Caratteri distintivi delle MST (Malattie Sessualmente Trasmissibili)
Conosciute anche come IST (Infezioni sessualmente Trasmesse), queste patologie sono causate da fattori eziologici sia batterici che virali o fungini e in alcuni casi parassitari.

Come indica la loro denominazione sono disturbi infettivi e trasmissibili attraverso contatti sessuali di vario genere, di tipo vaginale, orale e anale.
Il mezzo di trasmissione, nella maggioranza dei casi, è rappresentato da liquidi biologici contenenti gli agenti patogeni in concentrazione variabile, che vengono trasferiti da una persona a un’altra attraverso le mucose.
I tessuti mucosi, per loro natura, sono strutture istologiche le cui cellule mucosecernenti contribuiscono a creare un ambiente umido, perfetto per la proliferazione dei germi.
È proprio questo il motivo per cui le MST si diffondono con estrema facilità, soprattutto perché nelle prime fasi risultano asintomatiche e quindi il malato non è a conoscenza di essere infetto.
Anche se l’attività sessuale gioca un ruolo di estrema rilevanza nella diffusione di queste malattie, il contagio può verificarsi anche senza contatto genitale diretto; è quello che accade in caso di trasmissione da madre a figlio durante il periodo gestazionale oppure al momento della nascita, quando può verificarsi un contagio verticale.
Le trasfusioni di sangue infetto o anche l’impiego promiscuo di oggetti taglienti e acuminati, come aghi di siringhe e strumentazioni chirurgiche che sono stati a contatto con materiale infettante rappresentano altrettante vie di trasmissione.
Anche se le cause di queste patologie possono essere sia batteriche che virali, protozoarie e fungine, un requisito che le accomuna tutte è riferibile al fatto che inizialmente sono asintomatiche oppure paucisintomatiche, in quanto la comparsa di segnali significativi può comparire dopo mesi o addirittura dopo anni dal momento del contagio.
Alcune infezioni sono banali disturbi che si risolvono spesso spontaneamente nel giro di poco tempo; questo è il caso della candidosi (causata dal micete Candida Albicans) che è una dei disturbi più comuni soprattutto per le donne.
In altre situazioni invece le MST assumono un carattere di gravità piuttosto evidente, come nella sifilide e nel HIV, la cui evoluzione può portare anche al decesso del paziente qualora le terapie non siano adeguate e tempestive.
In generale tutte le malattie appartenenti a questo gruppo hanno una fase primaria durante cui i sintomi sono assenti o poco evidenti, e una fase secondaria (distanziata in maniera variabile) che colpisce organi non genitali con decadimento delle loro funzioni.
Il problema principale collegato a patologie di questo genere è riconducibile alla loro insorgenza asintomatica che, oltre a ritardarne la diagnosi, compromettono notevolmente anche la prognosi.
Dal punto di vista microbiologico, gli agenti infettanti sono chiaramente classificabili dato che appartengono a note specie di batteri, virus e parassiti, ma nonostante ciò il quadro morboso non è facilmente identificabile.
Basti pensare che, ai suoi esordi, la sifilide si manifesta con una sintomatologia del tutto analoga a quella dell’influenza e quindi assolutamente fuorviante per un corretto approccio diagnostico.
Inoltre la possibilità di sovrainfezioni batteriche che rappresenta uno dei principali caratteri delle MST non può che complicare ulteriormente la loro identificazione.
Alla base dello sviluppo di queste patologie vi è sempre un’immunodeficienza più o meno conclamata, ma che comunque contribuisce a facilitare la diffusione dell’agente infettante.
Non è raro che un paziente manifesti la presenza contemporanea di due o più disturbi appartenenti alla classe delle IST e che pertanto sia curabile con difficoltà.
Come per le malattie veneree, che in alcuni casi si sovrappongono alle MST proprio in quanto vengono anch’esse trasmesse per via genitale, anche queste sindromi possono essere prevenute adottando alcune misure di sicurezza, come soprattutto l’impiego del profilattico.
È chiaro che utilizzando dei dispositivi di barriera si crea un ostacolo fisico tra le mucose dei partner e quindi si impedisce la diffusione dei patogeni.
Dal punto di vista clinico, le MST devono essere diagnosticate con il supporto di esami di laboratorio che, oltre ai normali pannelli ematochimici e all’esame completo delle urine, devono comprendere la ricerca della proteina C reattiva (un attendibile marker per le infezioni), il titolo antistreptolisinico (un indice di degenerazione delle cellule ammalate) ed eventuali indici immunologici per testare la reattività del sistema immunitario.
Il fattore discriminante che consente di formulare una diagnosi certa è comunque rappresentato dall’impiego del tampone vaginale e cervicale nella donna e di quello uretrale nell’uomo.
Infatti è soltanto attraverso l’analisi biochimica dei microrganismi infettanti presenti nelle cellule di sfaldamento e nei secreti prelevati che si può avere la certezza di diagnosticare la patologia.
Tipi di MST
Vediamo qual sono le principali malattie che si possono trasmettere attraverso rapporti sessuali:
Candidosi
Provocata dal micete microscopico Candida Albicans, la candidosi è un’infezione fungina che colpisce le mucose genitali di entrambi i sessi, con maggiore frequenza nella donna.
Questo microrganismo è presente in condizioni fisiologiche nell’organismo in quanto fa parte della normale flora batterica in grado di proliferare senza causare danni.
Soltanto quando il soggetto si trova in condizioni di immunodeficienza può succedere che il fungo proliferi in maniera incontrollabile, provocando una forma di micosi più o meno importante.
Candida Albicans è un commensale saprofita che si nutre di materiale organico morto e che vive di preferenza a livello delle mucose intestinali, nell’orofaringe e sull’epitelio genitale.
Il principale fattore di rischio che porta allo sviluppo della malattia è ancora una volta l’immunosoppressione, una condizione predisponente alla moltiplicazione e diffusione del micete soprattutto nella zona genitale.
Per questo motivo la candidosi viene considerata una MST.
I principali fattori di rischio sono i seguenti:
- impiego prolungato di antibiotici o corticosteroidi;
- assunzione di contraccettivi orali a base di estrogeni;
- iperglicemia in quanto il glucosio presente nel sangue costituisce un substrato ideale per la sopravvivenza del fungo;
- immunodeficienza;
- anemia;
- alcolismo e tabagismo.
Oltre il 75% delle donne manifesta, almeno una volta nella vita, un episodio di candidosi che tende a cronicizzarsi nel 5% dei casi; questo significa che pazienti di questo genere diventano portatrici sane di candida che può essere trasmessa al partner durante i rapporti sessuali.
Infatti la candidosi vulvo-vaginale rappresenta la forma maggiormente diffusa dell’infezione che in molti casi si trasforma in forme miste con coinvolgimento betterico.
Esiste un collegamento sicuro tra l’insorgenza di candidosi e alterazioni funzionali della flora batterica intestinale (bioma), confermata dal fatto che spesso il disturbo è associato ad alterazioni dell’alvo intestinale.
Il segnale più tipico di questa patologia è l’arrossamento delle mucose con presenza di un essudato biancastro di consistenza semisolida, maleodorante e fortemente pruriginoso.
Sono frequenti anche delle perdite liquide sierose e biancastre a livello vaginale; può comparire gonfiore localizzato, ulcerazione dei tessuti, dolore alla minzione e soprattutto durante il coito.
La candidosi è molto infettiva e quindi facilmente trasmissibile all’uomo che di norma sviluppa una compromissione a livello del glande.
trattandosi di una malattia fungina, il trattamento si basa sull’assunzione di antimicotici sia locali (per uso topico) per sistemici (per bocca); tra i principi attivi maggiormente utilizzati trovano largo impiego il clotrimazolo e il miconazolo.
Clamidia
Causata dal batterio Chlamydia Trachomatis, la clamidia appartiene al gruppo delle MST e si trasmette attraverso rapporti sessuali non protetti.
Le sue manifestazioni sono assenti oppure particolarmente sfumate e quindi la diagnosi di questo disturbo risulta molto difficile.
Ecco perché essa è stata più volte definita come una malattia silenziosa e spesso sottovalutata, ma che, se non trattata adeguatamente e con tempestività, può predisporre a complicanze molto gravi per l’apparato riproduttivo.
In una notevole percentuale di casi la clamidia evolve in malattia infiammatoria pelvica (PID) della donna, mentre nell’uomo può interessare uretra e prostata con l’insorgenza di infiammazioni collegate.
La Chlamydia Trachomatis è un batterio intracellulare in grado di sopravvivere soltanto all’interno di cellule ospiti e che si trasmette per via sessuale oppure durante il parto per contagio materno-fetale.
La sua sintomatologia, che compare da 1 a 3 settimane dopo il rapporto non protetto, si presenta dapprima molto vaga e aspecifica, facilmente confondibile con infezioni banali come la cistite.
Soltanto in un secondo tempo, e se trascurato, il disturbo si manifesta con dolori al basso ventre, febbre, nausea e perdite ematica extramestruali.
Se non curata, questa MST può provocare la perdita della capacità di procreare con una sterilità permanente di grave entità.
La parte anatomica interessata è rappresentata dalle Tube del Falloppio che tendono a chiudersi per occlusione tubarica.
Negli uomini la malattia ha un decorso piuttosto serio, con episodi febbrili, secrezioni sierose dal pene, prurito e irritazione cutanea, manifestazioni particolarmente evidenti durante la minzione.
Anche nell’uomo la clamidia può risalire attraverso l’apparato genitale e interessare l’uretra, la prostata e la vescica urinaria.
Qualora il batterio arrivi a colonizzare epididimo e testicoli è molto probabile che il soggetti sviluppi una sterilità acquisita di natura infettiva.
Il trattamento può essere impostato soltanto dopo una diagnosi completata da esami di laboratorio, come l’antibiogramma, in grado di identificare con certezza la presenza del germe.
La terapia è di tipo antibiotico, a base di azitromicina oppure doxiciclina, che sono i due principi attivi specifici per questo microrganismo.
Herpes genitale
Provocato dall’HIV (Virus dell’Herpes Simplex), l’herpes genitale è una malattia infettiva che provoca lesioni cutanee localizzate nella zona uro-genitale.
Anche questo disturbo appartiene alle MST e la sua trasmissione avviene attraverso rapporti sessuali non protetti, oltre che per contagio verticale.
La manifestazione di una sintomatologia spesso sfumata, compare circa una settimana dopo il rapporto infetto e consiste nella comparsa di vescicole rotondeggianti riunite a grappoli, dolenti e brucianti, spesso accompagnate da una sensazione di formicolio.
È frequente anche la presenza di papule molto pruriginose che tendono a localizzarsi sulla vulva, clitoride, perineo, vagina e collo dell’utero nella donna, mentre nell’uomo si concentrano sul glande, prepuzio e corpo del pene.
Succede spesso che queste vescicole si ulcerino dando origine a lesioni dolorose e difficilmente cicatrizzabili con una netta tendenza a seccarsi e a formare crosticine rilevate che regrediscono in 3-4 settimane.
Caratterizzata da una tipica ciclicità, questa patologia tende a recidivare tutte le volte in cui il sistema immunitario si viene a trovare in condizioni di deficienza.
Quando non viene correttamente curato, l’herpes genitale può evolvere in sindrome sistemica, con cefalea, febbre e dolori articolari, accompagnati da astenia generalizzata, stipsi e difficoltà urinaria.
Anche se da un esame obiettivo è piuttosto semplice diagnosticare questa malattia, di solito il medico richiede alcuni esami di laboratorio per confermare il quesito diagnostico.
Si tratta di esami ematochimici finalizzati alla ricerca di anticorpi anti-virali che, per la loro identificazione, richiedono analisi approfondite di tipo immunosierologico.
La terapia è prevalentemente sintomatica e finalizzata a minimizzare i fastidi derivanti dall’infezione; alcuni medici sono favorevoli all’impiego di trattamenti antivirali a base di principi attivi come l’aciclovir e il valaciclovir.
Anche se questi prodotti trovano impiego per impedire la replicazione virale, tuttavia non sono in grado di eradicare completamente il patogeno, che dunque rimane sotto forma di germe latente in grado di riattivarsi quando la funzionalità del sistema immunitario non risulta adeguatamente attiva.
Papilloma Virus
L’HPV (Papilloma Virus Umano) è un patogeno responsabile di lesioni iperproliferativa che possono svilupparsi in vari distretti del corpo sia di tipo cutaneo che mucoso.
La loro sede d’elezione è rappresentata dagli organi genitali, come la vulva, la vagina, la cervice uterina e la zona anale; può presentarsi anche a livello della mucosa del cavo orale.
La sua differente tipicizzazione rende questo virus responsabile dell’insorgenza di affezioni banali e di poco conto, come le verruche genitali e i condilomi acuminati, sia di patologie ben più gravi, come carcinomi al collo dell’utero.
L’HIV è uno degli agenti infettanti maggiormente diffuso tra le MST, e la sua diffusione colpisce elevate percentuali di soggetti che si infettano per via sessuale.
Secondo attendibili statistiche oltre il 95% delle donne, almeno una volta nella vita, è venuta a contatto con questo microrganismo che, come detto, può provocare disturbi di varia natura.
In tutti i casi in cui la risposta immunitaria si rivela efficace, normalmente la malattia regredisce spontaneamente senza lasciare nessun esito; quando invece il virus vine a contatto con un organismo debilitato o immunodepresso, è piuttosto probabile che provochi l’insorgenza di un quadro morboso.
Dal punto di vista microbiologico, il papilloma virus è rivestito da un capside icosaedrico dotato di numerose punte e costituito da una matrice proteica responsabile della produzione degli antigeni.
Si tratta di un virus a DNA circolare che viene classificato in base alla probabilità di rischio oncogeno; fortunatamente la quasi totalità di questi germi è a bassissimo rischio in quanto provoca la formazione di verruche cutanee.
I sottotipi pericolosi sono invece collegati alla genesi di neoplasia alla cervice uterina, al cavo orale, alla faringe e all’esofago.
Dato che le patologie da HPV sono del tutto asintomatiche durante le fasi iniziali e tenendo conto della loro elevata trasmissibilità per via genitale, ne consegue come la prevenzione rimanga lo strumento principale per eliminare il rischio di sviluppare una malattia.
A questo proposito è fondamentale che le donne oltre i 25 anni sessualmente attive effettuino ogni 2 anni il pap-test, un esame minimamente invasivo e indolore che consente il prelievo di cellule della cervice uterina per monitorare l’eventuale presenza di elementi anomali.
Il periodo di tempo che intercorre tra il contagio con HPV ad alto rischio oncogenico e l’insorgenza del carcinoma è di circa 10 anni e quindi, con una prevenzione costante, è possibile prevenire il suo sviluppo.
Dopo un’iniziale fase asintomatica, il papilloma virus può generare perdite vaginali sierose anche miste a sangue, spesso maleodoranti, piccole emorragie al di fuori del ciclo mestruale, dolore alla regione pelvica.
I sottotipi generanti formazioni verrucose si localizzano nel cavo orale, sul collo dell’utero, sulle pareti di vagina e vulva, a livello di congiuntive e narici, oppure in altre zone del corpo dove siano presenti cellule in grado di ospitare il virus.
In questi casi si evidenziano eruzioni cutanee di solito caratterizzate da elementi citologici disidratati, secchi e corneificati, oppure iperproliferazioni tessutali che assumono l’aspetto di condilomi.
Pruriginosi, brucianti e molto fastidiosi questi disturbi non sono tuttavia pericolosi per la salute e di norma vengono eliminati soltanto per eliminare il fastidio che provocano.
La diagnosi dell’HPV dipende sia da un esame obiettivo (quando le formazioni prodotte hanno dimensioni tali da renderle visibili), sia da esami clinici derivanti da prelievi citologici che vengono analizzati al microscopio.
Oltre al pap-test viene di solito effettuata una colposcopia, completa di test per DNA-HPV, un esame estremamente specializzato che consente di ottenere dati molto attendibili e sicuri.
Tenendo conto che la trasmissione di questo agente infettante avviene per via sessuale, sarebbe necessario fare impiego del profilattico come mezzo preventivo.
Il microrganismo rimane attivo anche dopo anni dal contatto infetto e pertanto è opportuno un monitoraggio continuativo nel tempo.
Per i papilloma virus non esiste attualmente nessuna terapia dato che la quasi totalità dei casi va incontro a una risoluzione spontanea derivante dall’azione del sistema immunitario.
In casi più gravi, è necessario intervenire con l’exeresi chirurgica delle formazioni cutanee, oppure anche con la laser-terapia quando le condizioni lo consentono.
Esiste uno specifico vaccino che viene effettuato su adolescenti in fase di sviluppo di entrambi i sessi e che offre un ottimo margine di sicurezza.
Sifilide
Si tratta di una MST di notevole gravità, il cui agente eziologico è il Treponema Pallidum, un batterio di tipo spirocheta in grado di penetrare nell’organismo attraverso le mucose per poi annidarsi nei linfonodi periferici, da cui si diffonde velocemente a tutto l’organismo.
Dopo il contagio è infatti possibile trovare il patogeno in tutti i liquidi biologici del corpo, dal sangue alla linfa alle numerose secrezioni mucose o sierose.
Questo fatto dipende dalla notevolissima velocità di moltiplicazione del batterio che, in condizioni favorevoli, ha un ciclo vitale molto resistente e invasivo.
Anche le maggiore fonte di contagio deriva dai rapporti sessuali non protetti, è possibile anche la trasmissione verticale madre-feto durante la gestazione oppure in occasione del parto.
La patologia mostra una precisa stadiazione, con fasi di sviluppo e una sintomatologia ben specifiche.
Dopo un esordio asintomatico, la sifilide si caratterizza per l’insorgenza di lesioni cutanee e genitali, accompagnate da una sintomatologia del tutto analoga a quella dell’influenza (fattore particolarmente fuorviante ai fini diagnostici).
Se non identificata, la malattia continua il suo decorso evolutivo, con compromissione del cuore, dell’apparato cutaneo e di quello osteo-articolare.
Nella sua fase conclusiva, la più grave di tutte, la malattia arriva a interessare il sistema nervoso centrale, innescando una serie di paralisi progressive.
Si distinguono quattro stadi della patologia, che sono:
- sifilide primaria,
dopo un periodo d’incubazione di circa 3-4 settimane dal momento del contagio, nel punto in cui il Treponema Pallidum è entrato a contatto con l’organismo, si forma un sifiloma rotondeggiante e ben circoscritto, non doloroso e di grandezza variabile.
Successivamente la sua superficie tende a ulcerarsi e a produrre un essudato di natura sierosa, ricchissimo di batteri.
Possono comparire anche ingrossamenti dei linfonodi.
Tutte queste manifestazioni tendono a regredire spontaneamente entro 4-6 settimane, anche senza cure, contribuendo a trarre in inganno sulla reale portata della malattia che non è assolutamente risolta; - sifilide secondaria (disseminata),
dopo 3-6 settimane dalla comparsa del sifiloma, il microrganismo inizia a diffondersi per tutto l’organismo per via ematica e linfatica, provocando l’insorgenza di una sintomatologia simile a quella influenzale, con astenia, febbre, dolori muscolari, cefalea e malessere generalizzato.
Sulla cute e sulle mucose compare un’eruzione molto caratterizzante che di solito è pruriginosa e costituita da macchie rotondeggianti di varie dimensioni, simili a quelle dell’esantema morbilloso.
Anche questa seconda fase della sifilide tende a regredire in qualche settimana e, nel 30% dei casi è veramente guarita, mentre per un altro 30% diventa una forma latente, evolvendo nella fase successiva; - sifilide latente,
il treponema si annida nei linfonodi e non presenta manifestazioni; - sifilide terziaria,
si distingue per costituire la tappa terminale della sifilide che ormai si è diffusa in tutto il corpo, dando origine a manifestazioni di estrema gravità a carico dell’apparato cardio-vascolare e del sistema nervoso.
Anche l’apparato osteo-articolare, il sistema digerente, la pelle e i visceri possono essere contagiati, contribuendo a determinare un quadro morboso incompatibile con la sopravvivenza.
La degenerazione del tessuto nervoso di midollo spinale ed encefalo costituisce la causa principale del decesso.
La diagnosi di questa MST viene formulata sia sull’esame obiettivo dei sintomi, quando presenti, sia sull’analisi microscopica dei campioni di tessuto prelevato oppure tramite test sierologici che prevedono la ricerca degli anticorpi.
Per una prognosi favorevole è fondamentale poter contare su una diagnosi precoce, finalizzata a contrastare la progressiva evoluzione della patologia.
Tenendo conto che la prevenzione si conferma il mezzo più efficace per limitare la diffusione della sifilide, le terapie che di solito vengono utilizzate sono a base di antibiotici, tra cui le penicilline, i principi attivi che si sono mostrati maggiormente efficaci contro il Treponema Pallidum.
Gonorrea
Conosciuta anche con il nome di Blenorragia (Blenorrea), la Gonorrea è una delle malattie sessualmente trasmissibili più diffuse a livello mondiale, il cui agente patogeno è il gonococco Neisseria Gonorrhoeae.
Per svilupparsi e riprodursi, questo microrganismo necessita di un ambiente caldo e umido, come quello offerto dalla vagina femminile e dall’uretra maschile.
Molto più rare sono le localizzazioni a livello del cavo orale, della faringe, dell’intestino retto o degli occhi.
Volgarmente chiamata con l’appellativo di “scolo”, a causa dell’abbondante secrezione sierosa o mucopurulenta che fuoriesce dal pene, la Gonorrea provoca un forte bruciore del meato uretrale, accompagnato da dolore e difficoltà durante la minzione.
Si tratta di una delle poche MST (Malattie Sessualmente Trasmissibili) con una sintomatologia chiara ed evidente, che compare da due a sette giorni dopo il contagio.
Il batterio si introduce nelle cellule epiteliali della mucosa urogenitale, dove si insedia moltiplicandosi con un ritmo esponenziale.
La sua trasmissione può essere diretta o indiretta, nel primo caso il germe colonizza l’ospite attraverso rapporti sessuali di tipo vaginale, anale o anche orale.
La trasmissione indiretta si verifica mediante il contatto con materiale infetto presente su biancheria o indumenti, oppure su oggetti per uso erotico, come sex toy.
È possibile anche una trasmissione verticale, da madre a figlio, sia durante la gravidanza che al momento del parto.
Qualsiasi persona di entrambi i sessi con una vita amorosa attiva, può venire colpita dalla Gonorrea, che mostra il suo picco di incidenza in individui sotto i trent’anni.
Nella donna la patologia compare dopo dieci giorni di incubazione, che in alcuni casi possono arrivare fino a trenta, e si manifesta con perdite biancastre o giallastre dalla vagina.
Nel sesso femminile sono molto frequenti i decorsi asintomatici, che rappresentano circa il 30% della totalità dei casi.
Le manifestazioni tipiche della Gonorrea comprendono: minzioni dolorose e frequenti, gonfiore della vulva, arrossamento del meato urinario, perdite vaginali giallastre, piccole emorragie tra un ciclo mestruale e l’altro.
Nell’uomo invece il periodo di incubazione è più breve (massimo tre o quattro giorni dal contagio) e il quadro morboso si evidenzia con abbondanti perdite sierose, dapprima incolori e poi gialle o verdastre, molto più solide e maleodoranti.
Inoltre possono comparire un forte dolore al pene durante l’erezione e l’eiaculazione e evidente gonfiore dei testicoli, oltre a un arrossamento del glande.
L’infezione può risalire interessando la prostata (prostatite), gli epididimi (epididimite) e la vescica urinaria (vescicolite).
Qualora la Neisseria si localizzi nella regione ano-rettale, è possibile l’insorgenza di proctite (prurito anale), perdite muco-purulente, senso di mancato svuotamento intestinale e, anche se raramente, sanguinamento.
Quando interessa la cavità orale o faringea, il batterio provoca un intenso dolore alla gola, con aumento di volume delle tonsille e stomatite.
Questa malattia può avere conseguenze molto gravi, che sono indipendenti dalla presenza di sintomi conclamati.
A livello genito-urinario nelle donne la Gonorrea può interessare le tube uterine, causando la malattia infiammatoria pelvica; nell’uomo invece il germe è responsabile di episodi di epididimite, spesso motivo di sterilità.
Anche per quanto riguarda questa MST, un ruolo di primo piano dipende dal sistema immunitario, infatti in presenza di immunodeficienza la Gonorrea risulta molto più violenta.
Per diagnosticare questa patologia è necessario effettuare un esame colturale delle secrezioni infette, per evidenziare a livello microscopico la presenza del germe; solitamente vengono impiegati tamponi uretrali cervicali o vaginali.
Trattandosi di un’affezione batterica, la terapia è di tipo antibiotico e si basa sull’associazione di azitromicina e ceftriaxone.
In ogni caso è sempre consigliabile effettuare l’antibiogramma prima dell’impostazione di qualsiasi procedura terapeutica.
Utilizzando farmaci mirati, è possibile guarire completamente dalla gonorrea nel giro di pochi giorni, continuando poi a mettere in atto misure preventive (preservativi o altri mezzi di protezione) durante i rapporti sessuali.
Tricomoniasi
Appartenente alla categoria delle MST, anche la tricomoniasi è una patologia che riguarda gli organi sessuali di entrambi i sessi, di cui l’agente eziologico in questo caso è un parassita, e precisamente un protozoo flagellato unicellulare.
Si tratta di Trichomonas vaginalis, in grado di contagiare i partner durante i rapporti sessuali non protetti.
L’insorgenza del disturbo è aspecifica, in quanto provoca vaginiti, uretriti, cistiti o prostatiti, molto più evidenti nelle donne rispetto agli uomini.
Grazie alla presenza di ciglia, il protozoo non penetra all’interno dei tessuti ma aderisce intimamente alle cellule epiteliali, attaccandovisi con i suoi flagelli, soprattutto a livello delle pareti vaginali, dove altera la flora batterica locale.
In queste sedi, il Trichomonas riesce a utilizzare il glicogeno presente sulla mucosa, sottraendolo ai lattobacilli e impedendo così la sua naturale trasformazione in acido lattico; di conseguenza si verifica un aumento del pH vaginale, che consente lo sviluppo delle infezioni.
Il quadro sintomatologico nell’uomo prevede una forma irritativa del glande con bruciore a urinare e ad eiaculare, nella donna invece si manifesta un intenso prurito con bruciore ai genitali esterni e alla vagina, accompagnati da perdite vaginali maleodoranti e schiumose, talvolta con perdita di sangue.
In questi casi i rapporti sessuali risultano particolarmente dolorosi e sono presenti anomalie minzionali simili a quelle della cistite.
Il riscontro più caratteristico nella donna è la “cervice a fragola”, consistente nella presenza di piccole macchie rossastre sulla superficie della vagina e della mucosa cervicale; i cicli mestruali vengono fortemente modificati dalla presenza del protozoo.
Se non viene curata tempestivamente e in maniera adeguata, la Tricomoniasi può portare alla sterilità in entrambi i sessi e a gravi infiammazioni degli organi genitali maschile e femminile.
Inoltre, sembra ormai accertato il collegamento con il carcinoma del collo dell’utero oltre che con la trasmissione dell’HIV.
La diagnosi di questa MST si ottiene tramite esame colturale delle urine e test per la ricerca del DNA protozoario nei secreti uretrali.
La terapia si basa sull’impiego di metronidazolo o tinidazolo, che sono antibiotici specifici contro il patogeno responsabile.
Gardnerella
La Gardnerella è una malattia sessualmente trasmissibile, il cui agente infettante è un batterio comunemente riscontrabile nella flora batterica vaginale, che si chiama Gardnerella vaginalis.
È risaputo che la vagina è una zona anatomica popolata da lattobacilli che mantengono il pH acido, per bloccare l’ingresso a microrganismi patogeni.
La Gardnerella vaginalis è un coccobacillo privo di motilità e di forma rotondeggiante, che non è mai presente durante l’infanzia.
Qualora nel secreto vaginale di una bambina fosse riscontrabile la presenza di questo batterio, con buona probabilità significa che essa è stata soggetta ad abusi sessuali.
Infatti il bacillo si sviluppa durante l’età fertile, in seguito ad un’attività sessuale promiscua o comunque molto frequente.
Tra i fattori eziologici di rischio maggiormente significativi sono da segnalare un’inadeguata igiene intima, l’impiego di contraccettivi meccanici intrauterini (spirale), e la predisposizione genetica.
Oltre il 50% dei pazienti non manifesta alcun sintomo, che compaiono unicamente quando l’organismo è immunodepresso.
I segni caratteristici sono abbondanti secrezioni bianco-grigiastre di consistenza semi-liquida e maleodoranti.
Esiste un test discriminante (Fishy Odor Test), che prevede l’uso di una goccia di idrossido di potassio da applicare sul secreto vaginale, che ha lo scopo di produrre un odore pungente che si sprigiona in presenza di Gardnerella.
Oltre a questo, è necessario effettuare un tampone vaginale da analizzare al microscopio.
Irritazione e bruciore sono elementi comuni e quasi sempre presenti in questa patologia.
Nell’uomo, la Gardnerella è asintomatica.
Se trascurata, nella donna questa patologia può portare a una vera e propria malattia pelvica infiammatoria, con compromissione della fertilità femminile.
Trattandosi di un quadro morboso prodotto da un batterio, deve venire curato con terapie antibiotiche, che impiegano principalmente metronidazolo, spesso in associazione con clindamicina.
È necessario inoltre acidificare il microambiente genitale per impedire lo sviluppo del bacillo, che come visto tende a moltiplicarsi quando il pH delle secrezioni tende all’alcalinità.
Come per tutte le MST, anche in questo caso la prevenzione si rivela il metodo principale per contenere il contagio, pertanto sarebbe buona norma utilizzare sempre il profilattico nei rapporti sessuali, anche con partner conosciuti, poiché la Gardnerella come quasi tutte le infezioni sessualmente trasmissibili rimane asintomatica per lungo tempo.
Le malattie sessualmente trasmissibili sono infezioni di varia natura, provocate da batteri, virus o parassiti, il cui metodo di trasmissione presuppone un rapporto sessuale di tipo vaginale, anale oppure oro-genitale.
La caratteristica comune di questi disturbi è data dal fatto che non hanno una sintomatologia discriminante, e che pertanto non sono facilmente diagnosticabili fin dal loro esordio.
Purtroppo questo si rivela un grave handicap, dato che alcune di queste malattie tendono a peggiorare notevolmente anche se si trovano in fase di quiescenza, inoltre vengono trasmesse con una percentuale molto elevata.
Attualmente sono disponibili esami clinici soprattutto basati su un’analisi di tamponi vaginali o uretrali, che consentono di identificare con precisione l’agente patogeno responsabile e quindi di impostare protocolli terapeutici mirati.
La prevenzione rimane comunque il mezzo principale per limitare il contagio e rendere meno aggressive queste forme infettanti.
Il contagio per via sessuale risulta particolarmente efficace per i microrganismi che si trovano disciolti in un mezzo liquido (secrezione vaginale, sperma o sangue) le cui caratteristiche ematochimiche sono ideali per la loro riproduzione.
Il problema delle IST (infezioni Sessualmente Trasmissibili) riguarda tutta la popolazione che effettua rapporti sessuali non protetti.
Indipendentemente dall’età, dal sesso e dal fatto che i rapporti avvengano con partner conosciuti e affidabili, la mancanza di un dispositivo di barriera come ad esempio il preservativo mette a rischio la salute.
Come anche in altre occasioni, un ruolo decisivo è quello del sistema immunitario, che è in grado di produrre anticorpi specifici contro i microrganismi infettanti, limitando la loro diffusione e quindi il contagio.