Significato clinico degli anticorpi tiroidei
Componenti fondamentali del sistema immunitario, gli anticorpi tiroidei sono diretti erroneamente verso la tiroide oppure contro alcuni fattori fondamentali da lei prodotti, innescando conseguenze patologiche anche di notevole gravità.

Questi composti infatti riconoscono il parenchima tiroideo come una struttura non-self e quindi lo attaccano per eliminarlo in quanto considerato dannoso per l’organismo.
Da tale condizione possono derivare alcune gravi malattie di tipo autoimmune (immunità diretta verso l’organo stesso) come la tiroidite cronica con danneggiamento tissutale e disfunzione della ghiandola.
Gli anticorpi antitiroidei sono di due tipi: anti-tireoglobulina (AbTG) e anti-perossidasi (AbTPO).
Ghiandola tiroide
Localizzata nella parte anteriore del collo, davanti alla trachea, la tiroide è una ghiandola endocrina costituita da due lobi (destro e sinistro) collegati da un istmo posto sulla linea mediana, che le conferisce il suo tipico aspetto a farfalla.
Le ghiandole endocrine (a differenza di quelle esocrine che riversano il loro secreto all’esterno del corpo) immettono gli ormoni da loro prodotti a livello del flusso sanguigno.
Gli ormoni si comportano come veri e propri messaggeri chimici in grado di trasmettere un ordine (input biologico) agli organi bersaglio, ovvero a quelli che maggiormente vengono interessati dall’attività biochimica di questi composti.
Si tratta di una delle più importanti ghiandole dell’organismo in quanto svolge una funzione di controllo estremamente specializzata su tutte le attività metaboliche, supervisionando le cellule coinvolte.
Fino dal periodo neonatale essa infatti entra in attività per favorire il corretto sviluppo neuro psichico del bambino, il suo accrescimento corporeo, la funzione cardio-vascolare e l’intero metabolismo.
Dal punto di vista istologico la ghiandola appare formata da follicoli tiroidei le cui pareti presentano un solo strato di tireociti (cellule follicolari), responsabili della produzione degli ormoni.
All’interno del follicolo si trova una sostanza particolarmente viscosa (colloide) contenente gli ormoni secreti che vengono poi liberati in relazione alle singole esigenze.
Oltre ai follicoli, lo stroma ghiandolare mostra la presenza di cellule parafollicolari deputate alla produzione di calcitonina, il cui ruolo è quello di mantenere in equilibrio la concentrazione di calcio nell’organismo.
La tiroide è una struttura anatomica di piccole dimensioni in quanto misura 5/8 centimetri di lunghezza e 3/4 centimetri di larghezza, con un peso medio di 10/20 grammi.
I suoi follicoli rappresentano le unità morfologiche e funzionali deputate alla sintesi, all’accumulo e alla secrezione degli ormoni, che vengono riversati nella fitta rete di capillari posta intorno ad essi.
La loro cavità è tappezzata da tireociti, il cui compito è quello di produrre la colloide, una sostanza di natura proteica ricchissima di residui tirosinici, che funziona come precursore degli ormoni veri e propri.
Dalla tireoglobulina (Tg), che è il precursore degli ormoni tiroidei, i tireociti tramite attività enzimatica producono la tiroxina (T4) e tri-iodio-tironina (T3), oltre a una certa quantità di ione ioduro.
Negli spazi tra i follicoli sono localizzate le cellule parafollicolari responsabili della produzione di calcitonina, un ormone coinvolto nella regolazione della concentrazione plasmatica del calcio: il suoi meccanismo d’azione consiste nell’impedire la liberazione del minerale dalle ossa in rapporto alla concentrazione plasmatica dell’elemento.
Essendo una ghiandola altamente vascolarizzata, la tiroide è in grado di riversare nel sangue un’elevata concentrazione di ormoni che, attraverso una fitta rete capillare, arriva a vasi di maggiori dimensioni per garantire una tempestiva distribuzione ormonale all’intero organismo.
Ormoni tiroidei
Particolarmente ricca dell’aminoacido tirosina, la tireoglobulina costituisce il substrato su cui i tireociti introducono lo iodio prelevato dal sangue, che successivamente viene legato sotto forma di 4 elementi (tiroxina) oppure di 3 elementi (tri-iodio-tironina).
Lo iodio rappresenta un oligoelemento indispensabile per la funzionalità tiroidea in quanto consente una regolare secrezione ghiandolare; essendo presente in entrambi gli ormoni, T3 e T4, la sua concentrazione non deve mai essere inferiore alla soglia fisiologica.
Perché la ghiandola riesca ad assolvere correttamente ai suoi compiti, è necessario che anche la concentrazione di selenio sia adeguata dato che questo elemento agisce sinergicamente con lo iodio e protegge i tireociti dai danni ossidativi.
La sintesi degli ormoni tiroidei T3 e T4 presuppone la disponibilità di tre elementi, che sono:
- tirosina;
- iodio;
- tireoperossidasi (TPO).
L’aminoacido tirosina costituisce il vero e proprio scheletro delle molecole di ormoni e quindi deve essere presente in percentuali fisiologiche.
Lo iodio, introdotto con la dieta e successivamente estratto dal plasma dove si accumula, si concentra nelle cellule follicolari sotto forma di ione ioduro, dove subisce l’azione enzimatica della tireoperossidasi.
La tireoperossidasi catalizza la reazione di iodinazione della tirosina, addizionando dapprima uno e poi due ioni ioduro e consentendo la sintesi di monoiodiotirosina (MIT) e diiodiotirosina (DIT).
Dalla condensazione di due molecole di DIT ha origine la tiroxina (T4) mentre dalla condensazione di una molecola di DIT più una di MIT si forma la triiodiotironina (T3).
Una volta sintetizzati, T3 e T4 rimangono legati ai supporti della tireoglobulina per essere immagazzinati sotto forma di deposito nella colloide, da cui vengono emessi al momento del bisogno.
Vi sono infatti delle notevoli fluttuazioni nella richiesta di questi ormoni in quanto la loro attività è strettamente collegata alle differenti fasi metaboliche dell’organismo.
Il loro rilascio è regolato dall’ormone tireotropo (TSH) a sua volta controllato dall’ormone ipotalamico TRH mediante il noto fenomeno di feed-back negativo.
Funzionamento della tiroide
Attraverso il meccanismo d’azione dei suoi ormoni, la tiroide svolge funzioni indispensabili alla vita; infatti, qualora essa dovesse essere asportata, diventa necessario assumere farmaci che sostituiscono l’attività ormonale.
Si può dire che tutto il metabolismo dipende dal suo controllo: infatti le reazioni biochimiche che consentono di ottenere l’energia necessaria per la vita possono verificarsi soltanto sotto la supervisione di questa ghiandola.
I settori di principale intervento degli ormoni T3 e T4 sono i seguenti:
- termoregolazione
la tiroide controlla la produzione endogena di calore, regolando principalmente il metabolismo basale in seguito all’incentivazione della sintesi di ATP; - metabolismo glucidico
la ghiandola favorisce l’assorbimento glucidico a livello intestinale potenziando contemporaneamente l’azione dell’insulina; - metabolismo lipidico
a seconda della loro concentrazione gli ormoni tiroidei possono aumentare (lipogenesi) oppure diminuire (lipolisi) la produzione dei lipidi; - metabolismo proteico
la tiroide stimola la sintesi proteica; - apparato cardio-vascolare
la tiroide favorisce la contrattilità delle fibre miocardiche e controlla anche l’eccitabilità delle cellule cardiache; - sistema nervoso centrale
durante lo sviluppo embrionale il feto può sviluppare adeguatamente il sistema nervoso centrale soltanto in presenza di una corretta concentrazione di T3 e T4; in caso contrario potrebbero insorgere danni cerebrali permanenti responsabili del cretinismo congenito; - apparato riproduttivo
sviluppo e maturazione di testicoli e ovaie sono strettamente collegati alla presenza di fisiologiche quantità di ormoni tiroidei, che controllano anche il fenomeno della spermatogenesi e la regolarità del ciclo mestruale.
Nel complesso si può quindi affermare che il benessere dell’organismo sia notevolmente influenzato dal metabolismo della tiroide che, in caso di anomalie, può edssere affetta da ipotiroidismo (funzionamente insufficiente) oppure da ipertiroidismo (funzionamento eccessivo).
Anticorpi anti-tiroide
Numerose patologie della tiroide dipendono dalla presenza nel sangue di anticorpi anomali che aggrediscono il tessuto ghiandolare considerandolo non-self e quindi da eliminare.
Si tratta di anticorpi disfunzionali,l sintetizzati per un danno genetico che impedisce un funzionamento fisiologico di tali molecole.
Le principali forme morbose in cui vengono prodotti anticorpi anomali sono:
- Morbo di Basedow;
- Tiroidite di Hashimoto;
- Mixedema Idiopatico.
Si tratta di malattie autoimmuni in cui è lo stesso organismo ad essere responsabile della produzione di molecole che normalmente sarebbero utili mentre invece si rivelano dannose.
Il dosaggio degli anticorpi anti-tiroide rappresenta l’analisi clinica necessaria per orientare il terapeuta nella formulazione di una diagnosi, distinguendo queste patologie da altri disturbi nei quali non sia implicato il sistema immunitario.
Gli anticorpi anti-tiroide sono di due tipi:
- anti-tireoglobulina;
- anti-tireoperossidasi.
I primi sono riscontrabili su pazienti affetti da Tiroidite di Hashimoto (60%), da Morbo di Basedow (30%) e da Mixedema Idiopatico, e in misura minore anche in altre malattie autoimmuni come LES (Lupus Eritematoso Sistemico), artrite reumatoide e Morbo di Addison.
Gli anticorpi anti-tireoperossidasi sono presenti nella quasi totale percentuale di pazienti affetti da Tiroidite di Hashimoto (95%), da Mixedema Idiopatico (95%), dal morbo di Basedow (85%).
Anti-tireoperossidasi
La tireo-perossidasi è un enzima che si trova in notevole concentrazione a livello delle cellule follicolari e che presiede alla sintesi degli ormoni tireodei T3 e T4 a partire dal loro precursore tireoglobulina.
Quando i titoli di anti-TPO sono alti nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte a un quadro morboso di patologie autoimmuni della ghiandola, e soprattutto del Morbo di Basedow (oltre 95% dei casi).
Tali valori elevati possono essere riscontrati anche in soggetti con malattie auto-immuni organo-specifiche non tiroidee (circa 30%) e in una netta minoranza di individui sani (10%).
Durante il primo trimestre di gravidanza succede abbastanza spesso che si verifichi una positività agli anticorpi anti TPO che può provocare l’insorgenza di tiroiditi autoimmuni nella fase post-partum.
Di solito l’esame per la ricerca di anticorpi anti-TPO viene prescritto in presenza di un sospetto diagnostico di patologia autoimmune a carico della tiroide, i cui segni clinici non siano sufficienti.
Bisogna tenere presente che, proprio per l’ampio raggio d’azione di questa ghiandola, si verifica spesso una sovrapposizione di sintomi che possono anche non essere riconducibili alla ghiandola stessa.
Il controllo sul metabolismo infatti coinvolge praticamente tutti gli apparati, soprattutto per quanto di riferisce alla produzione di energia che, a livello mitocondriale, avviene in tutte le cellule del corpo.
È chiaro quindi che una diagnosi certa di patologie di natura autoimmune a carico della tiroide deve necessariamente richiedere indagini sierologiche approfondite, tra cui appunto la ricerca degli anticorpi anti tireoperossidasi.
Il significato clinico di questi anticorpi è particolarmente utile in quanto offre l’opportunità di discriminare con un ottimo margine di certezza tra patologie autoimmuni e non autoimmuni a carico della tiroide, in modo tale da indirizzare la diagnosi del medico.
Grazie all’intervento dell’enzima tireoperossidasi che partecipa alle reazioni di sintesi ormonale di T3 e T4, si deduce che la sua attività è altamente tipicizzante nei confronti della ghiandola.
La presenza di anticorpi contro un enzima indispensabile per il corretto funzionamento della tiroide è altamente significativo di come l’organo si trovi in una condizione di deficit funzionale, derivante da un errore di riconoscimento immunitario tra self e non-self.
Un esame per la ricerca degli anticorpi tiroidei è finalizzato a determinarne sia la quantità che la qualità che consente di discriminare tra varie patologie per poi impostare un adeguato piano terapeutico.
Il dosaggio di anti-TPO viene richiesto nei seguenti casi:
- comparsa del gozzo tiroideo;
- aumento di volume di un gozzo pre-esistente;
- disfunzionalità degli ormoni T3 e T4;
- controllo della concentrazione della tireoglobulina;
- monitoraggio di una patologia autoimmune della tiroide;
- primo trimestre di gravidanza;
- alterazioni funzionali aspecifiche della ghiandola;
- follow-up dopo asportazione della tiroide;
- prevenzione in caso di soggetti con famigliarità a queste patologie.
Dosaggio di anti tireoperossidasi
I valori normali di anti-TPO devono essere sempre inferiori a 35 UI/millilitro di sangue.
Il dosaggio viene eseguito mediante un prelievo di sangue venoso su paziente a digiuno da almeno 6 ore.
Anticorpi Anti tireoperossidasi alti
La presenza di concentrazioni di anti-TPO superiori a 35 UI/ml deve sempre insospettire il terapeuta, anche se le variazioni non sono particolarmente alte; questi risultati infatti sono piuttosto attendibili e anche una minima variazione va presa in considerazione.
Quando l’aumento è contenuto di norma il paziente non è affetto da una forma conclamata di patologia tiroidea di tipo autoimmune, ma più probabilmente potrebbe soffrire dei seguenti disturbi:
- artrite reumatoide
in questa malattia autoimmune si nota una modificazione anticorpale generalizzata che quindi può interessare anche gli anticorpi anti-TPO; - anemia perniciosa
si tratta di una patologia a carico della componente corpuscolata del sangue che, indirettamente, coinvolge anche la tiroide in quanto come accennato essa svolge un importante ruolo di controllo sull’apparato circolatorio; - malattie autoimmuni del collagene
dato che il collagene endogeno è una proteina sintetizzata dall’organismo e tenendo conto che la tiroide supervisiona tutti i processi di sintesi proteica, si suppone che possa esistere un collegamento anche con l’incentivazione di sintesi di anti-TPO; - diabete di tipo I
in questo caso il rapporto tra anticorpi entiperossidasi e metabolismo glucidico si riferisce all’azione dell’insulina che risulta fortemente alterata in presenza di diabete di tipo I; - neoplasie alla tiroide
in quasi tutti i tipi di carcinomi si verifica una modificazione funzionale del sistema immunitario che, nella ricerca di eliminare gli elementi non self, spesso non è in grado di riconoscere correttamente i bersagli.
Quando l’aumento di anti tireoperossidasi è elevato e quindi i valori riscontrati nel sangue sono significativamente alti, la diagnosi si orienta quasi sempre verso due patologie, che sono il Morbo di Basedow e la Tiroidite di Hashimoto.
- Morbo di Basedow
Si tratta di una grave forma di ipertiroidismo in cui la concentrazione ormonale di T3 e T4 si eleva notevolmente, provocando una sintomatologia ben definita che comprende:
- esoftalmo;
- tremori generalizzati;
- tachicardia;
- aritmie e fibrillazione;
- lacrimazione e fotofobia;
- arrossamenti cutanei;
- intolleranza al caldo;
- irregolarità dell’alvo intestinale;
- cefalea ricorrente;
- astenia e debolezza muscolare;
- ansia e depressione.
Oltre a un quadro clinico piuttosto ben definito, il paziente mostra un innalzamento dell’anti tireoperossidasi con valori molto significativi, che confermano con certezza l’ipotesi diagnostica.
- Tiroidite di Hashimoto
Considerata una delle più diffuse forme di infiammazione autoimmune della tiroide, la Tiroidite di Hashimoto si manifesta con tipici sintomi di ipofunzionalità ghiandolare.
Il morbo, che progredisce in maniera lenta e spesso subdolamente, si caratterizza per alcuni sintomi tipici, che sono:
- ingrossamento asintomatico della ghiandola;
- sensazione di gonfiore al collo;
- oppressione durante la respirazione;
- intolleranza al freddo;
- stanchezza generalizzata;
- bradicardia;
- fragilità di capelli e unghie;
- crampi muscolari;
- pallore;
- raucedine;
- ritenzione idrica;
- ansia e depressione.
Si tratta di manifestazioni opposte a quelle riscontrabili nel Morbo di Basedow, dove la tiroide risulta iperattiva; in entrambi i casi comunque la concentrazione di anti tireoperossidasi è sensibilmente aumentata in seguito al malfunzionamento dei follicoli tiroidei.
Durante la gravidanza e soprattutto nel primo trimestre si può verificare un aumento degli anticorpi anti-TPO senza uno specifico significato; in ogni caso tale situazione può contribuire a incentivare il rischio di ipotiroidismo e di ipertiroidismo nel feto e poi nel neonato.
Quando il valore di anti tireoperossidasi si rivela più alto del normale su soggetti sani potrebbe essere indicativo di un maggiore rischio di sviluppare una patologia tiroidea nel lungo tempo.
In questi casi succede di solito che il protocollo preventivo sia impostato su uno screening semestrale per monitorare eventuali ulteriori incrementi degli anticorpi anti-TPO.
La percentuale di individui che in seguito sviluppano una patologia autoimmune alla tiroide è piuttosto elevata e si attesta sul 30/40%; pertanto quando si verifica tale situazione è assolutamente necessario mantenere un’attenta vigilanza.
Anti tireoperossidasi bassa
Quando i valori di anti tireoperossidasi sono inferiori alla soglia di 35 UI/ml di solito non sussistono problematiche di nessun tipo in quanto si tratta di variazioni non significative e che comunque indicano come la ghiandola sia funzionante.
Infatti l’assenza di questi anticorpi significa che le cellule non sono stimolate a produrre anticorpi inutili e che quindi la loro funzionalità è fisiologica.
Anti tireoperossidasi alta o bassa interpretazione risultati
In generale la presenza di anticorpi anti tireoperossidasi, indipendentemente dalla loro concentrazione, è indicativa di un coinvolgimento autoimmune della tiroide.
Per quanto riguarda l’ipotesi diagnostica relativa al Morbo di Basedow oppure alla Tiroidite di Hashimoto, la discriminante è riconducibile al tipo di sintomatologia piuttosto ben definita in quanto nel primo caso si tratta di ipertiroidismo mentre nel secondo caso di ipotiroidismo.
Nel Morbo di Basedow, l’aumentata produzione di anti-TPO è diretta in particolare contro i recettori del TSH, l’ormone di derivazione ipofisaria che controlla l’attività tiroidea.
È proprio la stimolazione di questi specifici recettori provocata dalla maggiore concentrazione di anticorpi a potenziare la sintesi di T3 e di T4, responsabile dell’insorgenza di un quadro sintomatologico riconducibile all’ipertiroidismo.
Per confermare con certezza la diagnosi di solito viene richiesta anche la ricerca di anticorpi anti-recettore del TSH, prescritta soprattutto in gravidanza in relazione al fatto che questi anticorpi sono in grado di attraversare la placenta.
In tale situazione potrebbe insorgere un ipertiroidismo fetale che presuppone l’insorgenza di un’eventuale tireotossicosi neonatale.
Gli autoanticorpi tiroidei si sviluppano quando il sistema immunitario reagisce in maniera anomala nei confronti di alcune componenti della tiroide oppure di proteine tiroidee.
In tali situazioni insorgono problemi cronici di natura infiammatoria a carico della ghiandola, con un danneggiamento tissutale responsabile della perdita di funzionalità.
L’interpretazione dei risultati consente appunto di stabilire i livelli quantitativi e qualitativi di questi specifici auto anticorpi.
Gli anticorpi ABBTPO vengono considerati i più attendibili marcatori per patologie autoimmuni della tiroide e in particolare per il morbo di Basedow e per la Tiroidite di Hashimoto.
Generalmente queste analisi cliniche vengono associate alla ricerca di anticorpi anti tireoglobulina e anticorpi anti recettore del TSH, oltre alla ricerca di immunoglobuline stimolanti sulla tiroide (TSI) e immunoglobuline inibenti il legame con il TSH.
In questo modo il terapeuta è in grado di valutare la funzionalità globale della tiroide per evidenziare la presenza di patologie autoimmuni sia in atto che sviluppabili in seguito.
Infatti in condizioni fisiologiche la tiroide non deve produrre auto anticorpi e quindi la loro presenza è sempre indicativa di un’alterata funzionalità.
Bisogna tenere conto che la maggior parte delle disfunzioni tiroidee (ipertiroidismo o ipotiroidismo) si sviluppa su una base autoimmune, derivante dall’alterazione di sintesi degli anticorpi.
A parte le neoplasie tiroidee, questa ghiandola modifica la produzione dei suoi ormoni quasi esclusivamente in quanto bersagliata da auto anticorpi che la riconoscono come non self.
La ricerca di anticorpi anti tireoperossidasi non fa parte del pannello di esami eseguiti in routine, ma viene prescritta in caso di chiaro sospetto diagnostico, dato che lo screening per la tiroide prevede unicamente il dosaggio di TSH, T3 e T4.
Gli auto anticorpi tiroidei si sviluppano quando il sistema immunitario reagisce erroneamente nei confronti della ghiandola, oppure di alcuni secreti da essa prodotti.
Come conseguenza, insorge un danneggiamento a livello citologico che attraverso una serie di reazioni a catena va a potenziare la sintesi anticorpale.
Ecco perché risulta di fondamentale importanza la determinazione degli auto anticorpi nelle fasi iniziali della malattia, poiché anche se queste patologie autoimmuni non sono evitabili, si può comunque limitare notevolmente il quadro sintomatologico ad esse associato.
Trattandosi di infiammazioni croniche, che vengono classificate come tiroiditi, queste patologie autoimmuni devono essere monitorate nel tempo per due motivi: da un lato è necessario valutare l’evoluzione della malattia e dall’altro l’efficacia dei protocolli terapeutici.
Sia l’ipotiroidismo che l’ipertiroidismo implicano un aggiustamento terapeutico degli ormoni, che vengono prodotti in quantitativi minori o maggiori del normale.
L’interpretazione del dosaggio di anticorpi anti tireoperossidasi offre uno strumento diagnostico particolarmente valido poiché è in grado di consentire la precisa valutazione dei processi sintetici iniziali di T3 e T4.
È chiaro che la possibilità di monitorare all’origine la sintesi ormonale offre un’attendibilità molto maggiore rispetto alla semplice valutazione quantitativa degli ormoni finali.