiale o profondo.

La loro insorgenza può coinvolgere qualsiasi parte del corpo, sia esterna che interna; le lesioni più frequenti sono quelle epatiche, seguite da altre alle vie aeree, al cuore e all’encefalo.

Di solito essi compaiono nella terza settimana di vita, mostrando un decorso involutivo che porta alla loro regressione spontanea entro qualche mese.

Tra i principali fattori eziologici c’è quello ormonale, gli estrogeni infatti sono i principali responsabili della proliferazione di questa neoformazione.

Secondo alcune teorie scientifiche, la placenta durante la gestazione potrebbe non ossigenare perfettamente tutto l’organismo dell’embrione, determinando la formazione di emangiomi.

Il termine emangioma, che in origine veniva utilizzato per indicare qualsiasi tipo di lesione vascolare, è ormai indicativo soltanto per alcune di esse.

Infatti le lesioni che tendono a risolversi spontaneamente hanno mantenuto la denominazione di emangioma, mentre quelle che rimangono prendono il nome di malformazioni vascolari.

La loro evoluzione comprende tre fasi di sviluppo, che sono:
· fase di proliferazione, caratterizzata da un rapido accrescimento, durante il quale la lesione presenta un colore rosso vivo e un aspetto semisferico;
· fase di riposo, della durata di circa due anni, in cui l’emangioma non modifica il suo aspetto;
· fase di involuzione, consistente nella graduale riduzione delle dimensioni.

Questo tipo di neoplasma è generalmente asintomatico, ma soltanto visibile qualora si trovi a livello dell’apparato cutaneo.

Le possibili complicazioni prevedono sanguinamento, più o meno intenso e ulcerazione.

La diagnosi richiede sempre risonanza magnetica, TAC o ecografia, per valutare con precisione la localizzazione e l’estensione della lesione, per verificare il grado di coinvolgimento dei vasi sanguigni e il loro aspetto anatomico.

Il trattamento può essere farmacologico con corticosteroidi oppure tramite laserterapia che qualora non fosse efficace prelude alla rimozione chirurgica.

• Lipoma

I lipomi sono neoformazioni costituite da tessuto adiposo, che si trova circondato da una capsula fibrosa; possono svilupparsi in qualsiasi zona del corpo in entrambi i sessi, anche se mostrano una maggiore incidenza in quello maschile, dopo i 50 anni di età.

Il loro aspetto è quello di escrescenze sottocutanee, chiaramente palpabili, di consistenza molle, non dolorosi e facilmente spostabili in seguito a digitopressione.

Particolarmente diffusi su schiena, collo, spalle, addome e braccia, possono svilupparsi anche nell’intestino e sui reni.

I fattori eziologici che portano alla comparsa di questi disturbi sono ancora sconosciuti, anche se non si esclude un coinvolgimento genetico, spesso collegato all’obesità.

Di solito invisibili e sempre asintomatici, i lipomi tendono a mantenersi inalterati per tutta la vita del paziente, tranne alcuni casi in cui mostrano un accrescimento abbastanza significativo che può causare compressione degli organi circostanti.

La diagnosi si basa sull’esame obiettivo e su indagini strumentali seguite dalla biopsia.

In molti casi viene consigliata la liposuzione, che può essere sostituita dalla laserterapia o dall’iniezione di fosfatidilcolina, una sostanza lipolitica di notevole effetto.

Neoplasma pre-canceroso

Il neoplasma pre-canceroso è costituito da una proliferazione cellulare che, pur non essendo cancerosa, potrebbe diventarlo in seguito a imprevedibili mutamenti.

Queste formazioni possono essere di tre tipi:
• iperplasia;
• metaplasia;
• displasia.

• Iperplasia

Si tratta di un processo progressivo, consistente nell’aumento di volume di un tessuto o di un organo, provocato dalla moltiplicazione delle cellule costitutive.

A differenza dell’ipertrofia, dove l’aumento deriva da un maggiore volume cellulare, l’iperplasia si riferisce a cellule normali volumetricamente ma più numerose.

L’iperplasia può essere ormonale o compensatoria: la prima dipende da un’eccessiva stimolazione da parte degli ormoni, che provocano un’incontrollata replicazione cellulare, mentre la seconda svolge di solito un ruolo terapeutico come succede dopo un infarto, quando i cardiomiociti si moltiplicano per riparare il danno patologico.

Dal punto di vista patologico, l’aumento di volume di un tessuto provoca un’eccessiva proliferazione cellulare.

Un tipico esempio di neoplasma pre-canceroso è l’iperplasia prostatica benigna e quella muscolare, che possono degenerare in lesioni maligne.

In entrambi i casi l’aumento del numero di elementi cellulari si verifica in maniera ingovernabile e incontrollata.

• Metaplasia

La metaplasia è una modificazione reversibile di un tessuto, per cui un tipo di cellule (epiteliali o mesenchimali) viene sostituito da un altro tipo cellulare di diversa natura.

Il procedimento consiste nella trasformazione di un elemento citologico adulto in un altro non patologico.

Un simile processo prevede la trasformazione fisiologica spesso a scopo riparativo di elementi cellulari, di solito controllati da stimolazioni chimiche o fisiche.

Le caratteristiche di reversibilità spiegano perché alla cessazione dello stimolo responsabile della modificazione è possibile che le strutture ritornino alla loro forma primitiva.

Un tipico esempio è la metaplasia del fumatore, che consiste nella trasformazione dell’epitelio cigliato presente nella trachea e nei bronchi che viene irritato dal fumo trasformandosi in epitelio pavimentoso.

Alla cessazione dello stimolo, se quindi il fumatore interrompe l’uso di sigarette, l’epitelio può tornare alle condizioni primitive.

Nella maggior parte dei casi, essa rappresenta una modificazione indesiderata che può degenerare oppure involversi.

Un altro esempio di questa alterazione è l’esofago di Barrett, un disturbo pre-canceroso causato dal reflusso gastro-esofageo, che può degenerare in adenocarcinoma.

Sono note altre tipologie di questo neoplasma, come la metaplasia intestinale e quella squamosa.

• Displasia

La displasia è una trasformazione qualitativa e quantitativa delle cellule presenti nei tessuti epiteliali.

Un tessuto displasico è costituito da elementi citologici dotati di numerose variazioni consistenti in irregolarità di forma, dimensione, composizione degli organuli e loro disposizione all’interno del citoplasma.

Le cellule displasiche, a differenza di quelle cancerose, hanno la possibilità di tornare normali, anche in rapporto al grado di gravità del disturbo, che può essere lieve, moderato o severo.

Dal punto di vista clinico, la displasia indica una variazione quantitativa, qualitativa e morfologica delle cellule di un tessuto epiteliale.

Contrariamente a quanti si crede, displasia non è sinonimo di neoplasia, anche se le cellule displasiche possono trasformarsi in neoplastiche; mentre il processo neoplastico è irreversibile, quello displasico è reversibile.

Le cause di questa anomalia derivano da stimolazioni fisiche, come ad esempio le radiazioni solari, chimiche, come ad esempio il contatto con idrocarburi aromatici, o biologiche, come ad esempio la contaminazione con virus.

Esempi tipici di displasie sono la cheratosi attinica (lesione pre-cancerosa), la displasia bronchiale (causata dal fumo di sigaretta), la displasia mammaria (fibrocistica), l’esofago di Barrett e la displasia della cervice uterina.

Neoplasma maligno

Le caratteristiche distintive del neoplasma maligno sono la crescita anomala delle cellule, la loro capacità infiltrante sui tessuti circostanti e la capacità di metastatizzare.

Se non viene trattato tempestivamente, questo disturbo evolve in maniera più o meno rapida, portando a conseguenze che possono essere mortali.

Il rischio maggiore è rappresentato dalla distribuzione delle metastasi, che si verifica per via sanguigna o linfatica.

La prognosi dei neoplasmi maligni dipende dal grado di infiltrazione dei distretti circostanti e dalla presenza o meno di metastasi.

I principali tipi di neoplasma maligno sono:
• carcinoma;
• linfoma;
• sarcoma;
leucemia;
• neoplasia del sistema nervoso centrale.

• Carcinoma

Il carcinoma è una neoplasia maligna, prodotta dalla degenerazione di cellule epiteliali, che rivestono la superficie esterna di tutti gli organi compresi quelli cavi.

Si tratta di un epitelioma maligno, che nella maggior parte dei casi è determinato da mutazioni genetiche del DNA.

A seconda del tipo di cellule epiteliali coinvolte, sono presenti dieci tipi di carcinoma, tra cui i più diffusi sono gli adeno-carcinomi, i basaliomi e il carcinoma squamoso.

In base alla differente stadiazione (stadio da 1 a 4 a seconda della progressiva gravità), viene definito un differente protocollo terapeutico che prevede l’escissione chirurgica associata a trattamenti di radioterapia e chemioterapia.

• Linfoma

Il linfoma è un neoformazione del tessuto linfoide, le cui forme più diffuse sono il linfoma di Hodking e i linfomi non-Hodking. In queste forme vengono coinvolti i linfonodi che risultano ingrossati e associati a febbre, sudorazione e malessere generalizzato.

Le forme possono essere aggressive o indolenti a seconda del numero di stazioni linfonodali coinvolte, nel primo caso il decorso della malattia è rapido con immediato deterioramento delle condizioni fisiche, nel secondo caso non sono presenti compromissioni gravi e i pazienti possono anche non accorgersi di essere malati.

In entrambe le situazioni la diagnosi tempestiva e un altrettanto tempestivo intervento terapeutico può risolvere definitivamente la situazione.

• Sarcoma

Il sarcoma è un neoplasma che ha origine da una cellula di tessuto osseo o cartilagineo, mutata geneticamente.

Inizialmente questa forma è spesso asintomatica presentando segni clinici soltanto quando la massa assume notevoli dimensioni e quindi la neoplasia si trova già in una fase piuttosto avanzata.

I tessuti molli più colpiti sono quello adiposo, muscolare, tendineo, i vasi sanguigni e i vasi linfatici.

La diagnosi viene effettuata mediante l’impiego di tecniche per immagini come TAC e risonanza magnetica, completate dalla biopsia; il trattamento è sempre chirurgico, associato a chemio- e radio-terapia.

• Leucemia

La leucemia è una neoplasia che riguarda le cellule progenitrici dei leucociti e che colpisce il midollo osseo (ematopoietico).

Le leucemia si distinguono in linfoidi e mieloidi: le prime si riferiscono a carcinomi che colpiscono i linfociti e le seconde a quelli che colpiscono eritrociti, piastrine e leucociti.

I quattro tipi di leucemie sono leucemia linfoblastica acuta, leucemia linfatica cronica, leucemia mieloide acuta e leucemia mieloide cronica.

In tutti questi casi è fondamentale intervenire tempestivamente mediante chemioterapia mirata per avere buone probabilità di guarigione.

• Neoplasia del sistema nervoso centrale

Le neoplasie del sistema nervoso centrale comprendono carcinomi al midollo spinale o al cervello: i primi coinvolgono la funzionalità dei nervi di tutto il corpo, mentre i secondi si manifestano con sintomi differenti a seconda delle diverse aree encefaliche colpite.

Nella maggior parte dei casi si parla di gliomi o glioblastomi che mostrano un’elevata tendenza a metastatizzare e che pertanto hanno spesso prognosi infauste.

Tra i tumori benigni del cervello ci sono i meningiomi, i neurinomi acustici, gli emangiomi e gli adenomi ipofisari, forme curabili mediante asportazione chirurgica completa.

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