Significato clinico della cefalea

La cefalea, termine generico con cui viene indicato qualsiasi genere di dolore alla testa, deriva da una stimolazione (più o meno intensa) delle terminazioni nervose dolorifiche localizzate a livello dei tessuti molli extracranici, come la cute, il tessuto sottocutaneo, le fibre muscolari, i vasi arteriosi oppure anche l’orecchio, l’occhio e le cavità nasali.
L’attivazione dei recettori può interessare anche strutture intracraniche, come alcune sezioni della dura madre (membrana encefalica), arterie cerebrali e nervi cranici (trigemino e glossofaringeo).
Le ossa del cranio e il cervello invece, essendo privi di terminazioni nervose, risultano insensibili al dolore, la cui genesi deriva sempre da uno stimolo sensitivo di varia natura, come:
– stiramento;
– eccessiva distensione;
– dilatazione vasale;
– compressione;
– infiammazione di nervi, muscoli o legamenti.
La cefalea viene considerata un sintomo piuttosto che una vera e propria malattia in quanto essa è comune a numerosi disturbi funzionali spesso difficilmente identificabili, nei quali il mal di testa diventa l’unica manifestazione morbosa, tale da venire considerata una patologia.
Nella genesi della cefalea, la componente soggettiva del paziente riveste un’importanza fondamentale perché la soglia di sopportazione del dolore è estremamente variabile; per questo motivo diventa quasi impossibile dare una valutazione oggettiva del disturbo dal punto di vista quantitativo.
Anche da quello qualitativo la cefalea viene definita con differenti connotazioni, dato che la percezione dolorifica può essere improvvisa oppure graduale e di intensità variabile.
Secondo numerose ricerche scientifiche, l’ereditarietà gioca un ruolo di estrema rilevanza nella genesi della malattia, poiché contribuisce a creare un substrato perfetto per l’attacco di agenti ambientali, che diventano la causa scatenante del dolore.
La cefalea primaria non è quasi mai provocata da un’unica causa, ma rappresenta il risultato di un’interazione tra:
– predisposizione genetica;
– fattori endogeni;
– fattori esogeni.
La cefalea secondaria dipende da un’altra patologia alla quale essa si associa evidenziando una sintomatologia che dipende da specifici fattori eziologici.
Il dolore che accompagna un attacco di cefalea costituisce il sintomo maggiormente caratterizzante del disturbo e rappresenta inoltre la matrice comune a tutti i vari tipi di mal di testa.
Esso può coinvolgere qualsiasi parte del capo, compreso il cuoio capelluto, che a volte diventa talmente dolorante da richiedere l’impiego di farmaci analgesici anche soltanto in seguito allo spostamento dei capelli.
Cefalea primaria
La cefalea primaria insorge indipendentemente da altri disturbi e pertanto può essere considerata come una vera e propria patologia; in rapporto alle sue caratteristiche essa può essere distinta in tre diverse tipologie, che sono:
– cefalea tensiva;
– cefalea a grappolo;
– emicrania.
Cefalea tensiva
La cefalea tensiva, come indica la denominazione, indica un dolore alla testa provocato da una tensione; di solito ha carattere di bilateralità e viene definita come il classico cerchio alla testa.
La zona maggiormente colpita è la porzione posteriore del cranio, corrispondente alla zona occipitale, dalla quale il dolore tende a diffondersi a tutta la testa.
Si tratta probabilmente della più diffusa forma di mal di testa ed è forse quella meno dolorosa, derivante dalla contrazione continua e involontaria della muscolatura di spalle e collo.
Particolarmente diffusa nel sesso femminile, questa forma di mal di testa colpisce soprattutto soggetti che trascorrono molto tempo in posizioni scorrette e costringono pertanto lo scheletro a modificare la sua postura fisiologica.
Lo stress svolge un ruolo di notevole importanza in quanto stimola la contrazione involontaria delle fibre muscolari, contribuendo a potenziare la tensione.
Altri fattori predisponenti a questo disturbo sono l’asteropia (facile faticabilità visiva), le cattive occlusioni dentarie, la cervicalgia e la stanchezza cronica.
Il sintomo più tipico della cefalea tensiva è rappresentato da una forma di dolore continuo e persistente, solitamente non troppo intenso, che ha origine dalla nuca per poi distribuirsi all’intero cranio, e che può durare da poche ore fino ad alcuni giorni.
Il dolore costrittivo che accompagna gli episodi tensivi viene definito come un cerchio alla testa, spesso concentrato a livello di occhi e tempie di entrambi i lati del cranio (forma bilaterale).
Essa può presentarsi sotto forma episodica oppure cronica, quando le crisi si presentano ciclicamente ogni 2-3 giorni, e vengono preannunciate da un malessere generalizzato ma indefinito.
La sua epidemiologia interessa fino a oltre il 75% della popolazione, con una netta prevalenza nel sesso femminile.
La causa scatenante è riconducibile all’involontaria contrazione dei muscoli che si mantiene continuativamente, di solito come conseguenza di alcune alterazioni neurologiche dei centri encefalici che controllano la percezione del dolore.
Turbamenti nervosi, stress prolungato, ansia e depressione sono altrettanti fattori responsabili della componente psicosomatica della cefalea tensiva.
Soggetti che si trovano in tali condizioni tendono infatti a scaricare la tensione mediante un’involontaria contrazione muscolare di collo e testa, innescando in questo modo l’attacco di cefalea.
Persone che stanno attraversando un periodo di esaurimento psico-fisico presentano una soglia di dolore molto più bassa rispetto alla media per la minore produzione di endorfine e pertanto possono avvertire come estremamente invalidante anche uno stimolo doloroso di bassa intensità.
La diagnosi di questo disturbo si basa sull’esame clinico del paziente, sulla sua anamnesi e sulle caratteristiche del dolore, che può essere lieve, moderato, severo o invalidante.
La sua qualità è molto variabile e dipende dalla percezione che viene avvertita come costrittiva, pulsante, trafittiva oppure oppressiva; a questo riguardo è la soggettività del paziente a condizionare il quesito diagnostico.
La modalità d’insorgenza dell’episodio doloroso può essere improvvisa o graduale, costante o intermittente e spesso viene modificata dalla concomitanza di altri sintomi, come nausea o malessere generalizzato.
Per una corretta diagnosi, il medico deve tenere conto dell’età d’esordio della cefalea tensiva, della frequenza degli episodi e di tutte le eventuali correlazioni con situazioni specifiche, oltre che con trattamenti farmacologici.
In questi casi, un valido supporto diagnostico è offerto dalla diagnostica per immagini costituita da TAC e risonanza magnetica, che permettono di escludere qualsiasi forma morbosa di tipo degenerativo o neoplastico.
I trattamenti del disturbo si concentrano sull’assunzione di antinfiammatori non steroidei (FANS), di farmaci miorilassanti (utili per attenuare la tensione muscolare) o anche di antidepressivi e ansiolitici, necessari nei casi in cui la componente psico-emotiva sia nettamente preponderante.
Cefalea a grappolo
La cefalea a grappolo è un disturbo che si caratterizza per un dolore particolarmente intenso localizzato da una sola parte del capo e che si manifesta regolarmente con andamento periodico.
La tipica ciclicità degli episodi di mal di testa a grappolo prevede un’alternanza tra fasi attive che durano da settimane a mesi con fasi di remissione spontanea durante le quali la sintomatologia scompare del tutto.
I periodi di attività vengono appunto definiti “a grappolo” in relazione al fatto che le crisi sono ravvicinate e frequenti e tendono a ripetersi in determinati momenti del giorno.
La durata di un singolo episodio può variare da pochi minuti a tre ore, anche se di solito non supera i 60 minuti.
Meno diffusa rispetto a quella tensiva, la cefalea a grappolo è considerato un disturbo particolarmente invalidante, che colpisce di preferenza il sesso maschile e che ha una componente genetica.
La principale causa scatenante responsabile di questo disturbo si collega a un’eccessiva vasodilatazione a livello cranico con stimolazione compressiva sul nervo trigemino.
Esso viene eccitato anche dall’ipotalamo, la cui attività risulta potenziata durante un episodio di cefalea a grappolo, responsabile anche del dolore oculare con arrossamento e lacrimazione.
Dato che alle crisi dolorose sono associati anche una congestione nasale con intensa lacrimazione, è stata ipotizzata una connessione tra il trigemino e le terminazioni del ganglio sfeno-palatino, che contribuisce quindi a peggiorare il quadro sintomatologico del mal di testa.
Nonostante si tratti di una patologia estremamente dolorosa e il cui esordio è improvviso e molto intenso, la cefalea a grappolo non ha nulla in comune con formazioni neoplastiche né con aneurismi.
La principali cause sono riconducibili a:
– jet-lag;
– consumo di bevande alcoliche;
– alterazioni del bioritmo sonno/veglia;
– intense emozioni;
– stress prolungato;
– alcuni principi farmacologici.
Il dolore, di tipo lancinante e trafittivo, è sempre unilaterale e colpisce generalmente l’area perioculare, la tempia, la mandibola fino alle narici, parte dell’arcata dentaria, il mento e il cuoio capelluto.
La posizione orizzontale di norma peggiora la sintomatologia e pertanto il malato sente il bisogno irrefrenabile di camminare senza sosta, spesso comprimendosi la testa.
Gli attacchi insorgono improvvisamente e con violenza, raggiungendo l’acme entro 10 minuti al massimo, per poi avere una durata variabilissima.
L’attenuazione della crisi è altrettanto repentina e il dolore scompare improvvisamente così come improvvisamente era comparso.
Dopo l’episodio il paziente si sente stremato.
La frequenza degli attacchi può andare da 1-3 episodi fino a 8 crisi ogni giorno per diversi mesi, a cui si alternano lunghe fasi di remissione,
La diagnosi di questo disturbo si basa sull’esame clinico del malato che spesso presenta la Sindrome Oculopupillare di Bernard Horner, consistente nell’abbassamento unilaterale della palpebra accompagnato dal restringimento pupillare.
Anche per questa patologia è utile fare riferimento alla TAC e alla risonanza magnetica, allo scopo di eliminare l’ipotesi di tumori, problematiche circolatorie (ictus), meningite, encefalite o altre malattie caratterizzate da episodi di dolore intenso.
Una volta diagnosticata con sicurezza, la cefalea a grappolo prevede un trattamento terapeutico personalizzato che di solito prevede l’assunzione di farmaci antidolorifici tra cui i triptani, in grado di attenuare il dolore in 10-15 minuti.
L’inalazione di ossigeno puro per almeno 15 minuti si è rivelato un trattamento di estrema efficacia anche quando l’attacco è già incominciato.
La lidocaina intranasale svolge un effetto anestetico locale e non può essere considerata una terapia a lungo termine.
Come preparati da impiegare a scopo preventivo vengono utilizzati alcuni ipotensivi, gli anticonvulsivanti, il carbonato di litio e antinfiammatori steroidei come il prednisone.
Dato che il principale responsabile dell’insorgenza del dolore è considerato il trigemino, in alcune situazioni può essere consigliabile anche l’intervento chirurgico con parziale inibizione della conduzione dolorifica.
Emicrania
Descritta come un intenso dolore pulsante che di solito esordisce lentamente nella parte anteriore del cranio, l’emicrania è associata a una sensazione di grave pulsazione che arriva fino a tempie e fronte.
Il termine “emicrania” significa appunto “parte del cranio” a conferma del fatto che questo disturbo interessa soltanto parzialmente la testa.
Essa si manifesta con attacchi ricorrenti, di frequenza variabile, e con una durata che può arrivare anche a qualche giorno, durante i quali il dolore rimane costantemente presente.
In molti casi l’emicrania è accompagnata da nausea e intolleranza alla luce, per cui il malato tende a stendersi iu una stanza buia senza muoversi né parlare.
Si tratta di un disturbo che colpisce di preferenza il sesso femminile di qualsiasi età e che si distingue per alcuni requisiti, che sono:
– unilateralità;
– dolore pulsante;
– tendenza a peggiorare con il movimento.
Possono essere distinguibili due forme di emicrania, e precisamente:
– senza aura;
– con aura.
L’aura comprende un insieme di sintomi neurologici accomunati da uno scotoma scintillante, consistente in una macchiolina scura circondata da strisce luminose, probabilmente riconducibile a problemi vasomotori e che ne rappresenta un sintomo prodromico.
Nel primo caso il mal di testa non è collegato alla presenza di scotoma, mentre nel secondo caso l’emicrania è preceduta da tale manifestazione che di solito si instaura con un anticipo di circa 30 minuti.
Nella fisio-patologia dell’emicrania con aura sembra sia certo l’interessamento di fattori genetici, neuro-ormonali e vascolari che nel complesso contribuiscono a scatenare l’attacco.
La principale ipotesi diagnostica presuppone che alla base di tali manifestazioni vi sia un’alterazione della regolazione del dolore derivante da un’alterata funzionalità dei recettori nervosi.
La concomitante vasocostrizione potrebbe potenziate tale meccanismo d’azione dato che un carente apporto d’ossigeno è responsabile dell’insorgenza del dolore.
Oltre a questi fattori endogeni vi sono poi cause predisponenti, come:
– ansia ed episodi depressivi;
– fluttuazioni ormonali;
– alimentazione squilibrata;
– consumo di caffeina e di bevande alcoliche;
– fumo;
– insonnia;
– alcuni farmaci;
– scorrette abitudini posturali;
– alterazioni climatiche.
L’esordio dell’attacco di emicrania può avvenire contemporaneamente all’aura oppure subito dopo e non oltre 60 minuti.
Esso è accompagnato da alterazioni visive con percezione di scotomi luminosi, di corpi mobili, di lampi scintillanti oppure di macchie scure.
In alcuni casi subentrano alterazioni della vista con annebbiamento delle immagini, distorsione della visuale, difficoltà della messa a fuoco, oscuramento di una parte del campo visivo e fotofobia.
Possono verificarsi dei fenomeni di parestesia (formicolio) agli arti superiori o inferiori, di intolleranza ai rumori, di difficoltà nei movimenti e nell’eloquio, oppure alterazioni dello stato di coscienza.
Le manifestazioni neurologiche collegate a questo genere di emicrania sono moltissime e strettamente collegate al sesso, all’età e allo stato di salute del soggetto; in ogni caso esse sono di natura transitoria e tendono a regredire nello stesso momento in cui il mal di testa si attenua fino a scomparire.
L’emicrania (con o senza aura) è un disturbo molto comune che affligge un’elevata percentuale di persone,l soprattutto nella fascia d’età sotto ai 50 anni, in quanto si collega all’attività del sistema neuro-endocrino.
Una diagnosi corretta deve essere fatta da uno specialista in neurologia che, sulla base dei dati obiettivi e analizzando il quadro anamnestico del paziente, può impostare un protocollo di indagini cliniche.
Infatti oltre ai parametri organici e neurologici è necessaria una valutazione dello stato di salute generale del soggetto, anche in relazione all’apparato cardio-vascolare strettamente collegato a questo disturbo.
TAC, risonanza magnetica ed elettroencefalogramma (EEG) costituiscono le indagini diagnostiche che vengono di norma effettuate dal paziente per poter disporre di dati clinici attendibili.
L’approccio terapeutico a questa patologia prevede, quando possibile, l’eliminazione dei fattori scatenanti, e successivamente l’impiego di farmaci mirati.
Il dolore può essere efficacemente contrastato mediante l’assunzione di FANS e di triptani, considerati i medicinali più efficaci per questo genere di disturbo, in grado di contenere l’attacco doloroso, ma non l’aura.
Come terapia preventiva è possibile utilizzare farmaci beta-bloccanti ad azione ipotensiva, antidepressivi e anticonvulsivanti per limitare l’iperstimolazione nervosa.
Cefalea secondaria
La cefalea secondaria è considerata un sintomo aspecifico di varie patologie a cui essa si associa, non costituendo quindi un disturbo autonomo ma complementare ad altri.
Si tratta quindi di un sintomo assolutamente non caratterizzante, ma unicamente sovrapposto a un quadro morboso del quale è necessario indagare le cause indipendente dalla cefalea stessa che, a volte, può addirittura essere una complicanza fuorviante.
La sua eziologia è riconducibile ai seguenti fattori:
– affezioni del cavo orale
la carie, la parodontite, le disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare di norma vengono accompagnate da mal di testa, in particolare quando le affezioni dentarie sono complicate da ascessi purulenti;
– nevralgie craniche
generalmente causate da colpi di freddo, queste forme dolorose si irradiano al capo coinvolgendo le terminazioni nervose responsabili della cefalea, soprattutto perché si trovano localizzate entro spazi comuni;
– sinusite
in questo caso il dolore si presenta “a barra” e coinvolge l’area frontale del cranio fino alle tempie, scendendo verso i seni paranasali, dove il deposito di materiale purulento può anche provocare una sintomatologia algica di tipo pulsante;
– disturbi visivi
dato che l’area ottica si trova a livello occipitale, è molto facile che insorga un mal di testa proprio in questo settore, da cui di solito tende a irradiarsi verso la parte alta del cranio;
– ipertensione
l’innalzamento dei valori pressori è quasi sempre peggiorato da mal di testa pulsante alle tempie, con interessamento della fronte e tendenza a irradiarsi verso le zone parietali;
– dismetabolismi
sono numerosi i disturbi dismetabolici responsabili di episodi di cefalea secondaria, e tra essi in particolare il diabete mellito che, essendo collegato a un alterato metabolismo del glucosio, contribuisce a modificare le funzioni nutritive di tutte le cellule dell’organismo;
– abuso di farmaci
molti preparati farmacologici, anche a dosaggi terapeutici, possono provocare mal di testa che viene valutato come uno dei più comuni effetti avversi; a maggior ragione un abuso di medicinali è collegabile all’insorgenza della cefalea secondaria;
– problemi ortopedici
il colpo di frusta, così come molti altri disturbi riguardanti l’apparato osteo-articolare, è responsabile di dolori alla testa che di norma derivano da problemi posturali oppure da contratture e rigidità muscolare;
– glaucoma
l’ipertensione endoculare è una delle prime cause di mal di testa,e, anche se spesso non risulta immediatamente collegabile in quanto il glaucoma è asintomatico, diventa un suo corollario praticamente obbligatorio.
Sono numerosissimi i fattori che stanno alla base della cefalea secondaria che, proprio per questo, non deve mai essere trascurata e curata unicamente con farmaci sintomatici che, attenuando il dolore, impediscono di indagare quali siano le sue cause.
Proprio perché si tratta di un disturbo particolarmente diffuso e poco caratterizzante, esso può collegarsi a problematiche di scarsa rilevanza clinica, ma anche a gravi patologie.
Non bisogna dimenticare infatti che esso può rappresentare un’importante spia di carcinomi all’encefalo, di aneurismi oppure di emorragie cerebrali in atto.
Tutte le volte in cui si verifica un episodio di ipertensione intracranica è sempre indispensabile effettuare indagini approfondite dato che il cervello è un organo molle circondato dal liquido cerebro-spinale che possiede una determinata pressione.
Qualsiasi fattore in grado di aumentare il valore di questa pressione è particolarmente pericoloso perché aumenta il rischio di compressione della massa cerebrale che, essendo rinchiusa in una struttura rigida come il cranio, non può espandersi.
La cefalea secondaria, in tali circostanze, si presenta con crisi di drammatica intensità e violenza, soprattutto in situazioni in cui sia interessata la circolazione sanguigna cerebrale.
Pertanto non bisogna considerare questo tipo di mal di testa come un sintomo collaterale di altre malattie, anche così accade nella maggioranza dei casi.
Ma al contrario è necessaria un’attenta vigilanza rivolta in particolare alla presenza di sintomi nuovi e mai sperimentati, riguardanti il mal di testa.
Trattandosi di un disturbo a eziologia multifattoriale, la cefalea secondaria, ancor più di quella primaria, richiede un quesito diagnostico estremamente vario, in grado di procedere “per esclusione”.
A questo scopo, il medico è tenuto a prescrivere indagini cliniche mirate e specifiche al quadro anamnestico del paziente, dato che spesso è proprio dalla sua storia clinica che è possibile ricavare dati importantissimi.
La diagnostica per immagini rimane la scelta primaria per tali patologie e prevede l’impiego di TAC, preferibilmente con contrasto indispensabile per evidenziare problematiche circolatorie (come aneurismi), risonanza magnetica e analisi per indagare sull’atrtività elettrica dell’encefalo, come l’elettroencefalogramma (EEG).
I protocolli terapeutici dipendono dal tipo di patologia che sta a monte delle manifestazioni dolorose al capo e pertanto devono essere personalizzati.
Essi comprendono una vasta gamma di preparati che vanno dai semplici FANS, medicinali estremamente diffusi e versatili, ai veri antidolorifici, agli oppiacei, alle benzodiazepine (quando la componente ansiosa è ritenuta rilevante), agli antidepressivi (se è presente un episodio depressivo), ai betabloccanti.
Quando la cefalea secondaria è riconducibile a gravi patologie, la terapia rientra nelle operazioni di pronto intervento e di solito non si limita soltanto a supporti farmacologici.
Cefalea oftalmica
Accompagnata da una ben definita sintomatologia visiva, la cefalea oftalmica fa parte di quelle a spiccata componente neurologica e, pur non essendo considerata grave, è comunque piuttosto invalidante.
I suoi sintomi visivi, di norma completamente reversibili, sono i seguenti:
– fotofobia;
– fosfeni (lampi di luce);
– scotomi (macchie scure nel campo visivo);
– perdita transitoria della capacità visiva);
– vertigini;
– parestesie.
Le cause responsabili di questo disturbo sono riconducibili a episodi di vasocostrizione a livello dell’occhio che pertanto si trova costretto a ricevere un’insufficiente irrorazione sanguigna e una inadeguata ossigenazione.
Spesso succede che alla base della cefalea oftalmica ci siano difetti visivi non corretti, come ipermetropia, miopia, astigmatismo o altri vizi refrattivi; anche la nevralgia del nervo trigemino viene considerata una frequente concausa.
L’astenopia (affaticamento degli occhi) e alcuni casi di cataratta sono fenomeni in grado di potenziare la sintomatologia dolorosa di questa forma di cefalea che, comunque, rimane transitoria.
Il dolore, che solitamente è unilaterale e subentra entro un’ora dalla comparsa dei sintomi visivi, si presenta di tipo pulsante con un’intensità moderata.
Esso è aggravato dal movimento e tende ad aggravarsi nel tempo, con un esordio lieve e un marcato peggioramento.
Le sue cause sono di due tipi:
– genetiche;
– vascolari.
Su tali fattori eziologici, altri problemi possono contribuire a peggiorare il quadro morboso, tra questi ci sono la disidratazione, eccessivi fenomeni climatici (temperature elevate), ipertensione, ipoglicemia, prolungata esposizione al sole, insonnia, errate abitudini posturali, assunzione di determinati farmaci.
Particolarmente diffusa nel sesso femminile e in giovane età (sotto ai 40 anni), la cefalea oftalmica è perfettamente guaribile a patto di individuare la causa che l’ha provocata.
In questo caso la diagnosi deve essere fatta consultando sia un neurologo che un oculista che, attraverso un’accurata visita, può formulare il suo quesito diagnostico procedendo per esclusione.
Si tratta infatti di una diagnosi differenziale che soltanto uno specialista è in grado di formulare.
La terapia si basa su due presupposti: da un lato è infatti necessario eliminare la causa scatenante e d’altro lato agire sui sintomi.
Tra i più comuni preparati farmacologici trovano largo impiego i FANS e i triptani, medicinali vasocostrittori.
Secondo le più recenti linee guida, l’impiego di trattamenti preventivi a base di beta-bloccanti, di anticonvulsivanti o di antidepressivi triciclici si è rivelato di estrema utilità come supporto profilattico.
Cefalea nel bambino
Anche se sottostimata, la cefalea in età pediatrica colpisce oltre il 30% dei bambini in età scolare, confermandosi come uno dei principali fattori eziologici delle malattie infantili.
Anche in questo caso è possibile distinguere tra cefalee primarie (tensiva oppure emicrania, in quanto nei bambini non si manifesta quella a grappolo) e secondarie.
Nonostante il disturbo colpisca indifferentemente sia maschi che femmine, dopo i dieci anni le più colpite sono le bambine, soprattutto se appartenenti a famiglie in cui sia già presente questo disturbo.
Le principali cause della cefalea infantile sono ricollegabili a problematiche relative alla sfera psico-emotiva, spesso derivanti da stress scolastico oppure collegato a rapporti interpersonali.
Succede molto spesso che un bambino scarichi proprio a livello della testa tutti gli agenti stressogeni derivanti dalla sua vita sociale sia famigliare (incomprensione con i genitori, nascita di fratelli, traslochi, ecc.) che extra-famigliare (ambiente scolastico, sportivo e altro).
La sintomatologia può assumere caratteristiche preoccupanti nei casi (fortunatamente molto rari) in cui il mal di testa sia associato a letargia (il bambino non reagisce alle sollecitazioni esterne), annebbiamento della vista, febbre elevata, rigidità nucale, vertigini, mancanza d’equilibrio posturale, pallore, fotofobia, disturbi nella parola.
In tutti questi casi la cefalea costituisce un importante campanello d’allarme che deve spingere a un intervento tempestivo per scongiurare qualsiasi rischio.
Per diagnosticare correttamente questo genere di stato morboso è assolutamente necessario rivolgersi al più presto al pediatra che, valutando il rapporto rischio/beneficio, può prescrivere indagini cliniche personalizzate.
In età pediatrica è sempre meglio non abusare di test con mezzo di contrasto, così come di raggi X, che devono essere utilizzati soltanto in casi di effettiva necessità.
Dopo aver chiarito quali siano i fattori eziologici che stanno alla base della cefalea infantile è quindi possibile impostare uno schema terapeutico che di norma prevede l’impiego di FANS (soprattutto paracetamolo, molto indicato per i bambini) in base la peso corporeo e all’età del paziente.
Mal di testa in gravidanza
Durante il periodo gestazionale, la cefalea generalmente è di tipo ormonale e dipende dalle profonde modificazioni della concentrazione di queste sostanze strettamente collegate alla funzionalità del sistema nervoso.
All’insorgenza del mal di testa possono contribuire numerosi altri fattori, come ansia, stanchezza e stato fisico della gestante, caratterizzato da nausea, episodi di vomito, ipertensione, gonfiore agli arti e difficoltà respiratorie.
La cefalea gravidica di norma trae vantaggio dal riposo, dall’applicazione di impacchi freddi sulla fronte, da pratiche di massoterapia utili ad allentare la tensione muscolare che spesso si ripercuote anche sul cranio.
Il mal di testa durante i nove mesi di attesa non deve mai essere sottovalutato perché può indicare l’insorgenza di disturbi come anemia (molto frequente soprattutto nell’ultimo trimestre) e ipertensione arteriosa (particolarmente rischiosa per la gestosi).
Se gli episodi dolorosi compaiono all’improvviso e mostrano una notevole intensità, è indispensabile rivolgersi immediatamente al medico in quanto in caso di mal di testa forte potrebbe trattarsi di pre-eclampsia, una grave complicazione tipica dell’ultimo periodo di gravidanza.
Le cause della cefalea gravidica sono strettamente collegate al periodo di gestazione dato che le fluttuazioni ormonali variano sensibilmente nei diversi mesi; nel primo trimestre di gravidanza il dolore può essere collegabile all’aumento del volume ematico, responsabile di fenomeni ipertensivi.
Nel secondo e nel terzo trimestre l’aumento del livello di estrogeni da un lato incentiva la produzione di endorfine, che agiscono alleviando il dolore, ma contemporaneamente provoca una modificazione dell’assetto ormonale potenzialmente dannosa.
Gli episodi di mal di testa che si instaurano nei primi mesi di gravidanza, di solito si risolvono spontaneamente dal quarto mese in poi, quando i livelli ormonali tendono a stabilizzarsi.
Altri fattori predisponenti a questo disturbo sono rappresentati dalla carenza di magnesio e acido folico, dall’ipoglicemia, dalla disidratazione, dalla mancanza di riposo e dall’anemia.
I tipi più frequenti di cefalea in gravidanza sono quello tensivo e l’emicrania, che non devono essere confusi con la cefalea collegata a pre-eclampsia, che si presenta come un attacco lancinante e acuto accompagnato da vertigini, offuscamento della vista e fenomeni edematosi agli arti inferiori e superiori.
La terapia in questi casi deve essere attentamente valutata per non danneggiare il feto, e di solito prevede l’impiego di paracetamolo con dosaggi relativi al trimestre di gravidanza.
Dieta contro il mal di testa
Secondo numerose ricerche scientifiche, l’alimentazione, anche se non può essere considerata una causa primaria del mal di testa, contribuisce comunque a potenziarne i sintomi, soprattutto in individui predisposti.
Esiste un elenco di sostanze sconsigliate a chi soffre di cefalea in quanto gli elementi nutritivi in esse contenuti possono esacerbare una sintomatologia latente nel soggetto che pertanto si trova a soffrire di attacchi dolorosi in seguito all’ingestione di determinati cibi.
I formaggi fermentati e stagionati vengono considerati tra i principali responsabili di questa patologia.
Pomodori, lamponi, fragole, crauti, fichi e avocado, probabili agenti allergizzanti, contribuiscono a innescare attacchi di cefalea.
Carni particolarmente ricche di grasso, insaccati non sgrassati, intingoli e pietanze estremamente condite possono creare problemi.
Il glutammato monosodico, l’aspartame, i nitriti e i solfiti sono additivi alimentari non tollerati da tutti e quindi potenzialmente dannosi.
In generale gli alimenti da evitare sono prodotti contenenti ammine biogene, come istamina e tirammina, principi attivi direttamente coinvolte nella genesi del mal di testa.
Questi risultati spiegano la connessione esistente tra cefalea e manifestazioni allergiche scatenate dall’istamina.
Anche se il problema del mal di testa non può essere certamente risolto a tavola, l’eliminazione di certi alimenti rappresenta un supporto di estrema efficacia per arginare il problema.
In linea generale, chi soffre di ricorrenti episodi di cefalea dovrebbe consumare pasti non troppo abbondanti poiché l’affaticamento dell’apparato digerente richiama una notevole quantità di sangue che di conseguenza si allontana dal cervello.
La successiva carenza di ossigenazione encefalica è uno dei principali fattori scatenanti degli episodi dolorosi.
Anche la presenza di picchi glicemici associati al diabete mellito sono implicati nell’insorgenza di mal di testa, soprattutto nella fase post-prandiale quando la concentrazione di glucosio nel sangue raggiunge valori elevati.
Pertanto chi soffre di questo genere di disturbi è tenuto a tenere sotto controllo il proprio metabolismo glucidico.
Nella fase prodromica all’attacco di mal di testa spesso il paziente avverte un forte bisogno di cioccolata che, secondo alcuni nutrizionisti, è altamente sconsigliato per questi soggetti.
Il ruolo del cacao è tuttora allo studio in quanto la sua composizione si mostra potenzialmente dannosa per l’elevata quantità di feniletilamina in esso contenuta.
Il digiuno è sconsigliatissimo per chi soffre di cefalea dato che in tale situazione l’organismo non ha energia a disposizione e quindi entra in uno stato carenziale responsabile di numerose anomalie metaboliche.
Grande importanza riveste infine un’adeguata idratazione che deve prevedere l’introduzione di almeno 2 litri di liquidi al giorno per assicurare i corretti scambi intercellulari.