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Uricemia

Uricemia e acido urico

Per uricemia si intende indicare il contenuto ematico di acido urico, un composto che in condizioni fisiologiche deve essere metabolizzato completamente poiché un suo accumulo costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza di gotta.

uricemia acido urico

Questo composto si forma come prodotto terminale del metabolismo delle purine, sostanze organiche presenti a livello degli acidi nucleici (DNA e RNA) sotto forma di basi azotate (guanina e adenina).

Componenti fondamentali e indispensabili alla vita, le purine per la maggior parte derivano da processi sintetici endogeni e soltanto in minima percentuale vengono introdotte con il regime dietetico.

Esse derivano dal fisiologico ricambio cellulare e soltanto in misura minore dalla digestione di alcuni alimenti, come fegato, piselli e fagioli secchi e alcuni prodotti ittici come acciughe e sgombri, oltre che birra e vino.

L’acido urico circolante si presenta sia in forma libera che legata a carrier proteici: ogni giorno esso viene eliminato in parte dall’apparato escretore (circa 450 milligrammi) e in parte con le secrezioni digestive (circa 200 milligrammi).

Si tratta di un composto cristallino bianco e dotato di scarsa solubilità in acqua, che mostra una certa tendenza a sostituire uno o più atomi di idrogeno con altri di metalli, per formare gli urati.

Facente parte del metabolismo azotato, questa molecola può essere sintetizzata a partire dalla glutammina, e circola nel sangue in concentrazioni comprese tra 4 e 6 milligrammi.

La sua eliminazione giornaliera deve mantenersi intorno a 700 milligrammi in quanto se essa diminuisce e quindi consente al composto di accumularsi nell’organismo, è responsabile dell’insorgenza di gotta.

Sarebbe buona norma controllare periodicamente il suo valore quantitativo mediante l’uricemia, un esame ematico non invasivo in grado di fornire l’indice preciso della sua percentuale circolante.

L’iperuricemia di solito è conseguente a disturbi dismetabolici che comportano la progressiva deposizione di urati in forma cristallina (tofi) che si localizzano nelle articolazioni, a livello delle guaine tendinee, delle superfici cartilaginee e delle borse mucose.

L’uricemia, che dipende quindi dalla concentrazione dell’acido urico nel sangue, corrisponde al risultato dell’equilibrio tra i processi sintetici e quelli di eliminazione e viene prescritta quando si sospetta l’insorgenza di gotta, ma anche come ausilio per diagnosticare litiasi renale.

Una maggiore produzione di acido urico derivante da un’aumentata necrosi cellulare (ad esempio durante cicli di chemioterapia) provoca iperuricemia, dato che, tra i suoi prodotti di rifiuto, la morte cellulare ha appunto questo composto.

Più spesso l’iperuricemia deriva da anomalie funzionali del rene che non riesce a filtrare in maniera adeguata la molecola, destinata quindi ad accumularsi nel sangue.

L’uricemia si esegue quando il medico si trova di fronte a episodi di dolore articolare non riconducibili a manifestazioni artritiche oppure artrosiche, per monitorare l’andamento di episodi gottosi, per controllare lo stato di salute di pazienti sottoposti a chemioterapia o radioterapia.

Il dosaggio dell’acido urico viene effettuato su un campione di sangue venoso prelevato su pazienti a digiuno da almeno 12 ore, e possibilmente anche astenuti dalle bevande in quanto l’acqua potrebbe alterare i risultati.

Uricemia alta

I valori fisiologici di acido urico nel sangue sono compresi tra 4 e 8 mg/dl.
Si parla di iperuricemia quando il suo valore supera 7 mg/dl (uomo) oppure 6,5 mg/dl (donna), dopo una settimana di dieta ipopurinica e senza assunzione di preparati farmacologici che agiscono su questo indice.

I fattori eziologici responsabili dell’innalzamento di uricemia sono:

  • riduzione dell’escrezione renale
    si tratta della causa più comune del disturbo e consiste in un’alterazione della capacità filtrante glomerulare indotta sia da patologie a carico del rene che dall’impiego di farmaci diuretici. Gli etilisti, in seguito all’assunzione di notevoli quantità di bevande alcoliche, subiscono un’incentivazione del catabolismo delle purine nel fegato con aumento di acido lattico responsabile del blocco di escrezione dell’acido urico a livello tubulare.
    Anche la ciclosporina (utilizzata sui pazienti trapiantati) e l’avvelenamento da piombo agiscono sui tubuli renali aumentando l’uricemia. Si può dire che l’apparato escretore sia quello maggiormente coinvolto nel controllo di questo indice, che viene pertanto utilizzato anche per diagnosticare disturbi renali;
  • aumentata produzione
    una maggiore sintesi di acido urico può dipendere da due fattori: da un lato si può verificare un aumento del turn-over nucleoproteico in caso di patologie ematologiche (anemie emolitiche oppure leucemie) e d’altro lato può derivare da un’incentivazione della necrosi cellulare (chemioterapia o radioterapia). Esistono anche casi di iperproduzione congenita dovuta a cause genetiche oppure conseguenti a forme di obesità, dato che la sintesi di acido urico è strettamente correlato alle dimensioni della superficie corporea;
  • aumentato apporto purinico
    in questa situazione il principale responsabile è il regime alimentare caratterizzato da un’eccessiva assunzione di cibi contenenti purine.

Nella maggior parte dei casi comunque la causa dell’iperuricemia rimane sconosciuta e a ttut’oggi non è stato ancora identificato un metodo efficace per identificarla.

La principale conseguenza di tale stato alterato consiste nella produzione di tofi gottosi, che, depositandosi a livello delle articolazioni, contribuiscono all’insorgenza della gotta, un’infiammazione provocata dalla presenza di cristalli aghiformi di urato monosodico derivanti dalla precipitazione dell’acido urico in eccesso.

In ambito metabolico è importantissimo che venga mantenuto un equilibrio tra produzione e distruzione del composto in quanto un suo aumento, anche minimo, è responsabile di conseguenze piuttosto gravi.

Infatti la sintomatologia dei pazienti gottosi è strettamente collegata ai valori di uricemia e pertanto la malattia si manifesta in maniera graduale e quindi diagnosticabile mediante l’esecuzione degli specifici test sierologici.

Le situazioni predisponenti all’uricemia sono le seguenti:

  • alimentazione
    tutti i cibi contenenti elevate concentrazioni di purine contribuiscono ad aumentare i livelli di acido urico nel sangue; tra essi ricordiamo la carne rossa, il fegato, le frattaglie, la cacciagione, le cozze, le acciughe, le aringhe e gli sgombri; in ambito vegetale sono ricchi di composti azotati gli asparagi e i funghi;
  • insufficienza renale
    quando il rene non filtra in maniera fisiologica molte sostanze non riescono ad attraversare il filtro glomerulare e quindi rimangono nel sangue, aumentando la loro concentrazione; tra le varie patologie dell’apparato escretore quella maggiormente coinvolta è probabilmente il rene policistico, caratterizzato da disordini sia a livello di filtrazione che di riassorbimento tubulare;
  • trattamenti chemioterapici
    come accennato la chemioterapia e la radioterapia provocano una massiccia necrosi cellulare sia su elementi neoplastici che su quelli normali (i chemioterapici non hanno elevata selettività) e quindi contribuiscono ad aumentare la quantità di cataboliti tra cui appunto l’acido urico;
  • metastasi
    anche in questa condizione si verificano eccessivi processi di apoptosi cellulare indotti dalla propagazione in circolo di elementi metastatici;
  • forme neoplastiche
    molti tumori, tra le varie manifestazioni patologiche, sono in grado anche di aumentare l’uricemia; tra questi soprattutto il mieloma multiplo, alcune leucemie, carcinomi osteo-articolari;
  • alcolismo
    per il meccanismo metabolico dell’acido lattico sopra accennato, gli etilisti sono solitamente affetti da iperuricemia;
  • dismetabolismi
    il deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi è collegato all’incremento ponderale di acido urico nel sangue; si tratta di un’anomalia congenita ereditaria a carico delle emazie. Numerose sindromi dismetaboliche provocano una modificazione delle reazioni biochimiche sia di sintesi (anabolismo) che di degradazione (catabolismo); anche per quanto riguarda l’acido urico si verificano alterazioni dell’omeostasi metabolica con prevalenza della fase di biosintesi su quella di distruzione;
  • obesità
    come accennato sopra le persone in forte sovrappeso sono caratterizzate da un’estensione di superficie corporea molto elevata, collegata all’indice di produzione dell’acido urico;
  • farmaci
    l’impiego prolungato di medicinali diuretici oppure di altri principi attivi come pirazinamide, etambutolo e levodopa possono modificare il ciclo biologico dell’acido urico aumentando la sua concentrazione nel sangue.

Iperuricemia e gotta

La gotta è un disturbo organico a carico del metabolismo purinico che si manifesta con iperuricemia, presenza di tofi gottosi e attacchi infiammatori articolari particolarmente dolorosi causati dal deposito di urati nelle cartilagini.

Oltre che nelle cartilagini i depositi di acido urico si possono trovare a livello del tessuto connettivo, anche se con minore frequenza e con sintomi più sfumati.

La bassa solubilità di questo composto e la sua notevole tendenza a precipitare sotto forma microcristallina sono aggravate sia dalle temperature basse che dalla tendenza all’acidosi metabolica.

Le precipitazioni biomolecolari dell’acido urico sotto forma di urati mostrano una predilezione per i tessuti non vascolarizzati, come appunto le cartilagini e il connettivo, e anche per altri (come i tendini) caratterizzati dalla concomitante presenza di scarsa irrorazione sanguigna e acidosi.

Contestualmente a tale sintomatologia è presente anche una nefropatia gottosa che consiste in malfunzionamento dell’apparato escretore.

In alcune patologie croniche come diabete mellito oppure insufficienza renale cronica la gotta rappresenta una complicazione a frequente insorgenza, soprattutto durante la stagione invernale, dato che il freddo è un fattore predisponente.

Quando i cristalli di acido urico precipitano a livello del bacinetto renale (pelvi) si possono facilmente formare calcoli renali.

Piuttosto diffusa soprattutto nella popolazione europea e nordamericana (0,3%) la gotta è una malattia con forte componente ereditaria e che soltanto in parte dipende da fattori esterni.

Quasi esclusivamente tipica del sesso maschile (95% dei casi), la patologia esordisce di solito tra i trenta e i cinquant’anni, manifestandosi con la comparsa di gonfiori a livello articolare.

Viene considerato gottoso un paziente che è affetto da iperuricemia cronica, ovvero i cui valori di acido urico nel sangue sono superiori a 7 milligrammi su decilitro, anche se la patologia si manifesta quando tale valore aumenta oltre i 9 milligrammi per decilitro.

La sua principale complicazione consiste nella possibilità di depositi di urato monosodico in vari tessuti e organi, che comporta interessamento cardiovascolare e renale.

Oltre all’iperuricemia, la gotta è caratterizzata da arrossamento, gonfiore e dolore a livello articolare, che nei casi più gravi presenta la formazione di tofi prodotti dalla deposizione dei cristalli monosodici dell’acido urico.

Questi noduli dapprima non sono dolenti in quanto circondati da una matrice amorfa, ma se non curati adeguatamente evolvono nel tempo fino a provocare un dolore molto intenso, collegato alla progressiva deformazione delle parti interessate.

La causa principale del disturbo è l’eccesso di acido urico, peggiorato dal sovrappeso, dall’alcolismo, dalla sedentarietà e dall’abuso di alcuni farmaci.

I sintomi della gotta esordiscono solitamente a livello della prima articolazione dell’alluce per poi colpire altre zone come tallone e caviglia, risalendo al ginocchio per quanto riguarda gli arti inferiori, mentre in quelli superiori le prime ad essere colpite sono le dita, poi il polso e il gomito.

Il dolore prodotto da un accesso gottoso acuto si manifesta bruscamente, spesso di notte, ed è associato di solito a gonfiore, manifestazioni eritematose, calore e rigidità articolare.

Tutti questi sintomi vengono esacerbati dai movimenti o dalla pressione, tanto che a volte diventa insopportabile anche il contatto con il lenzuolo.

Quando non vengono trattati tempestivamente, i sintomi tendono a peggiorare anche se entro dieci giorni normalmente scompaiono, pur essendo frequenti le recidive con complicanze a carico del rene.

Il quadro ematochimico è caratterizzato da iperuricemia e aumento della VES, oltre che in alcuni casi dalla presenza di cristalli di urati nelle urine.

I pazienti colpiti da gotta presentano spesso forme artritiche monoarticolari, che possono essere intermittenti oppure croniche: in questo caso diventa evidente la presenza dei tofi, la cui localizzazione tende a svilupparsi anche in sede extra articolare, come nel tendine d’Achille o nella parte esterna dell’orecchio.

La malattia predispone facilmente alla formazione di litiasi renale, con presenza di calcoli che possono arrivare a colonizzare anche il parenchima dell’organo.

La caratteristica discriminante della gotta è quella di manifestarsi come artrite monoarticolare (coinvolgimento di un’articolazione per volta), che si manifesta repentinamente con un dolore lancinante.

La diagnosi viene effettuata soprattutto tramite l’analisi obiettiva dei sintomi, che sono abbastanza tipici e che prevedono gonfiore, arrossamento e dolore.

Il quadro anamnestico risulta particolarmente utile poiché la gotta tende a presentarsi ciclicamente e mostra anche una componente di familiarità.

Dal punto di vista clinico vengono effettuate analisi del sangue (uricemia e VES), oltre che un’artrocentesi (utile per la ricerca dei cristalli di urato) e radiografie delle articolazioni coinvolte.

I farmaci maggiormente utilizzati sono i FANS e la colchicina, in grado di favorire l’escrezione di acido urico.
L’iperuricemia cronica viene invece curata con l’alopurinolo, un farmaco che inibisce la sintesi di acido urico.

Esiste una dieta per la gotta che prevede l’eliminazione di cibi ricchi di purine e di bevande alcoliche, oltre che un’abbondante assunzione di acqua, utile per prevenire la formazione dei cristalli di acido urico.

Uricemia bassa

La diminuzione di concentrazione dell’acido urico nel sangue si collega di solito a disfunzioni dell’attività escretrice del rene, anche se può dipendere da patologie al fegato (epatite virale) o più semplicemente da un regime alimentare squilibrato (povero di carne).

Si parla di ipouricemia tutte le volte in cui il valore dell’acido urico nel sangue è inferiore a 4 milligrammi/decilitro.

Tale condizione si può associare anche al Morbo di Wilson, una patologia ereditaria su base metabolica, alla Sindrome di Fanconi o all’esposizione a sostanze velenose.

Alcuni farmaci provocano ipouricemia, che subentra come effetto collaterale dei medicinali; tra essi vi sono l’allopurinolo (utilizzato appunto per abbassare l’uricemia), i cortisonici, l’ormone adrenocorticotropo, gli estrogeni e i salicilati.

Le cause scatenanti di questa anomalia sono le seguenti:

  • acidosi lattica
    si tratta di un dismetabolismo consistente nell’iperproduzione di acido lattico che tende ad accumularsi nei tessuti innescando un’alterazione ponderale di vari metaboliti, tra cui l’acido urico;
  • anemia
    quando il numero degli eritrociti è inferiore alla norma (anemie microcitiche) si verifica uno scompenso del metabolismo purinico con aumentato catabolismo dell’acido urico;
  • digiuno
    in questo stato l’organismo è costretto ad attingere a riserve energetiche di deposito con modificazione dell’omeostasi metabolica globale, e in particolare la carenza di proteine di origine animale contribuisce all’insorgenza di ipouricemia;
  • malattie epatiche e renali
    sono responsabili della diminuita produzione di acido urico per i motivi accennati sopra (Sindrome di Fanconi e Morbo di Wilson);
  • gravidanza
    durante gli ultimi due trimestri la gestante subisce variazioni di uricemia solitamente collegati alla modificazione del metabolismo azotato.

Interpretazione dei risultati

  • Uricemia alta

L’incremento di uricemia può essere provocato da un’aumentata produzione di acido urico da parte dell’organismo oppure da una diminuita funzionalità dei reni che non sono in grado di eliminarlo in maniera adeguata.

Nel primo caso il fattore scatenante di solito è collegabile alla maggiore morte cellulare che si verifica in seguito a trattamenti chemioterapici o radioterapici.
In altri casi l’iperproduzione di acido urico è l’espressione di una componente genetica che quindi può essere ereditata.

Nel secondo caso, la minore eliminazione di acido urico può dipendere da varie cause, tutte relative alla compromissione del funzionamento renale.
Tra esse, vi sono alcune forme neoplastiche come le leucemie e il mieloma multiplo, le metastasi tumorali, l’acidosi metabolica, molte malattie renali croniche e l’alcolismo.

Un caso particolare di iperuricemia è riscontrabile nella tossiemia gravidica, una patologia che insorge nell’ultimo trimestre della gestazione e che è responsabile della modificazione globale del metabolismo.

Quando l’iperuricemia non è collegata a nessuna malattia conclamata, può dipendere da uno squilibrato regime dietetico, particolarmente ricco di carne rossa, di selvaggina o di frattaglie.

Esistono poi congenite modificazioni del patrimonio genetico a carico del metabolismo purinico, che determinano una produzione di acido urico superiore alla norma.

In tutti questi casi le conseguenze più temibili sono la gotta e l’insorgenza di litiasi renale.

Non sempre però elevati livelli di acido urico nel sangue provocano una sintomatologia manifesta: in questi casi si parla di iperuricemia asintomatica, che consiste in un disturbo abbastanza comune e che non richiede trattamenti farmacologici nè follow up, anche se rappresenta comunque un fattore di rischio.

Quando tale situazione si verifica in persone con familiarità alla gotta o a patologie renali di vario tipo, è sempre consigliabile effettuare periodici controlli dell’uricemia per diagnosticare l’eventuale incremento dei suoi valori.

  • Uricemia bassa

Meno frequenti rispetto all’iperuricemia, i bassi livelli di acido urico nel sangue di solito non costituiscono motivo di preoccupazione in quanto sono temporanei, si risolvono senza terapia e non hanno conseguenze di alcun tipo.

Gli scopi clinici dell’uricemia sono sia di tipo diagnostico per confermare ipotesi che il medico ha formulato in base alla sintomatologia del paziente, sia di monitoraggio su persone che si sottopongono a trattamenti chemioterapici o radioterapici.

Inoltre il dosaggio dell’acido urico ematico si rivela di estrema rilevanza su pazienti affetti da calcoli renali in quanto la loro composizione è in qualche modo collegata alla percentuale di microcristalli di urati.
Anche se non specifico per la litiasi, questo esame è comunque un valido supporto per confermare l’esistenza di una predisposizione congenita al disturbo.

L’uricemia è un test utilissimo per confermare la diagnosi di gotta (una patologia che si riconosce da segnali visibilmente caratterizzanti), ma diventa indispensabile per confermare quesiti diagnostici relativi a malattie renali o anche epatiche.

Tutte le volte in cui si effettua quest’analisi è necessario prepararsi in maniera adeguata poiché sono numerosi i fattori in grado di falsare i risultati.

Innanzi tutto la dieta che, nelle 48 ore antecedenti al prelievo, deve essere impostata secondo uno schema piuttosto rigido, per non alterare il metabolismo azotato.

Bisogna poi tenere presente che numerosi farmaci sono responsabili di modificazioni significative dei dati di laboratorio; tra questi i diuretici tiazolici fanno aumentare l’uricemia.

A basse concentrazioni l’acido acetilsalicilico provoca iperuricemia, mentre a dosi elevate svolge un’azione opposta innescando ipouricemia.

Le bevande alcoliche svolgono un ruolo piuttosto importante sul controllo dell’uricemia in quanto rallentano l’eliminazione catabolica dell’acido urico.

L’alimentazione incide sull’esame anche per quanto riguarda gli aspetti quantitativi (oltre che qualitativi, come accennato sopra); infatti il digiuno oppure una dieta troppo scarsa incentivano la produzione del composto.

Bisogna ricordare che oltre il 10% dei soggetti che presentano valori di uricemia superiori al limite fisiologico si presentano asintomatici e quindi non manifestano nessun disturbo.

Questa condizione può rimanere tale per tutta la vita oppure evolvere in sindrome gottosa; a questo proposito vi sono pareri discordanti in quanto alcuni medici ritengono che sia lo stile di vita (e in particolare il regime nutritivo) a influire sull’evoluzione dell’iperuricemia asintomatica, mentre altri medici sono convinti che la causa sia unicamente di tipo ereditario.

Certo è che esiste una forte componente di predisposizione genetica all’insorgenza della patologia gottosa che infatti colpisce generalmente più membri di una stessa famiglia.

La procedura più adatta per affrontare un iter terapeutico è quella di effettuare preventivamente un’uricemia per valutare lo stato metabolico del paziente.

A quest’analisi è utile affiancare una visita presso uno specialista in ortopedia che è in grado, anche tramite radiografie, di evidenziare le presenza di precipitati microcristallini di urato a livello articolare fin dagli stadi più precoci.

Qualora venisse confermata la diagnosi di gotta è opportuno monitorare il suo andamento attraverso analisi ematiche seriali, da ripetere almeno ogni 6 mesi, anche in caso di remissione dei sintomi per evidenziare se i livelli di acido urico sono ritornati nella norma.