
I trombociti o piastrine sono i più piccoli elementi corpuscolati del sangue di forma discoidale con un diametro tra 2 e 3 millimicron; esse non possiedono i requisiti per venire considerate vere e proprie cellule in quanto assomigliano più che altro a frammenti di citoplasma derivanti da megacariociti del midollo rosso.
Si tratta di elementi anucleati, ma circondati da una membrana, all’interno della quale sono presenti vari organuli citoplasmatici e RNA.
Nonostante le loro dimensioni estremamente ridotte, le piastrine svolgono una funzione indispensabile alla vita, che, in sinergia con gli enzimi coagulanti, consente il passaggio del sangue dallo stato liquido a quello solido (emostasi).
Tutte le volte in cui si verifica una lesione a livello vasale, con fuoriuscita di sangue, l’intervento delle piastrine permette la formazione di agglomerati multipli facenti parte del trombo, che va a chiudere le pareti dei vasi lesionati.
In un millilitro di sangue sono presenti da 150mila a 400mila trombociti, caratterizzati da una vita media di dieci giorni, al termine dei quali vengono fagocitate dai macrofagi ed eliminate dal sangue, in particolare a livello epatico oppure splenico.
In condizioni normali vengono sintetizzate da 30mila a 40mila piastrine ogni giorno, che possono aumentare fino a 8 volte qualora si presenti l’esigenza di riparare un vaso.
L’estrema specificità di questi elementi assicura un funzionamento particolarmente selettivo in quanto essi si attivano soltanto quando si presenti la necessità di determinare emostasi, ma non in altre situazioni che potrebbero danneggiare irreversibilmente l’organismo.
La loro struttura pertanto appare particolarmente complessa proprio perché le piastrine sono in grado di attivarsi solo e soltanto in risposta a determinati stimoli.
Esse sono continuamente presenti in circolo, ma in forma inattiva, che cambia completamente (sia di forma che di volume) nel momento del bisogno.
Nella forma inattiva i trombociti sono costituiti da una parte periferica più chiara (ialometro) e da una centrale più rifrangente (cromomero) che contiene elevate quantità di sostanze proteiche e di citochine.
La membrana cellulare è ricca di glicoproteine, il cui ruolo di recettori viene sfruttato nella fase di attivazione, quando essi possono aderire alle pareti vasali ed aggregarsi reciprocamente.
Piastrine e coagulazione
Le piastrine partecipano, insieme ad altri elementi, alla coagulazione del sangue, un processo importantissimo in quanto consente di fermare piccole emorragie contribuendo alla genesi dei trombi emostatici.
In seguito alla lesione di un vaso sanguigno, le sue cellule endoteliali rilasciano alcuni agenti che, in seguito all’attivazione delle piastrine, si aggregano a vicenda.
Grazie all’esposizione di collagene a livello del vaso danneggiato, si determina un’adesione delle piastrine che rilasciano le citochine, fattori che facilitano l’aggregazione dei trombociti fino a formare un trombo bianco.
Parallelamente si instaura una vasocostrizione locale, quasi sempre mediata dalla serotonina in presenza di calcio ematico.
La coagulazione del sangue prevede un complesso sistema di regolazione reso possibile dall’intervento di numerose sostanze, delle quali le piastrine costituiscono una frazione fondamentale.
L’aggregazione di questi elementi deve essere limitata per evitare che il trombo possa estendersi a zone non interessate alla lesione endoteliale; questo meccanismo regolatore dipende dalla presenza di acido nitrico e di prostaciclina.
Soltanto in un secondo tempo il tappo piastrinico primario diventa solido per una serie di reazioni definita a cascata, durante cui si ha la formazione di un intreccio di fibrina.
Le piastrine svolgono un ruolo fondamentale per arrestare l’emorragia anche se non intervengono direttamente nella riparazione del vaso lesionato, che dipende dalle formazioni fibrose.
Al termine del processo di coagulazione, il coagulo si dissolve ad opera della plasmina, un’enzima presente all’interno del coagulo.
Dosaggio delle piastrine
Il dosaggio delle piastrine nel sangue è un test denominato PLT; in condizioni fisiologiche esso è compreso tra 150mila e 450mila unità per microlitro di sangue.
Quando il PLT diminuisce si parla di piastrinopenia.
Quando il PLT aumenta si verifica trombocitosi.
La conta piastrinica è un’analisi di routine che viene eseguita nei test ematochimici standard e che ha lo scopo di monitorare la situazione globale dei parametri della parte corpuscolata del sangue rispetto al plasma (ematocrito).
La parte corpuscolata è costituita da globuli rossi (eritrociti), globuli bianchi (leucociti) e piastrine; quando il loro valore aumenta anche l’ematocrito è maggiore, mentre al contrario se il valore diminuisce, si abbassa l’ematocrito.
L’analisi viene richiesta in particolare se il medico sospetta alcuni stati morbosi collegabili a difetti della coagulazione, che si evidenziano con particolari sintomi, che sono:
– facilità nella comparsa di ematomi anche senza causa apparente;
– ricorrenti epistassi;
– mestruazioni particolarmente abbondanti e prolungate;
– piccoli sanguinamenti intestinali evidenziati su campioni di feci;
– inspiegabili sanguinamenti delle mucose;
– comparsa di petecchie o di porpora cutanea.
Il PLT solitamente viene associato ad altre analisi complementari, come il tempo di protrombina (PT) oppure il tempo di tromboplastina parziale (PTT), due indici di grande rilevanza nella valutazione della capacità coagulativa del soggetto.
In alcuni casi, quando il quesito diagnostico si presenta particolarmente incerto, è possibile eseguire uno striscio di sangue con conta delle piastrine al microscopio, allo scopo di evidenziare il numero e la forma di questi elementi.
Infatti potrebbe accadere che la scarsezza di piastrine derivi da un fenomeno aggregativo visibile principalmente tramite un’analisi microscopica.
Quando la conta dei trombociti viene effettuata su una donna, sarebbe consigliabile (se possibile) eseguirla durante la metà del ciclo mestruale dato che il flusso ematico tende ad abbassare il suo valore.
Analogamente, nell’ultimo periodo della gravidanza la quantità di piastrine tende a ridursi (trombocitemia gravidica).
In presenza di fenomeni flogistici caratterizzati dalla produzione di citochine infiammatorie si verifica di norma un’aumentata sintesi che prende il nome di trombocitosi reattiva.
Altre analisi ematologiche che di norma vengono prescritte insieme al PLT sono il volume medio delle piastrine (MPV), di estrema importanza per collegarsi poi al numero delle piastrine circolanti; l’ampiezza di distribuzione (PDW) che indica la variabilità delle loro dimensioni, e il piastrinocrito (PCT) che è un parametro simile all’ematocrito che esprime in percentuale il rapporto tra il volume totale delle piastrine e quello del sangue, di solito compreso tra 0,20 e 0,36%.
PLT elevato (trombocitosi)
Un alto valore di PLT può essere collegato anche a stati fisiopatologici conseguenti a un intenso e prolungato sforzo fisico, all’ovulazione, al puerperio, a stress post operatori o post partum, oppure all’assunzione di alcuni preparati farmacologici adrenergici.
Recandosi in alta montagna, la quantità delle piastrine aumenta, così come può incentivarsi per motivi costituzionali, che non prevedono nessun disturbo organico, ma soltanto un’anomalia ematologica.
Oltre le 400mila unità per microlitro, si è in presenza di trombocitosi, che può essere primaria oppure secondaria.
– Trombocitosi primaria
Si tratta di un disturbo di tipo mieloproliferativo che si caratterizza per una conta piastrinica perennemente superiore a 600mila per millilitro di sangue.
Esso è accompagnato da manifestazioni emorragiche del tutto analoghe a quelle presenti in pazienti con piastrinopenia e comprendenti sangue al naso (epistassi), sanguinamento gengivale, comparsa di numerosi ematomi (ecchimosi).
Questa condizione si rivela particolarmente rischiosa dopo interventi chirurgici oppure in seguito a traumi, quando il sanguinamento deve mantenersi contenuto.
L’assunzione di alcuni farmaci, come l’acido acetilsalicilico, può peggiorare la situazione aumentando le manifestazioni.
– Trombocitosi secondaria
In questo caso il disturbo è conseguente a stati flogistici acuti o cronici, a episodi emorragici, a stati postoperatori oppure all’assunzione di alcuni farmaci.
La carenza di ferro è strettamente collegata ai fenomeni di trombocitosi secondaria per il collegamento che intercorre tra il metabolismo degli eritrociti (responsabili del trasporto di ferro) e quello delle piastrine.
La trombocitosi, purché transitoria, non predispone il paziente a conseguenze specifiche, se non in casi particolari all’aumento di probabilità di trombosi.
PLT basso (piastrinopenia)
In questa situazione la produzione delle piastrine, che non arriva a superare 150mila unità per microlitro, dipende da vari fattori eziologici, che sono:
– alcune patologie congenite ereditarie come la Sindrome di Wiskott-Aldrich collegata ai cromosomi sessuali;
– anemia aplastica con limitata produzione della porzione corpuscolata del sangue;
– linfomi;
– infiltrazione midollare in alcuni carcinomi;
– impiego di sostanze che alterano la sintesi piastrinica;
– deficit nutrizionali soprattutto conseguenti a regimi dietetici squilibrati;
– infezioni virali;
– insufficienza renale di grado severo, accompagnata da idronefrosi di III grado;
– pre-eclampsia;
– coagulazione intravasale disseminata (CID);
– malaria;
– infezione da tripanosoma;
– sindrome uremico-emolitica.
In molte situazioni questa alterazione dipende dall’assunzione di alcuni principi farmacologici, come l’eparina, la digossina, la vancomicina, la nitroglicerina e il paracetamolo se assunto a dosaggi molto elevati e per lungo tempo.
In tutte queste condizioni il sangue depauperato di piastrine non è in grado di coagularsi secondo schemi fisiologici e potrebbe creare problemi anche di una notevole entità.
Piastrinopenia gravidica
Si stima che oltre il 10% delle gestanti presenti una riduzione fisiologica delle piastrine durante l’intera gravidanza.
Tale condizione, chiamata piastrinopenia gestazionale, dal punto di vista clinico non comporta particolari conseguenze nè alla madre nè al feto.
Si tratta di un disturbo asintomatico che può accompagnarsi alla classica anemia della gestante.
Soltanto in alcuni casi, come nelle microangiopatie trombotiche, questo disturbo assume una notevole rilevanza, che deve essere tempestivamente curata per evitare gravi conseguenze sul nascituro.
Quando la conta delle piastrine è inferiore a 30mila per millimetro cubo, la gestante deve essere sottoposta a terapie cicliche con cortisone da ripetersi durante i tre trimestri della gravidanza e a somministrazione di immunoglobuline poco prima del parto.
Interpretazione dei risultati
PLT alto
Un aumento del numero di piastrine rispetto al range fisiologico è sempre collegabile a fenomeni di trobocitosi e può indicare la presenza di numerose patologie che, a seconda del valore dei dati rilevati, possono presentare diversi stadi di gravità.
I fattori eziologici più frequenti si ricollegano a patologie ematologiche, sindromi infiammatorie, carenza di ferro o forme tumorali.
L’esame emocromocitometrico consente di individuare uno stato di trombocitosi in grado di diagnosticare anche gravi patologie del midollo osseo, oltre che disordini delle reazioni emostatiche.
Quando il PLT rimane costantemente alto sussiste un notevole rischio di complicazioni trombotiche.
Un aumento delle piastrine che a causa del loro breve ciclo vitale vengono continuamente prodotte dal midollo osseo, aumenta la predisposizione alla trombosi per la formazione di numerosi aggregati piastrinici.
Il settore maggiormente coinvolto in tale condizione è quello ematologico in quanto numerose forme leucemiche presentano (tra i vari riscontri) un aumento della conta di piastrine.
La leucemia mieloide cronica, la mielodisplasia e alcune forme di anemia sideropenica ed emolitica sono caratterizzate da elevati valori di PLT.
Alcune forme neoplastiche, tra altri sintomi maggiormente caratterizzanti, presentano alti indici di PLT; tra essi ci sono mesoteliomi e carcinomi polmonari, tumori gastrici, ovarici e alla mammella.
Questo dato non è tipicizzante per la definizione del quadro morboso che sfrutta altri riscontri, ma può avere comunque un significato clinico.
Molte infiammazioni acute e soprattutto croniche, come l’artrite reumatoide, l’osteomielite, la tubercolosi e alcune forme di osteoporosi sono accompagnate da un PLT elevato.
In seguito a interventi di asportazione della milza (splenectomia) oppure in presenza di trombosi splenica, un dato sempre presente si riferisce appunto all’aumento delle piastrine.
Quasi tutte le emorragie conseguenti a eventi traumatici oppure le poliglobulie secondarie a malattie dell’apparato escretore presentano alti valori di PLT.
Di norma la trombocitosi non provoca necessariamente un malfunzionamento piastrinico e neppure un aumento delle complicanze trombotiche o emorragiche, ma rappresenta comunque un rischio per pazienti che si trovino ad affrontare uno stato d’immobilità prolungata.
PLT basso
In questa situazione il midollo osseo non è in grado di produrre un numero sufficiente di piastrine, oppure quelle prodotte vengono distrutte dalla milza con una velocità maggiore rispetto al normale.
Le principali conseguenze della trombocitopenia si riflettono sulla coagulazione del sangue, provocando eventi emorragici di vario tipo, infatti è noto che il rischio di sanguinamento risulta inversamente proporzionale alla conta piastrinica.
L’abbassamento del PLT si può notare anche nel corso di alcune patologie infettive come mononucleosi, epatite di tipo B e rosolia, nelle quali il reperto non riveste mai un valore diagnostico.
Alcune patologie autoimmuni come il lupus eritematoso sono accompagnate da un minor numero di piastrine, probabilmente in rapporto alle modificazioni sierologiche causate dalla malattia stessa.
Analogamente a quanto accade nella trombocitosi, anche la trombocitopenia si manifesta in molte forme neoplastiche, soprattutto linfomi e leucemie.
In questi casi la notevole modificazione dell’ematocrito con diminuzione di alcune componenti corpuscolate e aumento di altre, anche le piastrine rimangono coinvolte in queste anomalie.
Altre possibili cause di piastrinopenia comprendono patologie del fegato, come la cirrosi epatica e l’ipertensione portale, oltre che ulcere gastriche.
Un PLT basso si riscontra negli alcolisti cronici oppure in seguito ad esposizione professionale a sostanze tossiche come benzene, arsenico e pesticidi.
Nella quasi totalità dei cicli chemioterapici i pazienti oncologici mostrano una diminuzione del numero di piastrine circolanti in seguito a fenomeni di mielosoppressione che agisce tramite un’azione immuno-mediata sulla frazione cospuscolata del sangue.
Di norma la piastrinopenia in assenza di segni clinici non ha valore diagnostico. Al contrario, se questa condizione è accompagnata da una sintomatologia più specifica (soprattutto relativa alla presenza di ematomi ed ecchimosi), è consigliabile completare le indagini diagnostiche con un’ecografia dell’addome o una TAC con contrasto per visualizzare lo stato della milza.
È inoltre possibile identificare precisamente anche il lcous di eliminazione delle piastrine mediante metodiche radioisotopiche che, servendosi di specifici marcatori, sono in grado di localizzare il punto esatto in cui avviene il calo delle piastrine.
Soltanto nei casi più gravi è opportuno effettuare la biopsia del midollo per verificare un’eventuale diminuzione del numero dei megacariociti, elementi precursori delle piastrine.
Tutte le volte in cui si verifica piastrinopenia di grado elevato (piastrine inferiori a 10mila per millimetro cubo), può essere effettuata una trasfusione di piastrine, sempre accompagnata da somministrazione di cortisonici.
Farmaci collegati alle piastrine
Farmaci antiaggreganti piastrinici
Quando sussiste un’elevata percentuale di aggregazione piastrinica, aumenta il rischio di formazione dei trombi, che implica l’assunzione di farmaci antiaggreganti.
Utilizzati largamente in pazienti affetti da patologie cardiovascolari, questi farmaci agiscono a livello dei vasi sanguigni sia arteriosi che venosi, evitando il distacco dei trombi, responsabili di gravi patologie come l’embolia polmonare e coronarica, l’ictus e l’infarto.
Le tipologia attualmente disponibili sono diverse, e agiscono attraverso differenti meccanismi d’azione: tra essi, quelli che trovano maggiore impiego sono medicinali in grado di inibire l’attivazione delle piastrine durante il processo di coagulazione del sangue.
La prevenzione di eventi trombotici, che si realizzano maggiormente in un contesto di infarto, ictus o angina pectoris, costituisce una prassi terapeutica indispensabile per garantire buone condizioni di vita al paziente.
Piastrinopenia indotta da farmaci
Esistono centinaia di farmaci in grado di innescare piastrinopenia indotta, che viene spesso confusa con una forma autoimmune mentre invece dipende da cause esterne.
La piastrinopenia iatrogena dipende soprattutto dall’assunzione di eparina, di vancomicina, di diuretici e di naprossene sodico.
In tutti questi casi i pazienti non presentano sintomi di estrema gravità ma manifestano piccole emorragie petecchiali oppure maggiore facilità a sviluppare lividi.
In rari casi può subentrare porpora umida che se raggiunge livelli importanti può richiedere trasfusioni di piastrine, associate di solito a corticosteroidi.
La piastrinopenia farmaco-indotta è facilmente curabile sospendendo il medicinale che l’ha provocata, a patto che esso venga identificato con sicurezza assoluta.
Farmaci per la piastrinopenia
La piastrinopenia di entità lieve o moderata non necessita di terapie farmacologiche in quanto tende a risolversi spontaneamente.
Quando invece diventa di grado serio è necessario intervenire farmacologicamente, utilizzando inizialmente i glicocorticoidi per via endovenosa e successivamente per via orale, allo scopo di contenere i danni delle sindromi emorragiche.
Contestualmente è utile somministrare immunoglobuline per via endovenosa che hanno lo scopo di potenziare la risposta immunitaria dell’organismo.
Soltanto nei pazienti con elevato rischio di emorragie ripetute, si ricorre alla trasfusione di piastrine.
Secondo le più recenti linee guida, si possono ottenere risultati incoraggianti con terapie di tipo enzimatico, che prevedono un protocollo personalizzato in base alle singole esigenze del paziente.
Quando viene ipotizzato un coinvolgimento immunitario, si impiegano farmaci immunosoppressori (ciclosporina, azatioprina o ciclofosfamide), specifici per la terapia della porpora trombocitopenica autoimmune, in cui la carenza dei trombociti dipende dalla loro distruzione periferica.
Significato clinico delle piastrine
La conta delle piastrine viene prescritta quando il quesito diagnostico riguarda anomalie dell’apparato circolatorio, evidenziate dalla comparsa di lividi, sanguinamenti dal naso, dalla bocca (gengive) o dall’intestino retto, mestruazioni eccessive o troppo prolungate oppure incapacità di fermare piccole emorragie in seguito a traumi o ferite.
Si tratta di segnali comuni a varie patologie, che non possono essere correlati univocamente alla conta piastrinica.
Per questo motivo il ruolo clinico dei trombociti è sempre complementare a quello degli altri elementi corpuscolati del sangue, come eritrociti e leucociti.
Se la conta piastrinica è bassa (trombocitopenia), il paziente non può curare direttamente questo sintomo, ma effettuare indagini più approfondite per risalire alla causa scatenante.
Il principale problema che si collega al test di PLT è collegato al fatto che i risultati rivestono unicamente un significato quantitativo (trombocitopenia o trombocitosi) ma non qualitativo.
In caso di sospetta presenza di patologie infiammatorie, il medico può richiedere VES e PCR, oltre che l’analisi per gli autoanticorpi contro le piastrine.
Se il sospetto è relativo a disordini emostatici, è consigliabile effettuare il test di protrombina e il dosaggio di fibrinogeno.
Quando invece la diagnosi si indirizza verso patologie del sangue, bisogna effettuare anche il dosaggio del ferro, dei folati e della vitamina B12.
Soltanto in casi particolarmente gravi viene richiesta la biopsia del midollo osseo.
Un particolare tipo di questi elementi corpuscolati è rappresentato dalle piastrine giganti, che hanno dimensioni analoghe a quelle degli eritrociti.
La loro presenza è indicativa di alcune patologie rare come la malattia di Bernard-Soulier.
Bisogna porre particolare attenzione a questa indagine dato che nella maggior parte dei casi le piastrine giganti non sono altro che agglomerati di piastrine normali.
Per discriminare tra queste due possibilità, è necessario ripetere più volte il test aggiungendo anticoagulanti differenti per vedere come reagisce il preparato.
Nonostante la conta delle piastrine venga considerato un esame di routine che si esegue di prassi in qualsiasi indagine ematochimica e sierologica, in alcuni casi può indirizzare il medico nella diagnosi di patologie non facilmente identificabili.
Tenendo conto della stretta correlazione con la milza, i test di laboratorio riguardanti le piastrine possono essere completati con la diagnostica per immagini della zona splenica, che consente di visualizzare perfettamente la morfologia dell’organo ed eventuali addensamenti istologici collegabili ad alterazioni funzionali dell’apparato vascolare.