Ruolo biologico delle urine

L’analisi delle urine consiste in un’indagile diagnostica il cui ruolo è quello di evidenziare non soltanto lo stato funzionale dell’apparato escretore, ma anche dell’intero organismo.
Tramite questa prova si possono ottenere informazioni chimiche, fisiche e microscopiche riguardo alla composizione del liquido minzionale prodotto dall’attività filtrante dei reni.
L’urina è una soluzione di colore giallo paglierino derivante dall’azione escretrice del rene, l’organo deputato a mantenere l’omeostasi idrico-salina del soggetto.
Tale condizione riguarda sia il pH (concentrazione degli ioni idrogeno “H+” presenti nel sangue), che l’osmolarità (concentrazione di soluti) del sangue.
Qualsiasi eccesso deve essere compensato potenziando l’escerezione, mentre qualsiasi carenza deve essere regolarizzata incentivando il riassorbimento.
Basandosi si questi presupposti è facile intuire il ruolo diagnostico dell’urina che è in grado di fornire importanti informazioni riguardo a numerosi processi fisiologici e patologici.
In condizioni normali essa presenta un contenuto di acqua pari al 95% del suo peso totale: un dato evidente anche a occhio nudo dato che la sua composizione è appunto liquida.
Il restante 5% è costituito da urea (2%), da azoto (1,5%) e da cloruro di sodio (1,5%).
Possono essere presenti in tracce anche alcuni minerali, come calcio, potassio e magnesio, oltre che acido urico, ammoniaca e pigmenti biliari.
Ogni giorno i reni filtrano circa 200 litri di plasma e producono 1,5/2 litri di urina che, fino al momento della minzione, rimane contenuta all’interno della vescica avente una capacità di 500 millilitri.
La sua formazione inizia a livello della Capsula di Bowman (glomerulo) attraversata dal sangue contenuto a livello del capillare glomerulare, successivamente in parte si verifica il riassorbimento tubulare e in parte l’eliminazione attraverso gli ureteri, la vescica e l’uretra.
Una volta emessa l’urina presenta alcuni requisiti tipici che sono:
– colore
di norma è giallastro con una tonalità tendente a quella della birra, anche se numerosi fattori possono alterare il suo aspetto, confermandosi importanti dati diagnostici;
– limpidezza
in condizioni fisiologiche le urine sono trasparenti e limpide, presentando un aspetto simile a quello dell’acqua, ma anche per questa caratteristica sono molte le cause in grado di modificarla;
– odore
normalmente non è quasi avvertibile, diventando più intenso in caso di disturbi di natura infiammatoria solitamente a carico di batteri;
– ematuria
la presenza di sangue nelle urine è sempre un segnale patologico che si rende evidente con una colorazione rossastra del liquido;
– schiuma
di solito è evidenziabile in piccole quantità, valutate accettabili soltanto se non diventano invasive;
– pH
indica l’acidità del liquido che dovrebbe mantenersi entro determinati valori condizionati del metabolismo del soggetto, ma che non dovrebbe mai aumentare oltre 7/8 per evitare l’insorgenza di infiammazioni;
– sedimento
formato dall’insieme di detriti microscopici, sia cellulari che non, è accettabile soltanto con valori contenuti in quanto altrimenti indica una patologia in corso.
Anche se lo scopo principale dell’esame delle urine è collegato a diagnosi relative all’apparato renale, esso trova largo impiego anche per definire lo stato di salute globale dell’organismo.
È un vero e proprio test diagnostico che può essere finalizzato a numerose finalità a seconda del tipo di parametri che vengono analizzati.
In base alla quantità e alla qualità dei composti rilevabili nel liquido urinario è quindi possibile effettuare una serie di valutazioni collegabili a diversi aspetti del metabolismo.
Significato diagnostico dell’analisi delle urine
Significato diagnostico dell’analisi delle urine
Il significato clinico dell’analisi delle urine si collega a numerosi quesiti diagnostici che, a seconda della concomitante esecuzione di altri test di laboratorio, è in grado di fornire importanti informazioni.
1. Infezioni urinarie
Nelle IBU (Infezioni delle Basse vie Urinarie), il primo approccio medico è rappresentato dall’esame delle urine che di solito riesce a fornire dati molto evidenti.
I più comuni fattori eziologici di forme flogistiche di questo genere sono i batteri e in particolare Escherichia Coli (facente parte della flora batterica intestinale che, in particolari condizioni, migra nella vescica), Klebsiella, Enterobacter e altri microrganismi coliformi.
Quando nel liquido minzionale si verifica un aumento del pH che tende all’alcalinità, questi germi patogeni si moltiplicano con estrema facilità, contribuendo a causare un’infezione.
Se rimangono confinati a livello vescicale e uretrale essi sono responsabili di patologie non troppo importanti, come cistite e uretrite, mentre se tendono a risalire attraverso gli ureteri potrebbero arrivare a colonizzare i reni provocando l’insorgenza di patologie ben più gravi, come le nefriti e pielonefriti.
I sintomi caratteristici delle IBU sono:
– necessità impellente di urinare;
– dolore durante la minzione (disuria);
– mancato svuotamento vescicale;
– bruciore durante la minzione;
– minzioni frequenti ma incomplete;
– urina torbida e maleodorante.
L’urina esaminata si presenta intorbidita a causa della presenza di leucociti (prodotti in risposta all’infezione e filtrati dal rene in elevate quantità), pus (prodotto dai batteri stessi), muco (derivante da processi di sfaldamento delle pareti vescicali); proteine (che sono sfuggite al filtro glomerulare), emazie, cellule di scarto e acido urico.
Si tratta di molecole che in condizioni fisiologiche non sono presenti nel liquido minzionale e che pertanto indicano una flogosi in atto.
Oltre che torbida, l’urina emette anche cattivo odore, prodotto dai metaboliti di scarto della carica batterica che, replicandosi con grande velocità, contribuisce ad aumentare le molecole di rifiuto.
Oltre a un normale esame delle urine, quando si sospetta una IBU di norma viene prescritta anche un’urinocoltura completa di antibiogramma.
L’urinocoltura consiste in un test mediante cui il liquido urinario viene messo a contatto con un substrato colturale specifico che consente di identificare con precisione il tipo di agente patogeno interessato.
In questo modo è possibile quindi evidenziare la specie di batterio responsabile del processo infiammatorio, per formulare una diagnosi precisa.
L’antibiogramma è un test complementare che permette di identificare i principi farmacologici attivi nei confronti di un determinato germe, per avere la possibilità di scegliere l’antibiotico più efficace per debellarlo.
Tenendo conto del fatto che queste analisi richiedono dalle 48 alle 72 ore di incubazione, generalmente l’approccio terapeutico prevede dapprima l’assunzione di un preparato ad ampio spettro per poi passare a quello specifico (e quindi più efficace).
2. Calcoli renali
In caso di calcoli renali, l’esame delle urine può svolgere un ruolo indicativo in base all’analisi del sedimento, un test che non sempre viene eseguito di prassi.
Il sedimento è costituito dall’insieme di cellule epiteliali di sfaldamento e particelle di rifiuto, tra cui anche molecole derivanti dai calcoli renali che di solito sono formati da ossalato di calcio oppure da carbonato di calcio.
In condizioni fisiologiche il sedimento urinario è quasi assente mentre diventa quantitativamente significativo in caso di litiasi renale, situazione in cui anche la sua composizione qualitativa risulta modificata.
Pertanto tramite l’indagine del sedimento è possibile trarre due tipi di conclusioni: da un lato l’aspetto quantitativo consente di discriminare se effettivamente esiste un aumento di particelle collegabili alla presenza di calcolosi.
D’altro lato l’aspetto qualitativo permette di identificare il tipo di composti chimici responsabili della formazione dei calcoli stessi.
3. Diabete
In caso di diabete scompensato è possibile che una certa percentuale di glucosio sfugga al filtro renale e sia quindi eliminata con le urine (glicosuria).
Si tratta di un sintomo tipico del diabete mellito che si manifesta quando la concentrazione ematica del glucosio (glicemia) supera la soglia di 200 mg/ml.
L’analisi del glucosio nelle urina svolge un importante ruolo diagnostico in quanto permette di evidenziare la presenza di livelli molto significativi di zucchero nel sangue, confermando l’ipotesi di una forma di diabete scompensato.
Essa di solito viene prescritta insieme all’esame della glicemia a digiuno, con cui costituisce un iniziale approccio diagnostico all’iperglicemia.
In condizioni fisiologiche, qualsiasi campione estemporaneo di urina non deve contenere neppure tracce di glucosio, la cui presenza è sempre indice di un processo patologico in atto.
La glicosuria è indicativa anche di diabete gestazionale, di acromegalia (dato che il GH è un ormone iperglicemizzante), di Sindrome di Cushing, di aumentata produzione di cortisolo (ormone iperglicemizzante).
In molte altre malattie l’esame dell’urina finalizzato alla ricerca di glicosuria può fornire dati molto utili, a patto che vengano interpretati insieme ad altri indici clinici.
Parametri esami delle urine
L’analisi delle urine prende in considerazione tre aspetti:
– caratteri fisici;
– caratteri chimici;
– caratteri microscopici.
1. Caratteri fisici
Le caratteristiche fisiche dell’urina si riferiscono all’aspetto che essa mostra all’esaminatore, il quale è in grado di osservarle a occhio nudo oppure mediante l’impiego di specifiche apparecchiature.
Esse comprendono:
– colore
come accennato l’urina deve presentare una tonalità cromatica gialla chiara tendente al paglierino che, a seconda della sua diluizione, può diminuire
oppure concentrare il colore; tutte le volte che la tonalità tende al rossastro potrebbero essere presenti globuli rossi in concentrazione variabile. Si parla di ematuria quando l’urina appare colorata di rosso intenso, mentre quando tende al bruno probabilmente il fenomeno dipende dall’assunzione di sostanze oppure di farmaci;
– limpidezza
in condizioni normali l’urina deve presentarsi limpida, quasi trasparente, mentre anche un solo accenno di torbidità è un segnale di infezione batterica. Di solito l’analisi della limpidezza viene effettuata dopo che il liquido è stato lasciato riposare per alcuni minuti, per consentire alle eventuali particelle in sospensione di depositarsi completamente sul fondo del contenitore; inoltre bisogna tenere conto che un campione di urina tende a perdere limpidezza man mano che passa il tempo e pertanto sarebbe buona regola esaminare tempestivamente qualsiasi reperto;
– odore
di solito l’urina di un individuo è praticamente inodore, mentre qualsiasi modificazione nella percezione olfattiva indica una variazione della sua composizione chimica, spesso determinata da infezioni batteriche oppure dal diabete, una patologia per cui l’urina si dolcifica, diventando il substrato ideale per la moltiplicazione dei germi patogeni. In alcune forme di candidiasi l’urina diventa maleodorante e dunque in questi casi può costituire un importante indizio diagnostico della presenza di Candida Albicans a livello dell’apparato genitale. È necessario comunque integrare l’analisi dell’urina con dati clinici più specifici comprendenti anche il test sulle secrezioni genitali;
– peso specifico
questo valore si riferisce alla densità del campione di urina ed è indicativo del rapporto tra la concentrazione di soluti disciolti e la quantità di solvente (acqua) presente nel campione da analizzare. Quanto maggiore è il peso specifico dell’urina, tanto più intenso è il processo di disidratazione del soggetto, dipendente da vari fattori eziologici;
2. Caratteri chimici
L’analisi chimica di un campione urinario può fornire molte informazioni in grado di risolvere con precisione i vari quesiti diagnostici.
I caratteri chimici comprendono:
– pH
indica la concentrazione dei cationi idrogeno presenti nell’urina e quindi il grado di acidità o di alcalinità del liquido. In condizioni normali l’urina è leggermente acida anche se non si discosta molto da valore fisiologico di neutralità. Tutte le condizioni che provocano un innalzamento del pH predispongono il soggetto a infezioni batteriche, soprattutto delle basse vie urinarie, in quanto a livello vescicale i batteri possono moltiplicarsi in maniera esponenziale;
– concentrazione di proteine
nelle urine di un individuo sano non devono essere presenti neppure tracce di proteine, che invece compaiono nei casi di insufficienza renale, quando cioè alcuni tipi di protidi (soprattutto le albumine) sfuggono dal filtro renale e passano direttamente dal sangue all’urina. La presenza di proteinuria è quindi un chiaro indice di sofferenza renale che può indirizzare il medico verso una diagnosi certa se supportata da altre indagini cliniche tra cui soprattutto un’ecografia addominale;
– glicosuria
una persona sana non deve avere tracce di glucosio nell’urina, dato che esso viene riassorbito completamente a livello tubulare. Quando invece compare glicosuria, significa che il soggetto soffre di una forma di diabete scompensato, per cui la soglia renale del glucosio (200 ml/mg) viene superata e quindi la concentrazione glicemica in più passa nelle urine e non è più recuperabile;
– esterasi leucocitaria
si tratta di un enzima prodotto dai leucociti che nell’urina di un soggetto sano non deve essere presente se non in piccolissime tracce, che vengono considerate fisiologiche. Tutte le volte in cui questo enzima è apprezzabile nel liquido urinario significa che è in atto un processo flogistico la cui natura non è possibile stabilire basandosi soltanto su questo test;
– nitriti
anche per queste sostanze la loro presenza nelle urine è indicativa di una condizione patologica riconducibile a un’infezione batterica, dato che essi rappresentano prodotti di scarto del metabolismo di tali microrganismi;
– chetoni
in condizioni fisiologiche i chetoni non sono presenti nell’urina, ma compaiono tutte le volte in cui il metabolismo è costretto a utilizzare i grassi come fonte esclusiva di energia. Di norma sono i carboidrati ad essere responsabili di questa produzione, che in condizioni patologiche (chetoacidosi diabetica) oppure vomito prolungato, determinano l’aumento di concentrazione ematica dei chetoni, che vengono eliminati con l’urina. La loro presenza è quindi rapportabile al fenomeno di chetosi metabolica;
– bilirubina
la bilirubina è un pigmento presente nella bile e quindi collegato alla digestione dei grassi. In condizioni fisiologiche essa non è presente nelle urine e compare unicamente in presenza di anomalie funzionali del fegato.
3. Caratteri microscopici
L’analisi microscopica delle urine fornisce alcune informazioni particolarmente discriminanti in caso di incertezze diagnostiche.
Esse comprendono:
– parassiti
la presenza nell’urina di parassiti di qualsiasi genere (batteri, virus e miceti) è indicativa di uno stato patologico, dato che in condizioni normali questi microrganismi non devono essere presenti;
– cristalli
i soggetti sani non presentano cristalli nel liquido minzionale, la cui concentrazione potrebbe indicare l’insorgenza di patologie renali a livello tubulare. Tali formazioni partecipano anche alla genesi dei calcoli renali, che consistono appunto in formazioni solide di tipo cristallino;
– calchi
i calchi consistono in ammassi di eritrociti e leucociti con proteine e sostanze lipidiche che sono rilevabili nell’urina soltanto nei casi in cui sia presente una patologia renale. Questi valori rivestono unicamente un’importanza quantitativa ma non qualitativa, poiché non sono in grado di indicare con precisione il tipo di patologia renale;
– eritrociti e leucociti
nelle persone sane l’urina non contiene nè eritrociti nè leucociti, se non in percentuali assolutamente irrilevanti. Quando le emazie sono presenti con concentrazioni significative, significa che è in corso un’infezione delle vie urinarie superiori, condizione confermata anche dalla presenza di leucociti nelle urine;
– cellule squamose
normalmente assenti nel liquido minzionale, esse indicano una contaminazione del campione di urina, che di conseguenza non può essere utilizzato per avere risultati attendibili.
Procedura per l’esame delle urine
L’esame delle urine comprende due step successivi, il primo dedicato alla raccolta del campione, il secondo alla vera e propria analisi.
– Per quanto riguarda il primo aspetto è necessario che l’urina venga raccolta entro un contenitore sterile, fornito di un tappo ermetico che impedisce la contaminazione del liquido con l’ambiente esterno.
In questo modo, una volta uscita dalla vescica l’urina rimane nel contenitore fino al momento dell’analisi, senza correre il rischio di contaminazioni esterne che potrebbero modificare i risultati.
La raccolta del campione può avvenire a casa oppure nel laboratorio di analisi, ma presuppone sempre l’utilizzo di appositi contenitori.
Di norma viene consigliato di lavare le parti intime prima di raccogliere il campione, che potrebbe rimanere contaminato dalla presenza di batteri localizzati nei pressi del meato urinario.
La modalità di raccolta delle urine presuppone preferibilmente l’impiego del mitto intermedio, che garantisce prestazioni ottimali per tutte le metodiche di laboratorio.
È possibile utilizzare anche la quantità totale di urine raccolte nelle 24 ore, in questo caso non si può usare il contenitore sterile che ha dimensioni troppo contenute, ma bisogna servirsi di una bottiglia preferibilmente in vetro e possibilmente sterilizzata.
– L’analsi del campione deve verificarsi presso un laboratorio di analisi che svolge il compito di valutare le urine in base a criteri standardizzati che ogni laboratorio è in grado di assicurare.
L’esame classico delle urine non richiede alcuna preparazione, se non quella di detergere i genitali prima di urinare e di raccogliere soltanto il mitto intermedio.
Nel caso in cui sia necessario effettuare un’urinocoltura bisogna porre maggiore attenzione alle pratiche igieniche antecedenti la raccolta del campione.
È fondamentale eliminare sia la prima che l’ultima parte della minzione, considerate scarti in quanto non contenenti una carica batterica significativa.
Il mitto iniziale infatti ha lo scopo di ripulire l’uretra dai sedimenti depositati durante la minzione precedente.
L’esame delle urine delle 24 ore è un test che si propone l’obiettivo di osservare le variazioni dei parametri organici nell’arco di un’intera giornata.
Anche in questo caso è opportuno evitare la prima minzione per poi raccogliere quelle dell’intera giornata e nottata in un unico contenitore di grandi dimensioni.
Per non alterare l’esito dell’esame è necessario fare attenzione alla contaminazione dell’urina con particelle di materiale fecale, peli pubici oppure sangue mestruale nella donna.
Interpretazione dei risultati
Trattandosi di un test diagnostico completamente indolore e privo di complicazioni, l’esame delle urine viene considerata un’analisi di routine, da effettuare ogni volta in cui viene eseguito un prelievo di sangue.
Questo fatto dipende dall’esigenza di confrontare i dati delle sostanze presenti nel sangue e nell’urina.
I risultati di un esame normale dell’urina sono disponibili dopo 24 ore, mentre per l’urinocoltura e l’antibiogramma è necessario attendere qualche giorno.
– Colore
Se le urine si presentano incolori e trasparenti come l’acqua, potrebbero indicare la presenza di una patologia renale responsabile dell’inadeguato riassorbimento delle sostanze filtrate. Se il colore è giallo intenso, significa che il paziente si trova in uno stato di disidratazione. Se la tonalità cromatica è rossastra tendente al marrone, significa che si è verificata ematuria, un sintomo indicativo di patologie piuttosto importanti come insufficienza renale, nefrite, cistite complicata e varie forme neoplastiche.
– Limpidezza
Urine torbide indicano la presenza di leucociti, emazie, germi patogeni, muco o cristalli.
– Odore
Un’urina sana è quasi inodore oppure dotata di un delicato aroma di nocciole; alcuni alimenti (asparagi) possono alterare l’odore emesso dalle urine.
Un aroma tendenzialmente dolce può indicare la presenza di diabete mellito mentre un cattivo odore di solito indica la presenza di un’infezione dell’apparato urinario.
– Peso specifico
Il peso specifico deve essere compreso tra 1.005 e 1.030. Quando il valore ponderale dell’urina aumenta, significa che il soggetto è disidratato; se al contrario diminuisce significa che le urine sono troppo diluite (eccessiva assunzione di diuretici).
– pH
Il pH fisiologico è compreso tra 4,6 e 8,0. Quando esso supera la soglia di 8, l’urina tende a infettarsi a causa della sua alcalinità. Quando al contrario il pH è inferiore a 4,6 potrebbe essere in corso una malattia polmonare, un diabete scompensato, un’overdose di farmaci oppure l’abuso di bevande alcoliche.
– Sedimento
La presenza di eritrociti nelle urine può indicare lesioni alla vescica o ai reni, calcoli renali, infezione delle basse vie urinarie, oltre che forme neoplastiche al rene e alla vescica. La presenza di leucociti nelle urine di solito indica una flogosi dell’apparato urinario oppure di quello genitale (vagina o prepuzio del pene). La presenza di calchi o cristalli nelle urine è indicativa di calcoli renali oppure di avvelenamento da farmaci.
Per non alterare i risultati dell’analisi è necessario sospendere qualsiasi terapia farmacologica almeno 24 ore prima della raccolta del campione.