
L’osteoporosi è una malattia sistemica che colpisce l’apparato scheletrico di individui di ambo i sessi (in Italia ne soffre il 23% delle donne over 40 e il 14% degli uomini con più di 60 anni) e si contraddistingue per scarsa densità minerale e progressivo deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo. Le ossa diventano, dunque, più fragili e il soggetto è maggiormente esposto a rischio fratture con tutte le conseguenze del caso in termini di disabilità motoria, mortalità per l’insorgenza di possibili complicanze e costi sanitari e sociali.
Questa breve guida vuole condurre i lettori alla scoperta di quest’affezione soffermandosi in modo particolare su natura della malattia, cause, sintomatologia correlata, percorso diagnostico tra prove strumentali ed esami di laboratorio e trattamenti terapeutici. Nella seconda e ultima parte approfondiamo, invece, alcuni aspetti spesso trascurati quali dieta varia ed equilibrata, stile di vita sano e prevenzione.
Che cos’è l’osteoporosi?
L’osteoporosi è una patologia sistemica dello scheletro che si contraddistingue per ridotta massa ossea e progressivo deterioramento dell’architettura del tessuto osseo con conseguente aumento della fragilità delle ossa e maggiore predisposizione a fratture in corrispondenza di anca, rachide e polso.
L’osso è, difatti, un tessuto vivo ed è soggetto, in quanto tale, a modificazioni nel corso del tempo (processo di rimodellamento osseo). Le principali fasi del suo ciclo vitale possono dunque essere così riassunte.
• Fetale: le ossa assumono una struttura intermedia tra quella a fibre intrecciate e la lamellare.
• Infantile: attivazione dei processi di erosione e costruzione lamellare e successivo sviluppo del canale midollare interno.
• Adulta: raggiungimento della giusta compattezza nella parte più esterna delle ossa e continuo ingrandimento del canale midollare.
• Senile: sviluppo dell’erosione ossea con conseguente riduzione della compattezza ossea. Lo scheletro diventa più fragile e poroso, mentre aumentano i rischi di possibili fratture.
Lo scheletro, come si evince da quanto precedentemente detto, si sviluppa molto rapidamente nel corso di infanzia, pubertà e adolescenza per raggiungere dimensioni e densità massimali intorno a 25 anni. Una crescita ossea non ottimale, stili di vita scorretti e alimentazione poco sana possono, però, favorire la futura insorgenza dell’osteoporosi.
In tale contesto è, dunque, essenziale assumere calcio e vitamina D fin dalla più tenera età al fine di minimizzare la perdita di massa ossea.
Osteoporosi cause
L’osteoporosi è un’affezione che colpisce le persone della terza età e proprio per questo motivo si parla di osteoporosi senile o post-menopausale.
Le cause della malattia sono, dunque, riconducibili a repentino calo ormonale (vi è una minore secrezione di ormoni estrogeni deputati al metabolismo osseo), fattori ereditari, importante magrezza, alimentazione scorretta con scarsa assunzione di calcio, abuso di caffè e bevande alcoliche, tabagismo, vita sedentaria, ipertiroidismo, celiachia, morbo di Crohn e terapie farmacologiche a base di cortisonici, anticoagulanti, antiacidi e lassativi.
Osteoporosi sintomi
L’osteoporosi, nelle sue fasi iniziali, è quasi sempre asintomatica e i suoi segni possono comparire anche a distanza di alcuni anni. Successivamente si manifestano postura incurvata (deriva dallo schiacciamento dei corpi vertebrali) e fratture ossee associate a dolore acuto (femore, polso e omero sono i distretti più colpiti).
Le fratture del femore sono inoltre, senza alcuna ombra di dubbio, le più gravi perché necessitano dell’ospedalizzazione del paziente e di un successivo intervento chirurgico non esente da complicanze quali l’embolia e la trombosi venosa profonda.
Alcune persone possono invece fratturarsi le vertebre: tali eventi non richiedono (almeno in buona parte dei casi) il ricovero dell’individuo, ma possono causare riduzione dell’altezza, ipercifosi e dolore continuo a carico del rachide.
Osteoporosi diagnosi
Il paziente, con sospetta osteoporosi, deve sottoporsi a molteplici accertamenti (esami strumentali e di laboratorio) al fine di valutare lo stato di salute delle ossa.
La diagnosi si fonda, in modo particolare, sulla misurazione del contenuto minerale osseo (BMC) e sulla stima della densità minerale ossea (BMD) in specifici siti scheletrici quali vertebre lombari ed estremità prossimale del femore. L’esame prende il nome di densitometria ossea o mineralometria ossea computerizzata (MOC) e viene usato per stimare la densità di sali minerali all’interno delle ossa (l’osteoporosi determina, difatti, una drastica riduzione del contenuto in sali di calcio all’interno dello scheletro). La MOC può essere eseguita in diversi modi e con l’ausilio di:
• fascio di ultrasuoni su elementi ossei di piccole dimensioni (avambraccio e calcagno);
• TAC (vertebre lombari);
• DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry).
L’esame dura complessivamente pochi minuti e non richiede alcuna preparazione particolare. La tecnica DEXA, attualmente più in voga, si fonda sull’emissione di un fascio di raggi X da parte della macchina con successiva misura della densità minerale all’interno del campione osseo (solitamente colonna vertebrale o collo del femore).
La strumentazione procede in modo automatico fornendo tre risultati.
• BMD (densità minerale ossea in grammi per centimetro cubo).
• T-score: si tratta di un parametro relativo che definisce la densità minerale ossea intorno a 30 anni (età in cui il patrimonio di calcio è tendenzialmente massimo). I valori di T-score sono generalmente compresi tra -1 e +1; dati inferiori a -1 indicano una scarsa mineralizzazione.
• Z-score: si tratta dell’indicatore relativo della densità minerale ossea in presenza di persone della stessa età. Esprime, dunque, la variazione rispetto alla media e anche in questo caso i valori inferiori a -1 devono essere attenzionati.
La diagnosi di osteoporosi si fonda, inoltre, sull’esecuzione di alcuni particolari esami di laboratorio. Vediamo ora brevemente i principali.
• Dosaggio di calcio sierico: l’eventuale scarsa concentrazione di tale minerale è il campanello d’allarme (nel soggetto adulto) di una possibile forma di osteoporosi.
• Concentrazione di vitamina D: eventuali carenze possono inficiare il processo di mineralizzazione ossea favorendo così lo sviluppo dell’osteoporosi.
• T3,T4 e TSH (ormoni tiroidei): eventuali alterazioni sono riconducibili a patologie a carico delle ossa.
• PTH (paratormone): test indicato in caso di alterato metabolismo del calcio con conseguente mal funzionamento delle paratiroidi.
• FSH (ormone follico-stimolante): la sua concentrazione viene stimata per verificare se la donna è entrata in menopausa.
• Testosterone: test per rilevare possibili deficit negli individui di sesso maschile.
• Elettroforesi proteica: test richiesto perché alcune patologie possono provocare lesioni alle ossa ed è, dunque, fondamentale monitorare la presenza di proteine anomale.
• ALP (fosfatasi alcalina): la sua concentrazione nel sangue è strettamente correlata a disturbi a carico di ossa e fegato. Alti valori di ALP possono, in modo particolare, essere riconducibili a una foma di osteoporosi.
Osteoporosi alimentazione
Una dieta ad alto apporto di fosforo, calcio e vitamina D è fondamentale per prevenire e rallentare l’osteoporosi. Via libera, dunque, a latte e derivati, fegato, pesce, tuorlo d’uovo, funghi, cereali, legumi, frutta e verdura.
Limitare, invece, l’assunzione di alimenti ad alto tenore di sodio (questo minerale favorisce l’escrezione di calcio dal circolo sanguigno) e controllare l’introito di fosforo. Quest’ultimo stimola la sintesi dell’idrossiapatite (minerale presente nelle ossa), ma nello stesso tempo può ostacolare l’assorbimento del calcio. È, dunque, fondamentale non consumare in uno stesso pasto cibi ad alto tenore di entrambi i sali minerali.
Le proteine devono, inoltre, essere ingerite con molta attenzione perché il residuo azotato può favorire l’escrezione di calcio dal sangue e lo stesso comportamento deve essere osservato in presenza di fibre, acido fitico, acido ossalico e tannini. Le fibre sono, difatti, indispensabili per il buon funzionamento dell’intestino, ma il marcato consumo inficia l’assorbimento dei nutrienti da parte dello stesso organo. Gli acidi e i tannini si legano, invece, con il calcio presente nell’intestino e ne ostacolano la captazione.
Limitare, infine, il consumo di bevande alcoliche (l’abuso di vino e superalcolici ostacola il rinnovamento delle ossa e altera le modalità di assorbimento del calcio), caffè, té e alimenti ad alto tenore di zucchero.
Si consiglia di condurre uno stile di vita sano fatto di attività fisica costante e abbandono immediato e totale del fumo di sigarette (può limitare l’assorbimento di calcio).
Trattamento osteoporosi con lo sport
L’attività fisica è essenziale nei soggetti colpiti da osteoporosi per:
• aumentare la massa ossea;
• ridurre l’assunzione di analgesici;
• migliorare la qualità della vita;
• incrementare l’abilità funzionale nelle consuete attività quotidiane.
I soggetti osteoporotici possono, dunque, praticare uno dei seguenti sport.
• Corsa leggera: stimola la sintesi ossea in corrispondenza di rachide e femore, favorisce la produzione di endorfine (sostanze che stimolano il rinnovamento osseo), abbatte il rischio di fratture osteoporotiche, contiene la perdita di massa ossea e incentiva la produzione di vitamina C. La corsa è, inoltre, un’importante attività aerobica che apporta innumerevoli benefici all’apparato cardiovascolare e regola la pressione arteriosa. Si consiglia di correre almeno due volte settimana per un massimo di 40 minuti (l’attività fisica intensa può, difatti, favorire l’infiammazione di tendini e muscoli).
• Ginnastica posturale: gli esercizi sono volti a favorire la sintesi ossea riducendo nello stesso tempo il rischio di infortuni. Il pilates è la disciplina ideale perché non carica in modo gravoso la colonna vertebrale e le articolazioni. La pratica costante riduce, inoltre, il rischio di cadute in virtù dei miglioramenti prodotti su equilibrio e muscoli stabilizzatori.
• Yoga: questa disciplina può essere d’aiuto a tutti coloro che soffrono di osteoporosi. Gli asana più utili sono le posizioni di montagna (distende i muscoli della schiena, favorisce l’equilibrio e migliora la postura), albero (rafforza gli arti inferiori), triangolo (tonifica la muscolatura di gambe e braccia, ma è controindicata in presenza di disturbi a rachide e ginocchia) e guerriero (aumenta il tono dei muscoli e dona flessibilità agli arti inferiori).
• Nuoto e acquagym: la ginnastica in acqua è un vero e proprio toccasana per tutti coloro che soffrono di osteoporosi. Il movimento in acqua attenua il gonfiore delle articolazioni e favorisce il rinnovamento delle cellule presenti all’interno delle ossa. Il nuoto, praticato in mare aperto, stimola inoltre la produzione di vitamina D da parte del corpo (azione dei raggi solari) e tale sostanza è fondamentale per fissare il calcio all’interno delle ossa.
Osteoporosi cure
L’osteoporosi non può essere curata, ma la si può controllare con l’ausilio di terapie farmacologiche dedicate. I medicinali disponibili sono diversi e il trattamento viene definito dallo specialista sulla base di sesso del paziente, livello di gravità dell’affezione, altri fattori di rischio ed eventuali controindicazioni in presenza di pregresse patologie.
I farmaci impiegati per trattare l’osteoporosi possono essere così classificati.
• Agenti anti-riassorbitivi: rallentano il riassorbimento osseo, arrestano la perdita dell’osso e ne preservano la densità.
• Agenti anabolici: favoriscono la produzione di nuovo osso.
• Agenti con doppio meccanismo: inibiscono il riassorbimento osseo e favoriscono la neoformazione ossea.
I pazienti affetti da osteoporosi devono, inoltre, seguire una dieta sana e bilanciata, praticare attività fisica e prevenire situazioni potenzialmente pericolose che possono determinare lo sviluppo di fratture ossee.
Esistono diversi farmaci approvati per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi.
E’compito del medico scegliere caso per caso il più adatto alle esigenze di ogni singolo paziente, tenendo conto del sesso (ci sono medicinali approvati solo per le donne e altri approvati per entrambi i sessi), dell’età (per esempio, alcuni sono più indicati per le donne in post-menopausa giovani, altri per quelle più anziane), della gravità dell’osteoporosi, presenza di ulteriori fattori di rischio (per esempio il rischio di cadute) e delle comorbilità del paziente (alcuni farmaci sono controindicati in condizioni cliniche particolari)..
Sostanzialmente, i farmaci efficaci nella terapia dell’osteoporosi possono essere suddivisi in tre categorie:
- agenti anti-riassorbitivi: riducono il riassorbimento osseo, rallentando o fermando la perdita di osso e preservando la densità ossea;
- agenti anabolici: stimolano la formazione di nuovo osso, aumentando la BMD;
- agenti con doppio meccanismo: inibiscono debolmente il riassorbimento osseo e stimolano debolmente la neoformazione ossea.
Farmaci anti-riassorbitivi
Appartengono a questa categoria:
- i bisfosfonati;
- il denosumab;
- la terapia ormonale sostitutiva (TOS);
- i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM).
I bisfosfonati rappresentano attualmente il caposaldo della terapia farmacologica dell’osteoporosi. Sono potenti inibitori del riassorbimento osseo e inibiscono l’attività degli osteoclasti. Tutti i bisfosfonati approvati hanno dimostrato di ridurre il rischio di fratture vertebrali e aumentare la densità minerale ossea, mentre alcuni hanno dimostrato la loro efficacia anche nella riduzione del rischio di fratture non vertebrali e di fratture all’anca.
Si assumono per bocca con somministrazioni giornaliere, settimanali o mensili (alendronato, risedronato e ibandronato) o per via endovenosa ogni 3 mesi (ibandronato) o una volta all’anno (zoledronato). Inoltre, l’effetto antiriassorbitivo dei bisfosfonati persiste anche dopo la loro sospensione.
Grazie alla loro comprovata efficacia e alla tossicità limitata, questi agenti sono considerati l’opzione terapeutica di prima linea per molti pazienti.
Per i bisfosfonati orali, gli effetti collaterali più frequenti sono a
carico del tratto gastrointestinale superiore e possono manifestarsi
soprattutto con epigastralgia. L’assunzione del farmaco in maniera
corretta (con tanta acqua, rimanendo con il busto eretto) limita
fortemente questo effetto collaterale. In caso di comparsa di questi
disturbi dopo l’inizio di una terapia con bisfosfonati orali è
necessario segnalarlo al proprio medico curante.
Per quanto riguarda i bisfosfonati endovena, circa il 10% della
popolazione trattata presenta nelle 24-36 ore dopo la prima infusione
sintomi simili a quelli dell’influenza (febbre, dolori muscolari e
ossei) che vanno trattati con farmaci sintomatici, ma non pregiudicano
il proseguimento della cura. Non possono essere utilizzati, invece, in
pazienti con problemi renali gravi. In casi rari e se utilizzati in modo
prolungato, si sono associati a effetti collaterali gravi, tra cui
l’osteonecrosi della mandibola e le fratture atipiche del femore.
L’osteonecrosi della mandibola è una infezione dell’osso dovuta a dei germi che sono molto frequenti nel cavo orale in seguito a un intervento odontoiatrico invasivo o a estrazione di un dente. È stato osservato che una terapia antibiotica in caso di estrazione dentale e una corretta igiene orale sono le misure più efficaci per evitare questa rarissima complicanza.
Le fratture atipiche (così definite perché si verificano in una sede non tipica per l’osteoporosi e cioè lungo la diafisi del femore) possono verificarsi dopo periodi prolungati (anni) di terapia con questi farmaci e in pazienti con condizioni predisponenti (altre malattie concomitanti o uso di particolari farmaci). qualora un paziente in trattamento da tempo con bisfosfonati avverta la comparsa di dolore a metà della coscia, è importante che lo segnali al medico. La possibilità che si manifestino questi effetti collaterali in caso di assunzione prolungata di bisfosfonati ha portato i medici a riconsiderare la durata della terapia con bisfosfonati e la necessità di sospenderli per un certo periodo, per poi riprendere il trattamento.
Il denosumab è un anti-riassorbitivo molto potente. Si tratta di un anticorpo monoclonale che agisce contro il cosiddetto ligando di RANK (RANKL), uno dei composti che costituiscono la superfamiglia del fattore di necrosi tumorale, essenziali per il riassorbimento osseo. In particolare, il farmaco si lega fortemente e in modo specifico al RANKL, bloccando l’interazione tra RANKL e RANK sugli osteoclasti, e inibendo così la differenziazione, l’attivazione e la sopravvivenza di queste cellule responsabili del riassorbimento osseo.
Denosumab si somministra mediante un’iniezione sottocute due volte all’anno e, a differenza di quanto accade con i bisfosfonati, il suo effetto anti-riassorbitivo cessa quando si sospende la terapia.
Negli studi clinici, questo farmaco ha dimostrato un’efficacia significativa nella riduzione del rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e di femore, superiore a quella di altri agenti anti-riassorbitivi. Anche con il denosumab sono stati segnalati rari casi di osteonecrosi della mandibola e di fratture atipiche di femore.
La terapia ormonale sostitutiva (TOS) può consistere nell’assunzione di estrogeni da soli o in combinazione con altri ormoni sessuali (progestinici). Questo trattamento rallenta il turnover osseo e aumenta la densità minerale ossea in tutti i distretti scheletrici nelle donne in post-menopausa di qualunque età.
L’efficacia della TOS nella prevenzione delle fratture è stata valutata in diversi studi, tra cui quelli della Women’s Health Initiative (WHI), lo studio HERS e lo studio WISDOM. Nel complesso, queste ricerche hanno dimostrato che la TOS è in grado di ridurre il rischio di frattura da fragilità del 20-35%. Tuttavia, si è visto che sospendere la TOS porta a un’accelerazione del turnover osseo, una riduzione della massa ossea e, alla fine, a una perdita dell’efficacia anti-fratturativa. A ciò si aggiunge il fatto che la protezione contro le fratture si ottiene a spese di un aumento del rischio di diverse problematiche, tra cui eventi cardiovascolari e cancro al seno e all’utero.
Per queste ragioni, la TOS non è considerata la scelta terapeutica ottimale per le donne in post-menopausa, specie quelle più anziane. Tuttavia, una TOS di breve durata è ritenuta un’opzione praticabile nelle donne in post-menopausa più giovani, con sintomi menopausali (come le vampate di calore) e che non presentino controindicazioni all’uso di questa terapia.
I modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) hanno la capacità di legarsi ai recettori degli estrogeni in tutto il corpo e di agire come agonisti o antagonisti di questi ormoni sessuali a seconda dell’organo.
Un SERM utilizzato per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi è il raloxifene (60 mg al giorno), che ha dimostrato di rallentare il turnover osseo e di aumentare la BMD a livello della colonna lombare e del collo del femore. Inoltre, il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di fratture vertebrali, ma non di fratture di femore; tuttavia, possiede il valore aggiunto di ridurre il rischio di cancro al seno, senza avere effetti deleteri sull’utero. Sul fronte della sicurezza, non sembra aumentare il rischio di eventi cardiovascolari (anzi, in alcuni gruppi può anche ridurre il rischio di infarto miocardico o angina instabile), ma, al pari della TOS, aumenta quello di trombosi. Gli effetti collaterali più comuni, tuttavia, sono meno gravi e rappresentati dalla comparsa di crampi muscolari e dalla comparsa o peggioramento dei sintomi della menopausa, quali le vampate di calore.
Un altro SERM disponibile è il bazedoxifene (20 mg al giorno). Questo farmaco diminuisce il turnover osseo in misura simile al raloxifene, aumenta la BMD della colonna vertebrale e previene la perdita di massa ossea a livello dell’anca; inoltre, riduce il rischio di fratture vertebrali in modo simile al raloxifene. Negli studi su donne in post-menopausa affette da osteoporosi, ad alto rischio di frattura, il bazedoxifene ha mostrato di ridurre, oltre al rischio di fratture vertebrali, anche quello di tutte le fratture cliniche del 30%. Gli effetti collaterali sono simili a quelli osservati in corso di terapia con raloxifene. Recentemente, si è resa disponibile un’associazione di bazedoxifene con terapia estrogenica che ha dimostrato di limitare alcuni effetti collaterali, come le vampate di calore
Farmaci anabolici
Sebbene tra non molto avremo a disposizione nuove molecole, al momento appartiene a questa categoria solo il teriparatide.
Il teriparatide è un frammento dell’ormone paratiroideo
umano, prodotto con tecniche di ingegneria genetica. Questo farmaco è
approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne in
post-menopausa e negli uomini ad alto rischio di frattura. Inoltre è
approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne e negli uomini
che sono in terapia prolungata con steroidi.
Il teriparatide stimola efficacemente la formazione di nuovo osso. Dal momento che il farmaco aumenta fortemente la BMD della componente trabecolare dell’osso, l’aumento maggiore della densità ossea nei pazienti che la assumono si osserva a livello della colonna vertebrale, dove questa componente dell’osso è più rappresentata. Inoltre, ha dimostrato di ridurre in modo significativo il rischio di fratture sia vertebrali sia non vertebrali, ma non il rischio di frattura di femore.
Il farmaco si somministra mediante iniezione sottocutanea quotidiana con una penna pre-riempita e può essere assunto per un massimo di 2 anni. Al momento della sospensione si può avere una perdita significativa di massa ossea; per prevenirla e mantenere i benefici del trattamento con teriparatide, è raccomandato utilizzare un farmaco anti-riassorbitivo al termine del trattamento. Durante il periodo della cura, contrariamente a quanto accade per altri trattamenti, il medico vi chiederà di effettuare alcuni esami del sangue e, talvolta, delle urine per monitorare la sicurezza del farmaco.
L’utilizzo di teriparatide è stato limitato a soli 2 anni.
Altri tipi di trattamenti
In presenza di una semplice osteopenia o di un’osteoporosi non grave il medico potrebbe prescrivere solo supplementi di calcio e vitamina D. In caso di osteoporosi conclamata (quando la densità ossea è molto bassa e/o c’è già stata una frattura), tuttavia, per garantire una protezione adeguata questi integratori da soli non sono sufficienti e diventa indispensabile una terapia farmacologica.
I supplementi di calcio e vitamina D, comunque, vanno sempre abbinati ai farmaci in quanto è dimostrato che sono necessari per massimizzarne l’efficacia.
Inoltre, entrambi questi interventi (integratori e farmaci) devono essere sempre associati a uno stile di vita adeguato per la salute dell’osso (dieta ricca di latte e latticini, attività fisica regolare, giusto peso forma, limitare l’alcol, no al fumo).
Osteoporosi prevenzione
L’osteoporosi si può prevenire apportando le giuste modifiche a dieta e stile di vita. Seguire un regime alimentare sano ed equilibrato è, per esempio, fondamentale per il ridurre il rischio di contrarre malattie quali osteoporosi, diabete e affezioni cardiache. Gli alimenti da privilegiare per la salute delle ossa sono latte, yogurt, tofu, frutta secca, ortaggi a foglia verde, uova e pesce azzurro. Lo stile di vita deve essere, invece, parallelamente sano al fine di scongiurare una possibile futura insorgenza della malattia. Devono, dunque, essere aboliti tabagismo e assunzione di bevande alcoliche, mentre è fondamentale l’esposizione al sole per stimolare la produzione di vitamina D e favorire il successivo assorbimento di calcio da parte di ossa e denti. Si consiglia, inoltre, di praticare attività fisica costante e graduale: persone tra i 19 e i 64 anni d’età possono, dunque, dedicarsi a lunghe passeggiate e pedalate in bicicletta per un totale di almeno 150 minuti a settimana. Vi libera, altresì, a esercizi condotti contro la forza di gravità in modo tale da far ‘pesare’ il corpo sullo scheletro (corsa, ballo e salto sul posto rafforzano muscoli, legamenti e articolazioni) e sport di resistenza (flessioni, sollevamento pesi e utilizzo di attrezzi dedicati migliorano la densità ossea). Qualsiasi sport deve, però, essere praticato in modo corretto al fine di evitare sollecitazioni potenzialmente pericolose per il corpo: eventuali cadute possono, difatti, provocare fratture ossee e richiedere la successiva ospedalizzazione del soggetto.
La prevenzione delle cadute deve essere trattata infine non solo in ambito sportivo, ma anche in quello domestico. Eliminare tappeti, fili volanti e munirsi di tappetini in gomma da utilizzare in cucina e bagno al fine di evitare possibili scivolamenti e conseguenti fratture.
Conclusioni
L’osteoporosi è un’affezione che colpisce l’apparato scheletrico e lo rende più fragile esponendolo a un maggiore rischio di fratture. La malattia, che interessa individui di ambo i sessi, è riconducibile a fattori di diverso tipo quali brusco calo della secrezione ormonale, componente ereditaria, importante magrezza, dieta poco equilibrata con scarso apporto di calcio e stili di vita non corretti (abuso di bevande alcoliche e fumo di sigaretta).
L’esordio della malattia può essere silente, ma i suoi segni sono destinati a palesarsi con il trascorrere del tempo quando si manifestano postura incurvata, dolore osseo e fratture specie a carico di femore, costole e bacino. La malattia, diagnosticata precocemente con l’ausilio di esami di laboratorio e analisi strumentali, può essere affrontata con trattamenti farmacologici a base di agenti anti-riassorbitivi, anabolici e con doppio meccanismo. È bene premettere che non esiste, allo stato dell’arte, alcuna cura per l’osteoporosi, ma convivere con questa patologia non è impossibile come può sembrare. Le persone malate possono controllare la sintomatologia con l’ausilio dei farmaci, mentre l’attività fisica può migliorare in modo importante la qualità della vita. Via libera, dunque, a lunghe passeggiate, nuotate in piscina e altri esercizi in acqua, yoga e ginnastica posturale (pilates). Per maggiori informazioni, rivolgersi a uno specialista perché l’attività fisica deve essere praticata con attenzione al fine di evitare eccessive sollecitazioni e possibili cadute che possono condurre a fratture ossee. Queste ultime possono, difatti, richiedere l’ospedalizzazione del paziente e un successivo intervento chirurgico non esente da complicanze anche gravi.