Che cosa si intende per acufene

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L’acufene è la percezione di un rumore, come ronzio, scroscio o fischio, di varia intensità e durata, che viene avvertito in assenza dello stimolo acustico e che dipende da processi patologici di vario genere a carico dell’apparato auricolare.

Descritti principalmente come tintinnio oppure sibilo, essi vengono percepiti soltanto dal soggetto che ne lamenta la presenza continuativa, intermittente oppure pulsante.

A seconda della causa, gli acufeni possono derivare da anomalie a carico della coclea, del nervo acustico, dei nuclei nervosi del tronco encefalico o anche dall’area uditiva della corteccia cerebrale.

Spesso derivanti da traumi cranici pregressi, disturbi di questo tipo si associano pure a patologie vascolari in grado di amplificare la percezione fisiologica del flusso circolatorio.

In molti casi gli acufeni insorgono in seguito a malattie infiammatorie, in particolare l’otite e la labirintite, oltre che per l’impiego protratto di alcuni farmaci ototossici.

Può succedere che l’accumulo di cerume nel condotto auricolare esterno, provocando la formazione di un tappo ceruminoso, contribuisca a generare la percezione di simili rumori soggettivi.

Il meningioma o il neurinoma del nervo acustico sono forme neoplastiche in grado di innescare la presenza di acufeni che, nella maggior parte dei casi, scompaiono in seguito all’asportazione dei carcinomi.

Si distinguono acufeni oggettivi e conseguenti a reali stimolazioni sonore di elevata intensità, come dopo uno sparo oppure in seguito a un concerto o altre manifestazioni caratterizzate da volumi particolarmente alti, da acufeni soggettivi e quindi patologici.

Il ronzio può essere percepito come sensazione acustica frizzante, sorda, ruggente, penetrante, sibilante oppure pulsante; trattandosi di un sintomo assolutamente soggettivo non è possibile definire caratteri qualitativi né quantitativi.

Il fattore comune a tutti i casi è quello di un profondo disagio psico-fisico che in spesso porta all’insorgenza di fenomeni depressivi oppure a crisi d’angoscia, peggiorate dall’ansia anticipatoria tipica di questo disturbo.

Pur essendo considerati come una vera e propria malattia, in realtà gli acufeni non sono altro che un sintomo comune a numerose patologie che, come tale, deve rappresentare un campanello d’allarme per il paziente.

Particolarmente irritante e fastidioso, il tinnitus (altra denominazione di questo disturbo) può ripercuotersi pesantemente sulle normali attività quotidiane, contribuendo all’isolamento sociale di chi ne è affetto.
Si tratta di un problema piuttosto frequente, che predilige il sesso maschile, con una percentuale del 10% rispetto alla popolazione mondiale.

Oltre il 20% dei pazienti riferisce la presenza del disturbo soltanto a un orecchio (monolaterale), il 35% riporta il coinvolgimento di entrambi i lati (bilaterale) e il restante 45%, pur essendo colpito ad entrambe le orecchie, lamenta una maggiore incisività su quella sinistra.

Il fattore età incide notevolmente in ambito epidemiologico; infatti i soggetti anziani maschi sono quelli maggiormente coinvolti.

Tipi di acufene

L’acufene può essere soggettivo oppure oggettivo.

1. Acufene soggettivo

Si considera soggettivo un acufene consistente in una percezione sonora non causata da agenti esterni, ma provocata da una spontanea attività patologica dell’apparato auricolare.

Esso può avere origine:
– nell’orecchio interno a livello del labirinto acustico dove sono localizzati i recettori sensitivi deputati alla funzione uditiva;
– nell’orecchio medio a livello della tromba di Eustachio;
– nell’orecchio esterno a livello del canale uditivo.

– Orecchio interno

Nella maggior parte dei casi la sensazione di questi ronzii deriva da variazioni pressorie dell’endolinfa, il liquido contenuto all’interno del labirinto; si tratta di un fluido biologico la cui composizione chimico-fisica può subire variazioni significative.

Quando si verifica uno sbalzo intenso e improvviso della pressione atmosferica può insorgere un barotrauma consistente nella percezione sonora di acufeni prodotti ancora una volta da una modificazione della pressione interna.

L’esposizione a forti rumori presuppone che a livello del labirinto si verifichi un bombardamento di onde sonore responsabili di alcune lesioni morfologiche e funzionali dell’orecchio interno.

La malattia di Meniere, nella sua complessa sintomatologia, comprende anche una disfunzione del labirinto che, oltre a causare ipoacusia e attacchi di vertigini, può provocare l’insorgenza di acufeni soggettivi.

Alcune patologie, come la sclerosi multipla, lesioni a carico del sistema nervoso centrale, meningite, sifilide oppure otosclerosi hanno come conseguenza gli acufeni.

Un impiego prolungato di farmaci ototossici, come il salicilato, l’arsenico, gli aminoglicosidi e la streptomicina possono innescare la percezione di ronzii auricolari.

– Orecchio medio

In principale fattore eziologico degli acufeni nell’orecchio medio è riconducibile a processi infiammatori con secrezioni catarrali, come l’otite congestizia.

In questo caso l’aumentata produzione di catarro, che rappresenta un ostacolo alla libera circolazione d’aria nelle vie aeree, tende a ristagnare nell’orecchio medio, in particolare tra la membrana timpanica e la porzione auricolare interna.

In caso di stenosi della tuba d’Eustachio, la variazione di pressione al suo interno è responsabile dell’insorgenza di acufeni soggettivi, peggiorati dalla posizione supina.

In generale la zona anatomica dell’orecchio medio è sede di malattie infiammatorie collegate alle prime vie aeree che nella quasi totalità dei casi evolvono in otite catarrale, la principale causa di acufeni.

– Orecchio esterno

Un’occlusione del canale uditivo rappresenta una tra le cause più comuni dell’insorgenza di acufeni, derivanti da una variazione di pressione localizzata nel canale stesso.

In queste situazioni di solito il disturbo è unilaterale ed è accompagnato da una marcata diminuzione dell’udito (ipoacusia), dalla sensazione di tensione gravativa (orecchio chiuso) e dalla percezione della propria voce amplificata e con rimbombo (autofonia).

Se non subentrano lesioni timpaniche può essere sufficiente un’accurata pulizia del condotto uditivo per eliminare la sintomatologia, che altrimenti tende a cronicizzarsi con ronzii ininterrotti.


2. Acufeni oggettivi

Si tratta di disturbi estremamente rari e derivanti da rumori effettivi prodotti da fenomeni fisiologici collegati a strutture anatomiche contigue all’apparato auricolare.

Una causa piuttosto comune è relativa alla presenza di disturbi a livello dell’articolazione temporo-mandibolare che può innescare scricchiolii delle superfici ossee contigue.

Le componenti muscolari sottoposte a contrazione spastica sono spesso coinvolte nella genesi dei ronzii auricolari, soprattutto per quanto riguarda i muscoli di palato e faringe oltre che della cassa timpanica.

Si tratta di spasmi di natura idiopatica oppure, in rari casi, causati da forme neoplastiche; in caso di demielinizzazione delle fibre nervose, come avviene nella sclerosi multipla, si osserva di frequente anche un collegamento uditivo.

Nella stragrande maggioranza dei casi comunque questi ronzii oggettivi sono riconducibili a problematiche vascolari che determinano una turbolenza circolatoria, con l’insorgenza di acufeni.

Il disturbo si manifesta con un caratteristico ritmo pulsante, collegato appunto alle anomalie del flusso sanguigno; in queste circostanze è sempre necessario procedere con accurate indagini cliniche poiché il problema uditivo potrebbe derivare da gravi patologie, come aneurismi dell’arteria carotidea, anomalie della vena giugulare oppure altre malformazioni vasali.

Il carattere pulsatorio dei ronzii oggettivi è collegabile al battito cardiaco con cui essi mostrano un’evidente sincronia e che pertanto consente una diagnosi piuttosto univoca.

L’acufene pulsante viene descritto come un suono ritmico di varia intensità che in alcuni casi il medico è in grado di avvertire posizionando lo stetoscopio sul collo del paziente.

Per questo motivo il disturbo è collegato al battito cardiaco e alla sua funzionalità, dato che spesso chi soffre di acufeni è anche affetto da ipertensione, da cardiopalmo, da extrasistolia oppure da soffio al cuore.

Acufene cause

Anche se la percentuale di individui affetti dal disturbo è piuttosto alta (oltre il 15%), soltanto il 2% lamenta una sintomatologia tale da condizionare notevolmente la qualità della vita.

Questo significa che nella maggioranza dei casi l’acufene mostra caratteristiche di un rumore di fondo che spesso viene coperto dai suoni esterni.

Circa 5 milioni di italiani sono in grado di convivere con i ronzii auricolari che spesso si manifestano immediatamente dopo l’esposizione a rumori particolarmente forti (concerti, spari, ecc.), per poi attenuarsi e scomparire spontaneamente.

Su altri soggetti invece l’acufene costituisce un sottofondo continuativo e indipendente da stimolazioni acustiche esterne e pertanto si configura come una percezione autonoma con una sua eziologia propria.

Un’osservazione imprevedibile è quella derivante dal fatto che la gravità del disturbo non dipende dal volume di percezione del ronzio in quanto ogni paziente mostra un proprio livello soggettivo di tolleranza al rumore.

La malattia può colpire persone di ogni età, anche se è molto rara nei bambini nei quali è spesso inavvertibile poiché collegata a problematiche di ipoacusia che di norma ne mascherano i sintomi.

Nella prima infanzia è sempre opportuno che i bambini non vengano a contatto con stimolazioni acustiche troppo elevate che si mostrano estremamente pericolose per la membrana timpanica.

In generale si può dire che l’esatta causa dell’acufene non è stata ancora individuata con certezza: secondo alcune teorie si tratterebbe di un disturbo multifattoriale derivante da una combinazione di differenti fattori endogeni, a loro volta peggiorati da problemi esogeni (ambientali).

Altre teorie attribuiscono la causa dell’acufene ad una particolare predisposizione del cervello che attua un meccanismo che lo pone sempre ad un alto livello di attenzione e quindi in una situazione tale da percepire sempre rumori costantemente: questa situazione è anche la causa per cui i pazienti affetti da acufene si sentono sempre stanchi.

Tra i vari fattori predisponenti si considerano:

– invecchiamento
negli anziani l’intero apparato uditivo subisce un progressivo deterioramento anche per l’insorgenza di fenomeni di otosclerosi e di ipoacusia; si tratta di cause concomitanti che predispongono alla presenza di ronzii;

– esposizione a forti rumori
le vibrazioni sonore di elevata intensità sono responsabili di una iperstimolazione dei recettori sensitivi dell’orecchio interno che trasmettono informazioni alterate alle aree corticali uditive; di conseguenza la percezione dei rumori viene modificata e possono insorgere gli acufeni.
Tali elementi citologici, le cellule ciliate, una volta danneggiati non possono più ricostituirsi e neppure essere sostituite e quindi provocano alterazioni di vario genere all’apparato uditivo;

– accumulo di cerume
la quantità di cerume prodotto è un dato estremamente soggettivo e quindi anche il suo accumulo nel condotto uditivo si presenta variabilissimo.
A volte la sua produzione è tale da compromettere la funzione uditiva e nello stesso tempo da provocare l’insorgenza di ronzii; pertanto è sempre necessario evitare che si possa creare tale situazione che pregiudica anche l’igiene dell’orecchio interno predisponendolo all’insorgenza di otiti catarrali;

– infezioni
le più comuni forme flogistiche dell’orecchio sono caratterizzate da un’ipersecrezione di muco che accumulandosi e ristagnando nei condotti uditivi può infettarsi trasformandosi in catarro.
La presenza di materiale purulento, oltre a provocare una disseminazione di microrganismi patogeni, contribuisce ad alterare la pressione dell’endolinfa e quindi a innescare la percezione di ronzii uditivi.
Anche la sinusite è una forma di flogosi catarrale che colpisce i seni paranasali, ma che può estendersi anche all’orecchio;

– disordini temporo-mandibolari
alcuni soggetti che presentano la muscolatura temporo-mandibolare non allineata, oltre a soffrire di problemi di masticazione e di articolazioni sono anche più vulnerabili alla comparsa di ronzii auricolari derivanti probabilmente da un’esasperata tensione delle fibre muscolari e tendinee;

– problemi vascolari
quando si verificano delle variazioni pressorie sistemiche, l’apparato auricolare rimane immediatamente coinvolto; basti pensare al fatto che, non appena la pressione arteriosa subisce degli sbalzi, vengono avvertiti i classici “fischi alle orecchie”, che possono degenerare in una sensazione continuativa di acufene;

– neoplasie cerebrali
anche se piuttosto rare, esistono alcune neoplasie cerebrali che si manifestano con ronzii auricolari che non rispondono a nessuna terapia; pertanto disturbi uditivi di questo tipo non devono mai essere trascurati e richiedono un consulto specialistico presso un otorino che, mediante adeguate indagini cliniche, è in grado di escludere la presenza di gravi patologie;

– anomalie tiroidee
la tiroide è una ghiandola che controlla l’intero organismo e in particolare il corretto svolgimento della funzione vascolare con relativi valori pressori; nei casi di ipertiroidismo si instaura un’accellerazione metabolica con aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; in tali circostanze è possibile che anche a livello auricolare si verifichino delle alterazioni fisiologiche con l’instaurarsi di percezioni acustiche soggettive;

– farmaci
esistono parecchi principi attivi farmacologici che, tra gli effetti collaterali, mostrano ototossicità: in questi casi la funzione uditiva si altera con insorgenza di ipoacusia oppure di acufeni che di solito scompaiono interrompendo l’assunzione del medicinale, oppure adattandone il dosaggio;

– patologie
alcune malattie sono caratterizzate da ronzii auricolari che si sovrappongono alla tipica sintomatologia patologica: si tratta della Malattia di Meniere, della Sindrome di Lyme, della fibromialgia, della sindrome vertiginosa e di alcune forme di cefalea a grappolo.

Il ronzio auricolare può essere un banale disturbo passeggero così come invece può costituire un importante segnale di gravi patologie organiche; di norma è sempre opportuno rivolgersi al medico quando viene avvertito tale problema, ma diventa assolutamente indispensabile farlo se l’acufene è insorto in seguito a un trauma cranico oppure si associ a vertigini e disturbi visivi.

L’acufene pulsante riveste una particolare importanza diagnostica in relazione alla frequenza delle pulsazioni cardiache in quanto il numero di battiti del cuore dovrebbe essere identico a quello delle pulsazioni a livello auricolare.

Se viene individuata con certezza la causa del disturbo si può impostare un adeguato trattamento che, nella maggioranza dei casi, porta alla guarigione.
Quando invece non è possibile risalire al fattore eziologico allora l’unica possibilità rimane quella di imparare a convivere con il fastidioso ronzio auricolare che comunque, se non è collegato a patologie serie, non dovrebbe destare preoccupazioni.

L’esposizione a un rumore particolarmente intenso può causare la comparsa di acufeni se esso lascia uno strascico patologico come ipoacusia permanente associata, dolore alle orecchie (otalgia monolaterale oppure bilaterale), incapacità di sentire distintamente i suoni bassi, tendenza a confondere i suoni acuti.

L’intensità dei suoni viene misurata in decibel: un rumore caratterizzato da un valore di 100 decibel è in grado di provocare una forma di sordità immediata, mentre l’esposizione a suoni di 50-60 decibel può causare notevoli danni, tra cui anche i ronzii auricolari.

Le tempistiche possono essere molto basse: è infatti sufficiente un solo minuto per causare danni irreversibili all’apparato uditivo che, essendo costituito da recettori sensoriali di estrema sensibilità risulta particolarmente sensibile all’intensità delle onde sonore.

Esiste il fenomeno dell’effetto accumulo secondo cui il rumore può risultare innocuo per anni e poi improvvisamente diventare responsabile di patologie che insorgono apparentemente senza motivo.
In realtà esse derivano appunto dall’accumulo delle iperstimolazioni sonore ripetute nel tempo.

Sembra che esista una famigliarità per questo disturbo che, pur non avendo una reale base genetica, mostra comunque una predisposizione verso persone appartenenti al medesimo gruppo famigliare.

Anche se non è stato ancora identificato un gene dell’acufene, esiste invece un genoma tipico di alcune malattia collegate all’insorgenza di acufeni.

Sintomi acufene

La più tipica definizione dell’acufene è quella di ronzio auricolare, anche se in realtà questo disturbo presenta numerose sfaccettature, tra cui:
– fischio orecchio e sibili;
– rombi;
– ronzii orecchio;
– fruscii e crepitii;
– tintinnii (tinnitus);
– soffi;
– pulsazioni.

Acufene sintomi

Uno dei sintomi più tipici del disturbo è quello della poliedricità consistente nel fatto che sulla base di un unico rumore di sottofondo esso è in grado di generare numerose variazioni sonore differenti sia per timbro che per intensità.

La sua percezione si presenta continua oppure intermittente, ma in ogni caso l’intensità è assolutamente soggettiva.

La sintomatologia degli acufeni diventa preoccupante quando è capace di condizionare la vita del paziente che tende a isolarsi dall’ambiente esterno e che spesso è soggetto a crisi di ansia anticipatoria.

Proprio in base alla sua intermittenza infatti il ronzio auricolare può scomparire completamente, ma nonostante questo esso lascia nel soggetto una sensazione di profondo disagio psicologico causato appunto dalla paura della sua ricomparsa.

Succede allora che la persona non voglia più uscire di casa, interrompa qualsiasi attività e si chiuda in sé stesso concentrandosi unicamente sul rumore che avverte come reale (mentre è soltanto soggettivo).

Come è facile intuire, un ronzio non costituisce un problema particolarmente grave, ma lo diventa quando si associa a tutta una serie di sintomi collaterali sia di natura fisica che psico-emotiva.

Quando il disturbo è continuativo riesce ad alterare anche il riposo notturno e quindi a peggiorare moltissimo la qualità di vita del paziente che non è più in grado di osservare un fisiologico ritmo circadiano.

Si instaura quindi un pericoloso circolo vizioso responsabile di manifestazioni depressive e ansiose, peggiorate dalla stanchezza.

Diagnosi acufene

Chi soffre di acufene deve sottoporsi a una visita audiologica specifica comprendente specifiche indagini diagnostiche, contattando un otorino coadiuvato da un audiologo e da un audiometrista, eventualmente supportati anche dal parere di un neurologo.

Nei casi in cui il tinnitus sia fortemente compromettente sulla qualità di vita del paziente è possibile prendere in esame l’ipotesi di una protesi auricolare che viene progettata in maniera mirata dal tecnico audioprotesista.

Trattandosi di un disturbo di tipo multifattoriale è fondamentale un approccio olistico in quanto bisogna procedere per esclusione rispetto alle numerose concause implicate.

Non è mai utile sottovalutare questo problema poiché, come accennato, potrebbe costituire un segnale d’allarme per patologie di notevole gravità e comunque provoca disagi a volte incompatibili con una normale esistenza.

Gli esami audiometrici per il tinnitus sono differenti da quelli che di norma vengono eseguiti durante una visita specialistica; essi infatti comprendono:
– test audiometrico tonale
finalizzato a rilevare le frequenze udibili da 125 a 16mila Hertz;
– test audiometrico vocale
realizzato per studiare la distorsione dei suoni e la reattività della coclea al silenzio e al rumore;
– test audiometrico sovraliminale
indica quale sia il campo uditivo residuo del soggetto;
– test di impedenziometria
analizza la funzionalità dell’orecchio medio evidenziando la presenza di eventuali ipoacusie causate da problematiche a livello della membrana timpanica;
– timpanometria
utilizzata per valutare la motilità timpanica e l’integrità della membrana con particolare riguardo alla trasmissione del suono a livello ossiculare (ossicini dell’orecchio interno);
– test di acufenometria
si tratta dell’analisi maggiormente discriminante dato che rileva intensità e frequenza dell’acufene e la sua mascherabilità;
– test di tollerabilità
viene effettuato unicamente su pazienti affetti da iperacusia che quindi mostrano un’eccessiva sensibilità ai rumori;
– test di otoemissioni
prevede l’impiego di emissioni acustiche ad alta definizione il cui ruolo è quello di evidenziare l’efficienza delle cellule ciliate dell’orecchio interno;
– test di riflessologia strapediale
si tratta di una prova di estrema specificità finalizzata a definire la funzionalità del muscolo strapedio, una piccola struttura la cui funzione protettiva nei confronti dell’orecchio interno ne garantisce un corretto funzionamento e che viene alterata in caso di acufene.

In molti casi lo specialista prescrive altri esami come:
– TAC
per analizzare nel dettaglio la struttura morfologica dell’orecchio in quanto gli acufeni possono essere innescati anche in seguito ad anomalie anatomiche dell’apparato uditivo;
– risonanza magnetica
utilizzata per valutare la funzionalità delle vie nervose del nervo acustico e per escludere l’eventuale presenza di altre patologie collegabili alla sintomatologia;
– ABR
si tratta di un’analisi dei potenziali d’azione del nervo acustico, per sondare la sua reale potenzialità operativa;
– esami posturali
la postura è strettamente collegata all’orecchio poiché i centri dell’equilibrio hanno proprio sede a livello di questi organi e potrebbero quindi contribuire all’ibnsorgenza del tinnitus;
– esami del sangue
oltre a un controllo globale di tipo ematochimico spesso vengono richieste anche prove allergologiche per scoprire l’eventuale presenza di intolleranze alimentari;
– PEU (Potenziali Evocati Uditivi)
è un test che consente di evidenziare precocemente eventuali alterazioni a carico del nervo acustico e delle vie uditive centrali, per escludere la presenza di un neurinoma, spesso responsabile di acufene unilaterale;
– esame vestibolare oto-neurologico
si rivolge alla porzione posteriore del labirinto, che non viene raggiunto con una normale visita otorino.

Trattandosi di uno dei sintomi più invalidanti derivante da uno stato morboso dell’orecchio è sempre opportuno rivolgersi a uno specialista che, dopo aver formulato la diagnosi e aver identificato i fattori eziologici responsabili del disturbo, è in grado di impostare uno schema terapeutico.

Il perfezionamento delle metodologie strumentali e degli specifici esami otofunzionali consentono attualmente una precisa diagnosi causale, tenendo conto che quanto più precoce è la terapia tanto maggiori sono le prospettive di guarigione.

Mai come per questa patologia risulta importante l’anamnesi poiché partendo dagli episodi remoti, dalla loro durata e intensità lo specialista è in grado di indirizzarsi su determinati quesiti diagnostici.

L’esame obiettivo del condotto uditivo rappresenta una tappa fondamentale per escludere la presenza di ostruzioni alla Tuba di Eustachio e un eventuale interessamento della membrana timpanica.

Non bisogna poi sottovalutare l’aspetto psicologico del problema che di solito riveste un’importanza decisamente incisiva; a questo proposito sarebbe buona norma rivolgersi anche a uno psicoterapeuta che possa valutare il profilo del paziente dal punto di vista emotivo.

Un aspetto da sottovalutare nell’approccio diagnostico è rappresentato dalla possibilità di distinguere tra cause periferiche e cause centrali del tinnitus: nel primo caso si parla di una componente neurosensoriale cocleare oppure retrococleare, mentre nel secondo caso di un coinvolgimento troncoencefalico o corticale.

In caso di acufeni pulsanti è sempre utile effettuare alcuni controlli cardio-circolatori in relazione al collegamento con problematiche di questi organi; pertanto generalmente vengono richiesti un elettrocardiogramma, un eco-doppler dei tronchi sovraortici e una visita cardiologica.

Per completare l’iter diagnostico del paziente vengono infine effettuati esami specifici per l’acufene.

Il primo è finalizzato a individuare la banda di frequenze occupate dal tinnitus che di norma presenta caratteristiche ben definite; il test prevede l’invio di un suono di intensità superiore al limite di tollerabilità (circa 10 dB) per poi valutare la risposta dell’apparato uditivo.

Il secondo è collegato alla soglia percettiva dell’acufene e consiste nell’inviare suoni con tonalità ascendenti che devono interessare l’orecchio controlaterale, incrementando progressivamente di 5 dB fino a raggiungere l’altezza dell’acufene.

Il terzo si riferisce al problema del mascheramento e serve per individuare la relativa soglia ossia l’intensità sonora che è in grado di coprire del tutto il ronzio auricolare.

L’ultimo esame, che è anche il più importante, viene impiegato per valutare il grado di inibizione residua dopo il mascheramento e prevede più prove con suoni di intensità variabile proposti successivamente a intervalli di 3-5 minuti.

A conclusione di questo iter diagnostico al paziente viene richiesto di compilare un questionario audiologico che si riferisce sia agli aspetti prettamente fisici del disturbo sia a quelli relativi alla sfera psico-emotiva.

Trattamento acufene rimedi efficaci

Si parla spesso di acufene curabile, ma fino ad oggi non è stata ancora identificata una cura definitiva ed efficace per l’acufene, ma soltanto delle terapie palliative in grado di attenuare la sintomatologia, ma non di guarire il paziente.

Bisogna tenere presente che questo disturbo, nella maggior parte dei casi, tende a migliorare nel tempo in maniera spontanea, anche senza cure.

Il presupposto indispensabile per affrontare nella maniera più adeguata questa patologia è quello di identificarne la causa, che come accennato non sempre è possibile.

Uno dei principali responsabili del disturbo è stato identificato nel tappo di cerume che, una volta eliminato, libera il soggetto dal problema.

Malattie circolatorie soprattutto collegate all’insorgenza di ipertensione sono responsabili dell’insorgenza di acufeni pulsanti e quindi regolarizzando la pressione arteriosa è possibile eliminare il disturbo otologico.

Mediante un’adeguata e preventiva terapia contro i processi infiammatori di tipo catarrale (otite e sinusite) diminuisce notevolmente l’incidenza di tinnitus.

Evitare di subire forti stimolazioni sonore, come in caso di concerti, di spari durante battute di caccia o altro consente di preservare il benessere dell’orecchio che comprende un complesso sistema di cellule e fibre nervose facenti capo al nervo acustico.

Acufene cura

L’impiego dei mascheratori di suoni si rivela di grande aiuto nei casi di acufeni continuativi e di notevole intensità; si tratta di dispositivi medici da applicare all’orecchio che riescono a filtrare le onde sonore contribuendo ad attenuare la percezione del disturbo.

Posizionati all’interno del condotto uditivo, questi ausili sono in grado di produrre rumori (accettati dal paziente in quanto non fastidiosi) che coprono parzialmente oppure totalmente il tinnitus.

I generatori di rumore consistono in altri supporti che, emettendo un suono di bassa intensità, permettono al soggetto di abituarsi alla presenza dell’acufene che risulta inglobato nel rumore generalizzato.

La mescolanza tra il rumore emesso dal generatore con quello del tinnitus crea una migliore accettazione sonora da parte del paziente che quasi non distingue più le varie componenti acustiche.

Mascheratori e generatori di rumore sono apparecchi che di solito vengono utilizzati contemporaneamente allo scopo di abituare il cervello (area uditiva) del paziente alla presenza dell’acufene che, in ultima analisi, non viene più avvertito come tale ma soltanto come sottofondo.

Mentre il mascheratore risulta efficace fin dalla sua applicazione, il generatore richiede tempistiche più dilatate per svolgere la sua funzione che a volte diventa efficace soltanto dopo alcuni mesi.

Il lasso di tempo in cui il tinnitus scompare in seguito all’applicazione del mascheratore può variare da pochi minuti ad alcuni giorni, ma è sempre molto minore rispetto a quello necessario al generatore.

L’azione combinata di questi due ausili si è rivelata la terapia maggiormente valida per la cura del disturbo, soprattutto tenendo conto che non esistono farmaci utili a questo scopo.

L’unica difficoltà collegata a tali dispositivi consiste nel fatto che essi sono (anche se minimamente) invasivi e pertanto devono essere applicati all’interno dell’orecchio.

Molti pazienti, già penalizzati dalla presenza dell’acufene, non riescono ad accettare l’idea di inserire un corpo estraneo proprio dove già esiste un disagio acustico poiché credono di peggiorare la situazione.

Soltanto se subentra una precisa volontà da parte del soggetto diventa quindi possibile utilizzare gli apparecchi che comunque rappresentano, al momento, l’unico rimedio valido.

I medicinali consigliati in caso di acufene non sono curativi ma soltanto sintomatici e appartengono al gruppo degli antidepressivi e degli ansiolitici , in particolare l’alprazolam.

Se il fattore eziologico è riconducibile all’ipertensione è utile assumere farmaci ipotensivi e betabloccanti che, modulando la frequenza del battito cardiaco, si rivelano particolarmente efficaci in caso di acufene pulsante.

Se la causa è invece il ripetersi di frequenti episodi di otite catarrale è necessario curare questa infiammazione mediante l’impiego di antibiotici mirati e sempre prescritti dal medico.

Secondo le più recenti linee guida, il trattamento terapeutico d’elezione prevede l’impiego di neurofarmaci mirati alla risoluzione dell’idrope cocleare, considerato il più frequente fattore eziologico responsabile del disturbo.

Le cellule sensitive contenute a livello dell’Organo del Corti, che rappresentano una delle zone anatomiche maggiormente coinvolte nella genesi del tinnitus, si sono rivelate particolarmente sensibili all’uso di FANS che svolgono la duplice azione di attenuare l’entità dei processi flogistici e nello stesso tempo di minimizzare le stimolazioni dolorifiche.

Queste cellule ciliate, quando risultano infiammate, non riescono a inviare segnali sensoriali fisiologici alle aree uditive della corteccia cerebrale e quindi possono essere responsabili dell’insorgenza di suoni patologici come appunto gli acufeni.

Esistono prove che l’invecchiamento di tali elementi è collegato all’acufene sinaptico cocleare, un particolare tipo di disturbo che coinvolge i collegamenti tra cellule acustiche (sensoriali) e nervo uditivo.

I processi di deterioramento ossidativo cellulare, responsabili della modificazione funzionale della percezione uditiva, possono essere limitati mediante l’assunzione di antiossidanti e anti-radicali liberi sotto forma di integratori, il cui ruolo risulta comunque complementare a quello di trattamenti più specifici.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si è confermata un approccio molto efficace in quanto è in grado di supportare il paziente a livello emotivo aiutandolo ad accettare la presenza del tinnitus.

Iin ambito fitoterapico vengono consigliati preparati a base di Actea Racemosa, di Ginkgo Biloba e di Ballotta: si tratta di principi attivi vegetali che possono essere assunti come integratori per migliorare il benessere generalizzato dell’organismo, anche in base al fatto che non esistono terapie tradizionali al riguardo.

Prevenzione acufene

Chi mostra una certa predisposizione all’insorgenza del tinnitus sia per famigliarità che per altri episodi pregressi, può seguire un adeguato (e personalizzato) programma di prevenzione, da valutare insieme allo specialista.

Esistono infatti tecniche di trattamento su base neuro-psicologica che da un lato agiscono sulle strutture anatomiche coinvolte e d’altro lato contribuiscono a riequilibrare l’assetto psico-emotivo del paziente.

Anche se non si può definire una malattia psico-somatica, l’acufene mostra un’elevata componente psicologica e quindi deve venire curata anche sotto questo aspetto.

Il tinnitus è un disturbo che deriva dalla componente periferica del sistema nervoso, ma che è controllato dal sistema limbico, un centro encefalico nevralgico per l’instaurarsi delle complicanze neuro-vegetative inerenti al disturbo.

La TRT (Tinnitus Retraining Therapy) viene applicata con successo su soggetti che hanno già sofferto di questa patologia e che desiderano “desensibilizzarsi” nei suoi confronti.

Se praticata da personale specializzato, questa metodica è in grado di ottenere ottimi risultati, anche se richiede un periodo di tempo piuttosto prolungato (da 12 a 18 mesi), e quindi deve presupporre una notevole volontà da parte del paziente.